Famiglia Cristiana n° 01 - gennaio 2009

SEMPRE PIÙ NUMEROSE LE COPPIE DI ANZIANI CHE SI DEDICANO AL VOLONTARIATO

IL PENSIONATO VA IN MISSIONE

Dopo una vita intera dedicata al lavoro, ai figli e ai nipoti, "prendono il largo" in spirito evangelico e vanno ovunque ci sia bisogno di loro. Magari per aiutare preti amici.

Che strani tipi, questi cristiani! Si potrebbe dire di loro quello che l'anonimo autore della Lettera a Diogneto affermava già nel II secolo dopo Cristo: "Vivono nella loro patria, ma come forestieri. Partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani".
Questa inchiesta affronta il tema di quelle coppie cristiane che, dopo una vita dedicata alla famiglia e al lavoro, ai figli e ai nipoti, si rendono disponibili per un impegno al servizio dei più lontani. Addirittura partendo "in missione".
Due persone che abbiamo incontrato, veramente eccezionali nella loro semplicità evangelica, sono i coniugi Giovanni e Laura Paracchini, ottantacinquenni, ingegnere elettronico lui, architetto lei, 57 anni di matrimonio, quattro figli e 12 nipoti. Questa coppia ha conservato uno spirito così giovanile da essere stata di recente due volte in Ruanda (nel 2004 e nel 2007) come Fidei donum, "mandati" dalla diocesi di Milano. Ha scritto il cardinale Dionigi Tettamanzi, rispondendo a una loro lettera: "Come dite giustamente, "il cristiano non può andare in pensione", ma vorrei aggiungere che non vuole andare in pensione, perché conserva vivo nel cuore l'amore per Gesù e i fratelli".
In Ruanda, nella diocesi di Byumba, la zona dei Grandi Laghi al confine con l'Uganda dove più drammatiche sono state le conseguenze del genocidio del 1994 (la guerriglia tra Hutu e Tutsi), Laura e Giovanni hanno passato quattro mesi nella primavera del 2004 e poi, tre anni dopo, sono stati a Ruhuha, a sud, verso il confine con il Burundi.
Se si pensa che in Ruanda la vita media è intorno ai 50-55 anni, si capisce come la presenza di Laura e Giovanni sia stata accolta come un fatto eccezionale. "L'età avanzata si è rivelata un'opportunità unica, profetica, per fare del bene", afferma Giovanni, che con la moglie ha parlato alla gente (in un Paese dove è diffusa la poligamia, la promiscuità, l'Aids) di matrimonio, famiglia, rispetto della vita, dignità della donna.
La popolazione ruandese è rimasta colpita anche da particolari semplici, come il fatto di vedere Laura e Giovanni passeggiare a braccetto per il villaggio, mentre è consuetudine che la donna africana cammini dietro il marito. Nella serata finale, prima della partenza, i ruandesi hanno voluto festeggiare i coniugi Paracchini improvvisando per loro un'inedita danza in cui le coppie andavano a braccetto. Anche le gare tra Hutu e Tutsi organizzate da Giovanni sono state un segno che, con l'amore, i rapporti possono cambiare. Conclude Giovanni: "Io e mia moglie abbiamo voluto restituire il tempo che il Signore ci ha regalato. E ora vorremmo passare il testimone ad altri".

Abituati a girare il mondo

A sostituire i Paracchini in Ruanda sarà, da febbraio, una coppia di sessantenni torinesi, Franco e Annalisa Schiffo, che fanno parte dell'équipe Notre Dame: partiranno anch'essi come Fidei donum per la diocesi di Byumba. Dopo di loro è già disponibile un'altra coppia, i coniugi Cristoforo e Maryves Codrino.
Abbiamo incontrato un altro gruppo di pensionati che, dopo aver svolto un ruolo attivo in importanti aziende, oggi mettono le loro capacità al servizio di varie opere di carità. Racconta Alfredo Scarfone, 65 anni, ex amministratore delegato della Hewlett-Packard: "Sulla soglia della pensione, dopo una vita lavorativa intensa, con un gruppo di amici ci siamo chiesti: "E adesso cosa facciamo?". Abituati a girare il mondo per lavoro, abbiamo continuato a farlo a nostre spese per gratuità, senza inventarci niente, solo rispondendo ai bisogni che ci siamo trovati davanti".
Alfredo oggi sostiene alcune opere dell'Avsi e della Fraternità sacerdotale missionaria San Carlo in Kazakhstan e Kenya, aiutato da sua moglie Silvana (hanno tre figli e otto nipoti) che si preoccupa di documentare i progetti per ottenere i finanziamenti necessari a realizzarli. Racconta Silvana: "L'impegno di mio marito è un dono anche per me, una possibilità, una ricchezza che mi educa ad aprirmi alla bellezza di rapporti sempre nuovi con persone diverse. Nella vita non hai nulla se non dai nulla. E poi figli e nipoti hanno capito che questo impegno è una cosa buona per noi, si interessano e sono contenti".
Alfonso Ceresani, ex direttore della Sea, da sempre impegnato nella sua società a ottenere spedizioni a costo zero di generi di prima necessità in Kazakhstan, oggi che è in pensione ha "adottato", insieme all'amico Scarfone, una trentina di giovani kazaki, organizzando corsi in Italia per manager, così da favorire poi la nascita di un'imprenditorialità locale. Graziella affianca il marito Alfonso con entusiasmo: "Abbiamo sempre fatto tutto insieme; prima lo seguivo nei suoi viaggi di lavoro, oggi viaggiamo per dare una mano a chi ha bisogno. Sono così contenta che non mi sognerei mai di desiderare una vacanza qualsiasi, tipo Sharm El Sheik, per intenderci. In Birmania abbiamo realizzato un sanatorio infantile; a Karagandà, in Kazakhstan, nel 2001 abbiamo avuto il dono di incontrare Giovanni Paolo II. Siamo stati in Messico, in Argentina, in Turchia sulle tracce di san Paolo, a Malta, in Egitto e a Washington per incontrare le varie realtà missionarie e dare loro una mano".

Progetti fuori dagli schemi

Anche Gianni Contini e sua moglie Giuliana (tre figli e sei nipoti) fanno parte del gruppo. Giuliana riconosce che la sua vita è cambiata con la pensione del marito: "è come se fossimo più uniti nel nostro matrimonio, lo accompagno nei suoi viaggi, cosa che prima non facevo; mi occupo dei filmati e delle fotografie, prendo nota e mi documento su tutto per fare conoscere in Italia le opere della Fraternità San Carlo".
Anche i progetti che Gianni, ex dirigente HP, sta portando avanti sono tanti, svariati, fuori dagli schemi e riflettono l'imprevedibilità della vita e degli incontri: una scuola in Cile per 150 ragazzi disabili, corsi professionali alla periferia di Nairobi, la clinica per malati terminali di padre Aldo Trento in Paraguay. Gianni e Alfredo si occupano anche di collegare queste realtà nascenti con strutture simili già consolidate in Italia. Per esempio la fondazione milanese Maddalena Grassi, che assiste malati terminali, è direttamente collegata con la clinica per malati terminali di padre Aldo Trento in Paraguay; oppure l'Anaconda, che da 25 anni gestisce un centro per disabili a Varese, sta realizzando un gemellaggio con la parrocchia St. Joseph di Nairobi per costruire un centro diurno per disabili.
L'ultima testimonianza che riportiamo è quella di Renzo Vanetti, 60 anni, amministratore delegato della Sia Ssb, un uomo ancora in piena attività e che ha sempre vissuto sul lavoro la dimensione missionaria, a partire dalle piccole cose: "Nelle varie aziende che ho diretto, in occasione del Natale, al posto dei regali ai dipendenti proponevo ogni anno un'opera di carità. Abbiamo realizzato le cucine per l'Opera san Francesco di Milano, una casa per ragazze madri in Sierra Leone, un campo profughi in Ruanda. L'opera che più mi ha entusiasmato è stata in Uganda, dove siamo riusciti a collegare in rete 46 centri medici sparsi in tutto il Paese con l'ospedale centrale di Kampala". Anche la moglie Maria Grazia e la figlia Susanna sono coinvolte in questi progetti, e questo è un segno che lo spirito di missione si impara innanzitutto in famiglia.

Il corso di formazione del Pime

Fratel Fabio Mussi, missionario del Pime con alle spalle un'esperienza di una decina d'anni in Costa d'Avorio, una vita dedicata a seguire i volontari, dirige a Busto Arsizio il Centro di formazione per missionari laici dell'Alp (Associazione laici Pime, via Lega Lombarda 20, Busto Arsizio, tel. 0331/35.08.33). I corsi sono biennali e si rivolgono a chiunque, laici sposati o singoli, di età compresa tra i 20 e i 60 anni, che vogliono prepararsi a un periodo lungo, almeno triennale, di servizio missionario all'estero.
Il corso comprende anche uno o due viaggi di conoscenza del posto in cui eventualmente si verrà inviati. "Deve essere chiaro ai partecipanti che si parte per un servizio e non per spirito di avventura o per fare esperienza", sottolinea fratel Mussi; "è necessaria la capacità di adattarsi a situazioni completamente diverse da quelle che siamo normalmente abituati ad affrontare, sia dal punto di vista ambientale che lavorativo".
Molti seguono il corso di due anni ma alla fine rinunciano: "Esiste un'autoselezione naturale, dai corsi esce un volontario ogni 7-8 aspiranti". Dagli anni '90 a oggi c'è stata una crescita del numero dei volontari e poi un calo. Nel periodo 1998-2000 siamo arrivati a 30 volontari, per poi scendere agli attuali 12-13 volontari all'anno. Di questi circa un terzo - 4 o 5 all'anno - sono pensionati".

Non è sempre facile

Gian Paolo Silvestri, 38 anni, direttore operativo di Avsi (organizzazione non governativa presente in 39 Paesi con oltre 100 progetti di cooperazione), sottolinea con molto realismo le difficoltà e i rischi di inserimento in ambienti così diversi dal punto di vista ambientale e sociale di professionisti che dopo la pensione vorrebbero continuare la loro attività come volontari in Paesi in via di sviluppo.
"Ho visto purtroppo decine di persone andare in crisi e diventare un problema per sé stessi e anche per gli altri. Occorrono grande flessibilità e spirito di adattamento. Doti non comuni. Pensiamo a medici specializzati che si trovano a non avere a disposizione quei macchinari su cui hanno operato tutta la vita: per esempio a un nefrologo senza la macchina per la dialisi".
"Diverso", prosegue Silvestri, "può essere il caso di ingegneri o manager, ma comunque ciò che conta è la capacità di reagire bene alle difficoltà. Poi c'è il fattore clima, le condizioni di vita che influiscono fortemente sull'impegno". Funzionano comunque visite brevi e poi la continuità di un sostegno a distanza, come del resto si deduce dai singoli casi raccontati in queste pagine.

Missionari laici ultrasessantenni

L'ufficio nazionale della Conferenza episcopale italiana per la cooperazione missionaria tra le Chiese, diretto da don Gianni Cesena, ci fornisce questi dati ufficali sul numero totale dei laici italiani missionari: su 263 missionari laici solo 34 sono di età superiore ai 60 anni e di essi solo 11 hanno dichiarato esplicitamente di essere in pensione; tra questi 34 missionari, 20 sono le donne e 14 sono gli uomini.