Famiglia Cristiana web - febbraio 2013

CLASSICA DIVINA

Gli artisti romantici davanti all'infinito

Ludwing van Beethoven (1770-1827) iniziò a comporre nel 1818 la Messa solenne che avrebbe dovuto essere eseguita per l’elezione ad arcivescovo di Olmuz del suo carissimo amico, l’arciduca Rodolfo d’Austria. La composizione però si protrasse oltre il previsto e l’opera fu rappresentata per la prima volta a san Pietroburgo nel 1824: Beethoven era presente ma aveva perso gran parte della sua capacità uditiva (tre anni dopo sarebbe venuto a mancare). Lo stile della Missa è quello dell’ultimo periodo in cui Beethoven compose quel capolavoro che è la Nona Sinfonia con l’Inno alla gioia, esplosione di certezza in cui il suo linguaggio artistico si faceva sempre più radicale nel piegare la musica ad esprimere la fede in Dio.

All’impeto solitario ed eroico di Beethoven possiamo accostare l’opera di un pittore romantico Friedrich Caspar David, in cui il senso della natura e la religiosità si esprimono in tutta la sua opera, ma soprattutto nel Viandante sul mare di nebbia, dipinto nel 1818, lo stesso anno in cui Beethoven iniziava a comporre la Missa solemnis. La solitaria figura dell’uomo che in cima alla montagna sta davanti all’infinito è quasi un manifesto del nascente romanticismo tedesco e rappresenta l’immagine più emblematica del pittore di origine danese, ma che lavorò in Sassonia. L’immagine del viandante di spalle potrebbe in qualche modo evocare la figura solitaria del geniale compositore viennese. La sua eroica solitudine si sposa con la montagna, simbolo di elevatezza oltre le passioni umane e luogo di rivelazione del sacro.

Il sentimento dell’uomo davanti all’infinito evoca anche un’altro grande e geniale poeta, questa volta italiano, Giacomo Leopardi che proprio in quegli anni, quando era poco più che ventenne (e siamo nel 1819) nella sua amata Recanati scriveva L’infinito.