Famiglia Cristiana n° 07 - febbraio 2008

IN MOSTRA A TRAPANI I CAPOLAVORI DI MICHELANGELO MERISI

LA LUCE DI CARAVAGGIO SBARCA IN SICILIA

Al Museo regionale, due importanti novità: la Sepoltura di Santa Lucia dopo il restauro e l'attribuzione dei Bari.

La pittura di Caravaggio è come la sua vita: lame e bagliori improvvisi di luce dai più profondi abissi, a rischiarare le tenebre di un'esistenza angosciata e sempre in fuga. Eppure quelle immagini catturano il senso della nostra vita e lo interpretano al meglio, ci squadernano davanti la verità che c'è nella realtà con un'evidenza così sofferta e scevra da moralismi e sdolcinature da diventare - quella pittura - potente ed efficace interprete del Vangelo e dei suoi personaggi. Scandalizzando, ma poi convincendo i committenti, spesso uomini di Chiesa, sorpresi e alla fine conquistati dalle geniali soluzioni del rivoluzionario pittore. Questa immedesimazione tra arte e vita emerge in particolare nelle tele del periodo siciliano di cui ci occupiamo. Ce le ripropone la felice coincidenza della fiction televisiva con la mostra Caravaggio. L'immagine del divino che da Malta si è trasferita al Museo regionale di Trapani, dove rimarrà aperta fino al 14 marzo e che celebra i 500 anni dal passaggio di Caravaggio in quei luoghi. L'accesa personalità del pittore lombardo si incontrò infatti con l'incandescente natura della Sicilia, le sue reminescenze classiche e - soprattutto - la sua luce così accecante e irreale, così adatta a diventare in pittura metafora del trascendente. Dai documenti, Caravaggio risulta già fuggito da Malta il 6 ottobre del 1608; nello stesso mese sbarca a Siracusa, abituale approdo dei vascelli dei Cavalieri di Malta, Ordine in cui l'artista era entrato per trovare protezione (condannato a morte in contumacia dal Papa per omicidio); ma, poi, da quell'Ordine veniva messo in carcere dal quale, subito, misteriosamente fuggiva.
Questo il diario siciliano di Caravaggio: a Siracusa si trattiene da ottobre a novembre; da dicembre fino al giugno del 1609 è a Messina; infine in agosto è a Palermo, da cui ripartirà a settembre. In queste tre città sono nate alcune delle sue più importanti tele, esposte a Trapani insieme ad altri dieci capolavori, tra cui I Bari di Londra (collezione privata) finora ritenuti copia dei Bari di Fort Worth (Texas), e che invece oggi uno studioso del calibro di Maurizio Marini ritiene essere anch'essi di mano di Caravaggio. Dimostrando così l'abitudine che Michelangelo Merisi (detto il Caravaggio) aveva di replicare i suoi quadri migliori, per poi venderli.

Il fascino delle "latomie" siciliane

Sbarcato a Siracusa, Caravaggio fu accolto dall'amico pittore Mario Minitti che gli fece trovare subito la commissione di una grande tela Sepoltura di Santa Lucia per la chiesa parrocchiale di Santa Lucia alla Marina. Quest'opera viene esposta per la prima volta a Trapani dopo il restauro e ci rivela il suggestivo fascino delle "latomie" siciliane, evocate sullo sfondo. Si tratta delle cave da cui i Greci ricavavano il marmo per i templi siracusani e che Caravaggio visitò con l'archeologo Vincenzo Mirabella, traendone poi spunto per la tragica ambientazione - da teatro greco - della sua Sepoltura. Il soggetto e la composizione ricordano sia la grande tela che l'artista aveva appena realizzato a Malta, la Decollazione del Battista; sia la romana Morte della Vergine in cui Caravaggio utilizzò come "modella" per Maria il cadavere gonfio d'acqua di una prostituta da poco ripescata nel
Nella Resurrezione di Lazzaro e nell'Adorazione dei pastori del periodo messinese Caravaggio continua a pestare sui tasti di una tavolozza dai toni cupi e abbaglianti, traendone una luce impietosa che sconfigge le tenebre della sua stessa vita, ineluttabilmente condanna a morte, ma altrettanto ineluttabilmente salvata dalla presenza in carne e ossa di Cristo. La Resurrezione di Lazzaro è un potente esorcismo in cui Cristo, col dito teso (lo stesso della Vocazione di Matteo) sconfigge il male nel cadavere-manichino di Lazzaro, che con una mano indica il teschio che lo attrae verso il basso, con l'altra cerca di allontanare la luce che lo "stana" dall'alto per salvarlo. Caravaggio, in pittura, esprimeva grandi verità; ma il suo equilibrio psichico risentiva le conseguenze di quel continuo forzato stato di fuggiasco; tanto che un committente messinese, Niccolò di Giacomo, lapidariamente affermò: -Ha il cervello stravolto". Dalla Sicilia, l'artista ripartì con la stessa fretta con cui era arrivato. La sua vita, d'altronde, era fin dall'inizio segnata dell'imprevisto, dalla nascita prematura avvenuta a Milano il 29 settembre 1571(anziché a Caravaggio, dove i Merisi abitavano) e che gli archivi della chiesa milanese di Santo Stefano in Brolo registrano con l'atto di battesimo il 30 settembre.

Una vita d'ombre e misteri

Anche la morte arrivò improvvisa. Un altro prezioso documento d'archivio ritrovato nel registro della parrocchia di Sant'Erasmo a Porto Sant'Ercole ne riscatta la leggenda di una fine "maledetta", in preda alle febbri malariche, sulla spiaggia della Feniglia, tra Orbetello e l'Argentario. Caravaggio invece morì il 18 luglio del 1610 con il conforto dei sacramenti e lo sguardo al crocifisso, assistito dalla confraternita della Santa Croce.
Sono tanti i misteri e le ombre nella vita di Caravaggio. Perchè fu fatto prigioniero a Malta? Come fuggì in una settimana dalla "Guva", la fossa di Forte Sant'Angelo? E perché risalì a Nord verso l'Argentario mentre stava per raggiungerlo il perdono del Papa? Più che negli archivi, forse, occorrerà passare ancora una volta ai raggi X i suoi quadri. Per scoprire che il vero segreto della sua vita è tutto scritto nella sua grande pittura.