Famiglia Cristiana n° 08 - febbraio 2009

MONSIGNOR MASSIMO CAMISASCA RICORDA "DON GIUS"

SENTINELLA DELLA FEDE

Nel quarto anniversario della morte di don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione, la biografia scritta da chi l'ha avuto professore e gli è stato amico per 45 anni.

è più che mai vivo nel ricordo di monsignor Massimo Camisasca - autore del libro Don Giussani. La sua esperienza dell'uomo e di Dio (San Paolo, 14 euro) - il ricordo del fondatore di Comunione e liberazione, l'amico carissimo venuto a mancare il 22 febbraio 2005. Così come riecheggiano ancora oggi con particolare vibrazione le parole pronunciate dall'allora cardinale Joseph Ratzinger, durante l'omelia funebre nel duomo di Milano.
- Monsignor Camisasca, cosa ha significato per lei scrivere questo libro?
"Il libro nasce dalla necessità di rispondere alle domande che sento dentro. Chi è stato per me don Giussani? Che cosa ho ricevuto da lui? E nasce anche dal desiderio di fare incontrare don Luigi Giussani a chi non lo conosce".
- Ci spieghi il senso del sottotitolo: "l'esperienza dell'uomo e di Dio".
"L'uomo e Dio sono stati i due fuochi dell'esperienza di don Giussani, prima ancora che della sua riflessione. Da una parte l'infinito, il mistero e, infine, il Verbo che si è fatto carne; dall'altra l'uomo, quasi un nulla, ma nello stesso tempo "superiore agli angeli", abitato dall'infinito. Tutto il pensiero e tutta l'esperienza di don Giussani sono interamente segnati dalla realtà dell'Incarnazione".
- Come ha incontrato "don Gius" e cos'è stata la vostra lunga amicizia durata ben quarantacinque anni?
"Ho incontrato don Luigi Giussani nella mia adolescenza, a Milano, tra i banchi del liceo Berchet. Posso dire con assoluta certezza che è stato il maestro della mia vita, colui che mi ha insegnato a vivere ogni istante come incontro e come conoscenza sempre nuova".
- Come viveva la sua giornata don Luigi Giussani che, come ha detto il cardinale Ratzinger nell'omelia funebre, "voleva non avere per sé la vita, ma ha dato la vita e proprio così ha trovato la vita non solo per sé, ma per tanti altri"?
"Le parole del cardinale Ratzinger descrivono bene la vita di don Giussani: egli, attraverso il dono della sua parola, si è speso interamente in centinaia di incontri, nell'educazione di migliaia e migliaia di persone. Giussani era segnato ogni giorno dal desiderio di correre, di parlare, vedere, comunicare. Un fuoco lo animava, quel fuoco che si era acceso in lui molto presto, quando aveva sperimentato che ciò che l'uomo attende è una presenza ragionevole e amante".
- "Ferito dal desiderio della bellezza", ha detto di lui il cardinal Ratzinger. Perché questa insistenza, che rapporto c'é tra cristianesimo e bellezza, cosa aveva scoperto don Giussani nella letteratura, nella musica, nella poesia?
"Don Giussani ha lottato per fare uscire il cristianesimo dal moralismo e dall'intellettualismo: facendoci incontrare la musica, l'arte, la letteratura ci ha mostrato che tutto è voce di Cristo, tutto parte da lui e porta a lui. Ha dato all'avventura della nostra esistenza un colore affascinante, fatto di continue scoperte e di una pienezza affettiva".
- Don Giussani non è stato capito subito dall'ambiente ecclesiastico. Come ha vissuto gli anni difficili del rifiuto, quando nel 1965 dovette per alcuni mesi trasferirsi in America?
"Penso sia stata una delle esperienze più dure e drammatiche della sua lunga esistenza. Non ne parlava mai: questo mi ha rivelato quanto per lui fosse doloroso non essere stato capito proprio da coloro che riteneva i suoi padri. Certamente il riconoscimento di Giovanni Paolo II ha manifestato l'accoglienza della Chiesa nei confronti della sua opera e il riconoscimento della sua profonda dedizione".
- In che senso, come lei ha scritto, don Luigi Giussani è stato un precursore del concilio Vaticano II?
"Perché, già dagli anni Cinquanta, aveva colto la sclerotizzazione di tanti ambienti cattolici, la loro difficoltà di parlare all'uomo moderno e, in positivo, la necessità di rimettersi in ascolto dei giovani, riproponendo loro la fede di sempre con un accento nuovo, più attento alle loro esigenze e alle loro attese. Ma soprattutto perché nutriva una grande fiducia nel fatto che, seguendo Cristo, si incontra veramente la strada per rivelare l'uomo a sé stesso".
- Secondo lei, il carisma di don Luigi Giussani ha trovato piena accoglienza nella Chiesa, anche attraverso il suo successore, don Julián Carrón?
"Da un lato, la recente udienza del Santo Padre concessa a don Julián Carrón, la sua presenza agli ultimi due Sinodi dei vescovi come Padre sinodale, il grande incontro del Movimento da lui guidato con il Santo Padre, il 23 marzo 2007; dall'altro, la presenza di migliaia di ciellini nei consigli pastorali, nelle opere caritative, catechetiche e liturgiche delle parrocchie italiane e degli altri Paesi in cui Cl è presente. Questi due elementi stanno a dimostrare una collaborazione ecclesiale, che spero possa diventare sempre più feconda".
- L'emergenza educativa è sempre stata al primo posto nelle preoccupazioni di don Luigi Giussani. Ci spieghi il suo metodo educativo.
"Ho dedicato molto spazio nel libro a questo tema. Il carisma educativo è stato certamente un punto di vista riassuntivo della vita di don Giussani, che ha definito l'educazione, riprendendo una formula del grande liturgista austriaco Josef Andreas Jungmann, "introduzione alla realtà totale". Oggi, c'è bisogno più che mai di "introdurre" le nuove generazioni alla realtà. Abituati spesso a un rapporto virtuale con le cose, essi hanno bisogno di qualcuno che li educhi a vedere, a toccare, a gustare ciò che è reale e vivo, a incontrare sé stessi, aprendosi così, nell'incontro con i fatti, a quella voce che risuona in ciascuno di loro, a quella presenza che li ha originati e li guida. L'incontro con Dio è una grazia. L'incontro con le cose e gli avvenimenti della vita sono il primo manifestarsi di questa grazia".
- Da dove nasceva quell'instancabile energia creativa che spingeva don Giussani a tanti incontri e a tanti viaggi, promuovendo tante iniziative?
"C'è sempre stato in lui un fuoco, si vedeva nei suoi occhi, nelle sue mani, ma soprattutto nelle sue parole, nel tono della sua voce. Da quando aveva scoperto e accolto nella sua vita Gesù Cristo, per lui nulla fu più banale. Questa è la cosa che più mi ha impressionato in don Giussani: egli non viveva mai un istante senza dargli peso. Anche la continua ricerca di una creatività nel linguaggio esprimeva questa personale tensione a vivere il peso reale delle cose e delle ore della vita".
- Che dire, poi, del senso ecumenico che lo spingeva a incontri con cristiani protestanti e ortodossi, con ebrei, e persino con i monaci buddhisti del monte Koya, in Giappone?
"Don Giussani ha sentito sempre il cattolicesimo come un evento ecumenico. Cattolico, infatti, è una parola che in greco vuol dire "secondo la totalità". Non solo nel senso inclusivo, dentro la Chiesa, ma proprio anche come spinta a incontrare tutto e a trattenere il valore secondo le parole di san Paolo: "vagliate ogni cosa e trattenete ciò che vale"".
- Come sono stati gli ultimi anni della vita di don Giussani?
"Sono anni segnati dalla malattia. Ma non l'ho mai sentito lamentarsi. Certamente si sarà chiesto: "perché, Signore, mi mandi questa prova?". E sono altrettanto certo che egli abbia accettato tutto considerandolo come parte privilegiata della sua missione".
- Sulla sua tomba, al cimitero monumentale di Milano, mèta di continui pellegrinaggi, c'è una semplice scritta: "Oh Madonna, tu sei la sicurezza della nostra speranza". Chi era Maria per don Luigi Giussani?
"Giussani ci ha educati per tutta la vita a guardare a Cristo attraverso lo sguardo di Maria, soprattutto nei giorni della Settimana santa. Penso alle sue parole di introduzione all'Angelus in centinaia di incontri, all'ascolto dello Stabat Mater di Pergolesi, a certi brani di Charles Peguy e, più in generale, allo sguardo meditativo di Giussani, che seguiva quello della Madonna. Negli ultimi anni la figura di Maria è diventata per lui un tema che tornava continuamente. Lo era nelle sue parole e, prima ancora, nella sua meditazione. Soprattutto il canto XXXIII del Paradiso di Dante, con l'Inno alla Vergine di san Bernardo. In Maria, Giussani ha visto la profezia della grandezza possibile a ogni uomo e donna, nel suo "sì", la strada per la fecondità di ogni nostra obbedienza".