Famiglia Cristiana n° 10 - marzo 2008

TERZO E ULTIMO VOLUME SULL'ARTE CRISTIANA IN ITALIA

NUOVI ARTISTI PER NUOVE CHIESE

Lo storico monsignor Verdon traccia un profilo degli ultimi 400 anni del rapporto tra arte e fede. L'apporto di studiosi di singole discipline su liturgia, musica e cinema.

C'è bisogno di segni e immagini nuove per dire, con il linguaggio di oggi, le cose vere di sempre. Siamo nani sulle spalle dei giganti: gli artisti del passato. Eppure - per essere protagonisti e non perdenti - tocca agli artisti d'oggi cercare nuove forme, magari incerte come vagiti, per esprimere il contenuto della speranza cristiana. Sempre nuovo, come l'ultimo dei nostri figli; il più bello, quello che non è ancora nato: -Quello che vorrei dirti di più bello non te l'ho ancora detto", ci suggerisce il poeta turco Nazim Hikmet.
è stato così il cammino dell'arte cristiana nei secoli; e a questo cammino lo storico dell'arte monsignor Thimoty Verdon ha dedicato una grande opera in tre volumi riccamente illustrati, L'arte cristiana in Italia (San Paolo), di cui è appena uscito l'ultimo, dedicato a Età moderna e contemporanea. Dopo aver trattato nei primi capitoli Le stagioni del barocco (1600-1750), Il Neoclassicismo (1750-1820) e Dal Romanticismo alla seconda guerra mondiale (1820-1945), monsignor Verdon affronta il tema dell'arte cristiana dei giorni tempi. E confessa: -Il capitolo più difficile di ogni testo di storia è quello che tratta della contemporaneità".
Il problema dell'arte contemporanea, infatti, è davvero spinoso. E duplice. Deve innanzitutto rispondere alla domanda che cosa sia "arte" oggi. Poi deve chiarire quale arte possa considerarsi genericamente "sacra" e quale più specificatamente "cristiana". Nel XII secolo il problema se l'era già posto san Bernardo di Chiaravalle a proposito delle immagini dei capitelli romanici nei monasteri, davanti ai quali si domandava: -Nei chiostri, davanti agli occhi dei frati, che cosa stanno a fare quelle ridicole mostruosità, quella bellezza per così dire deforme e quella bella deformità?". Eppure, come sottolineò sette secoli dopo un laico - anzi, un "pittore maledetto" come Baudelaire - il connubio tra arte e fede in Italia -aveva ricoperto il paesaggio con una foresta di opere e simboli sacri".
Oggi, però, di quella foresta di simboli, di quel forziere, afferma lo stesso Verdon, -si è persa la chiave". Il problema è soprattutto di questi ultimi cento anni in cui si è consumato il divorzio tra fede e cultura e l'identità cristiana si è affievolita, subendo la grave e profonda crisi della secolarizzazione.
Sfogliando dunque il terzo volume e le sue immagini, dopo il realismo drammatico di Caravaggio, l'enfasi barocca di Bernini, il neoclassicismo settecentesco, il revival romantico-religioso dei pittori Nazareni (seguaci dei pre-raffelliti inglesi amanti di Giotto e Beato Angelico) e il simbolismo religioso (Giovanni Segantini a Gaetano Previati) ci troviamo davanti, nel Novecento, a un pittura - anche religiosa - che è messa in discussione dalle avanguardie d'oltralpe. Si sperimentano linguaggi nuovi, con il cubismo la forma si scompone e la bellezza classica sembra scomparire.
La Chiesa, all'inizio, fu diffidente verso questa svolta. Pio XI, nel 1931, in occasione dell'inaugurazione della Pinacoteca Vaticana, intervenne con parole dure che ricordano quelle di san Bernardo: -Troppo spesso questi pretesti nuovi sono sinceramente, quando non anche sconciamente, "brutti" e danno luogo a "figurazioni", o più veramente detto, a deformazioni, alle quali vien meno la stessa tanto ricercata novità, troppo somigliando a certe figurazioni che si trovano nei manoscritti del più tenebroso Medioevo". Pio XI invocava dunque un ritorno alla bellezza dell'arte classica contro l'estetica del brutto e del deforme. Basti pensare, dieci anni dopo queste parole, al dibattito suscitato dalla provocatoria Crocifissione di Renato Guttuso: il tema era quello del dolore, della sofferenza e della morte, della denuncia della guerra tipico del XX secolo. E scriveva Guttuso: -Questo è tempo di guerre e di massacri. Voglio dipingere questo supplizio di Cristo come una scena d'oggi".

Cristo tra futurismo e scolastica

Un grande pittore futurista come Mario Sironi replicherà a Pio XI difendendo il diritto dell'artista a "deformare" la realtà visiva quando lo ritiene giusto, come nella sua bellissima opera Cristo e la samaritana del 1951, che ora fa parte della collezione vaticana.
Il realismo trascendente di un pittore d'ispirazione cristiana come Gino Severini, che unisce nel suo processo creativo il linguaggio della tradizione e le avanguardie, testimonia l'influsso nella cultura italiana e nel dibattito artistico del filosofo francese Jacques Maritain, allievo di Henri Bergson e autore del celebre saggio Arte e scolastica, in cui si rivaluta l'estetica tomista del bello, del buono e del vero.
Arriviamo così ai tempi di Paolo VI che, trentacinque anni dopo Pio XI, alla chiusura del Vaticano II (a cui invitò a sorpresa lo stesso Maritain) tese con fiducia la mano al mondo dell'arte e della cultura con un celebre appello agli artisti: -Da lungo tempo la Chiesa ha fatto un'alleanza con voi".

La lettera di Paolo VI agli artisti

E prosegue: -Voi avete decorato e edificato i suoi templi, celebrato i suoi dogmi, arricchito la sua liturgia. Voi l'avete aiutata a tradurre il suo messaggio divino nel linguaggio delle forme e delle figure, a rendere sensibile il mondo invisibile. Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge e voi". Molti risposero. Un artista laico come Fausto Pirandello realizzò uno Studio e due Crocifissioni che sono tuttora esposti nella collezione dei Musei Vaticani.
Ma la sfida più difficile risultò quella dell'architettura: la progettazione di nuove chiese che avrebbero dovuto contenere le pitture e le sculture. Il punto qualificante fu il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II. Se all'alba del XX secolo si guardava con nostalgia alle forme dell'architettura romanica mediovevale, riprodotte con facilità grazie alle nuove possibilità offerte dalle strutture in cemento armato rivestite di materiali tradizionali come il cotto e la pietra, la riforma liturgica creò nuove esigenze con la necessità di coniugare nello spazio del presbiterio tre elementi: l'altare rivolto verso i fedeli, l'ambone della Parola di Dio, il Tabernacolo del sacrificio.
In Lombardia prevalse la corrente del Razionalismo, caratterizzato da interni spogli e tipologie che ricordavano le chiese paleocristiane, con la ripresa del l'antico quadriportico che delimita il sagrato, luogo dove la Chiesa, che il Concilio chiama "Popolo di Dio", si raduna per l'assemblea. E il grande architetto Gio Ponti, autore del grattacielo Pirelli, nelle sue chiese milanesi traduce alcune suggestioni gotiche nel linguaggio essenziale del cemento armato che permette ampie superfici a vela.
Sono però i grandi santuari, con l'afflusso sempre crescente di pellegrini, a dare opportunità agli architetti di esprimere linguaggi innovativi. Dalla Madonna delle Lacrime di Siracusa del 1956 di Enrico Castiglioni arriviamo, ai nostri giorni, al santuario dedicato a San Padre Pio da Pietrelcina a san Giovanni Rotondo di Renzo Piano (1991-2004), a quello di san Francesco da Paola (1989-2001) di Sandro Benedetti, alla chiesa romana di Dio Padre Misericordioso di Richard Meier (1996-2003). Anche le chiese dedicate ai nuovi santi primeggiano per innovatività di soluzioni, come quelle di San Riccardo Pampuri (1985-1992) di Guido Canella a Peschiera Borromeo e di san Massimiliano Kolbe (1990-1992) di Justus Dahinden a Varese.
Come per i precedenti volumi, ampie e innovative schede a firma di esperti fanno di quest'opera una fonte inesauribile di idee e approfondimenti. Nella sezione dedicata al barocco troviamo schede su I coralli trapanesi, Il presepe napoletano, L'altare barocco. Nei capitoli dedicati all'Otto-Novecento sono analizzate le condizioni del sistema viario italiano su rotaia e su asfalto. Per quanto riguarda la musica sacra si va dalle "canzoni missionarie" di Grignon de Monfort e Alfonso Maria de' Liguori alle Messe di Verdi e Rossini, fino alla riscoperta del gregoriano. Al cinema - biblia pauperum del XX secolo - sono dedicate numerose pagine che ricostruiscono la storia di questo connubio, dalla Passion Lumière (1897) a The Passion (2004) di Mel Gibson.

LAVORO E BELLEZZA

Lo stilista Santo Versace, l'attrice Claudia Cardinale e il regista Pasquale Squittieri, il musicista Lucio Dalla, lo storico dell'arte Marco Bona Castellotti, l'astrofisico Marco Bersanelli, l'insegnante Roberto Filippetti e altri professionisti, ognuno nel proprio campo, presentano a un pubblico di giovani universitari il tema della bellezza vissuto nel proprio lavoro. La lettura dei loro interventi, raccolti in La bellezza salverà il mondo (Marietti 1820) è un'ottima occasione per capire come la ricerca della bellezza e del suo significato sia viva nel dibattito della società attuale.