Famiglia Cristiana n° 11 - marzo 2009

I DAL MOLIN, IN PROVINCIA DI VICENZA: PRODUCEVANO MOBILI, LA CRISI LI HA CONVINTI A FARE UNA SCELTA ORIGINALE

L'ICONA DELLA FAMIGLIA

In un capannone, lavorando insieme, preparano tavole e croci che, grazie a un'arte antica, raccontano la Salvezza.

Lupia, 800 anime, si trova in un comune della provincia di Vicenza, Sandrigo, noto per il baccalà. Lì, in mezzo a una splendida campagna, vive e lavora una famiglia davvero eccezionale per fede, umanità e capacità lavorativa. Si tratta dei Dal Molin: papà Stefano, mamma Rossella, Mosè (18 anni), Luca (16) e Monica (11). Stefano ha ereditato la professione di falegname dal nonno e poi dal padre, e possiede un grande capannone di 500 metri quadrati attrezzato con modernissimi macchinari. Ultimamente, però, essendo in calo l'attività mobiliera vicentina, ha deciso con coraggio e originalità di convertire la propria produzione. Adesso prepara tavole per icone in legno di tiglio: incavate, gessate, rinforzate con zeppe per evitare incurvature; pronte per essere dipinte con figure sacre (icona - in greco - vuol dire immagine, appunto) dagli splendidi colori.
Del resto, da quando la passione per la pittura di icone si è diffusa in Italia e in Europa, si sono moltiplicati i corsi e le scuole per imparare a dipingere (tanto nei monasteri quanto nei centri ecumenici) ed è aumentata la richiesta di tavole già pronte. Il procedimento è lungo e laborioso; un legno non ben stagionato o una preparazione sommaria dello strato di tela e gesso può irrimediabilmente compromettere il dipinto.
"è stata la mano della Provvidenza a guidarci in questa nuova esperienza, che non è solo lavorativa, ma anche umana e spirituale", concordano Stefano e Rossella Dal Molin.

Un'attività che si nutre di fede

"Abbiamo cominciato con una piccola icona per aiutare un amico. Poi, è arrivata una commissione da Perugia per una grande croce", ricorda Stefano: "le difficoltà non sono mancate, bisognava per esempio creare un'aureola in rilievo e una fila di borchie in legno che facessero da cornice. Oggi, la nostra produzione prevede vari stili di croci: Giunta Pisano, Cimabue, san Damiano, la croce russa a tre braccia".
Prosegue Rossella: "Il nostro lavoro si nutre di amore per il Signore. Siamo stati educati alla bellezza della fede, attraverso alcune mostre d'arte sacra organizzate dal nostro parroco, don Paolo Baio, che ci ha incoraggiato su questa strada; e da una santa suora, Pura Pagani, alla quale abbiamo chiesto consigli e aiuti. Queste tavole, una volta dipinte, dovranno servire per la preghiera: per questo ogni mattina affidiamo a Dio questo lavoro che ci ha dato".
Nel segno della Provvidenza, l'attività dei Dal Molin si è ingrandita e, nell'arco di quattro anni, le ordinazioni si sono moltiplicate. Oggi, Stefano e Rossella producono circa 200 pezzi al mese e sono bombardati di telefonate, e-mail e fax che commissionano loro lavori da un po' tutta Italia, e anche dall'estero (per informazioni: www.iconografiatavolelegno.it).
"Dal grande portone da cui entravano i camion con i tronchi per la produzione mobiliera", ricorda Stefano, "ora esce il pulmino del corriere per le spedizioni. Per proteggere le croci durante il trasporto abbiamo dovuto realizzare appositi imballaggi".
Al sabato e durante le vacanze estive, i due figli maschi, che frequentano il seminario di Vicenza, aiutano i genitori. Anche Monica si dà da fare per imparare dalla mamma l'arte della gessatura della tavola. Intanto, papà Stefano, munito di maschera e guanti, vernicia i bordi e il retro delle icone con un impregnante marrone, che le proteggerà dai tarli e dalle muffe.
Stefano e Rossella nel tempo libero frequentano la parrocchia, alla quale devono molto: "Guidati dall'ascolto della parola di Dio e dai consigli del parroco siamo arrivati fin qui. Speriamo di continuare. Per andare avanti abbiamo imparato ogni giorno a chiedere l'intercessione dei santi".
Le icone allineate nel laboratorio sono pronte per essere spedite. E il marchio "Dal Molin"? "Non se ne parla proprio. Neppure il pittore di icone può firmare l'opera, che non è sua ma è dono di Dio", conclude Stefano per poi imballare, in silenzio, l'ultima tavola: il corriere ha fretta di partire.