Famiglia Cristiana n° 11 - marzo 2012

IL GENIO DIMENTICATO

La mostra di Forlì rende giustizia a questo straordinario scultore, mostrandone, in un emozionante confronto, il costante riferimento alla classicità.

L'oblio in cui è stato lasciato dalla critica del Novecento lo scultore milanese Adolfo Wildt (Milano 1868-1931) è pari soltanto alla sua grandezza e preveggenza, che questa splendida antologica riscatta in modo convincente. Tra marmi e bronzi sono esposte a Forlì 56 sculture e una ventina di disegni e bozzetti, a formare un percorso storico e tematico intervallato, come non accade mai nelle mostre (ed è il grande pregio della presente) da sculture greche e romane, vasi attici, calchi e originali di capolavori che hanno ispirato Wildt.

Quasi una mostra nella mostra, tra le opere di Wildt incontriamo per esempio un calco del torso del Belvedere e uno della Pietà Rondinini di Michelangelo; oppure l'originale in marmo del Profeta Abacuc di Donatello e un bronzetto del Pollaiuolo; e ancora una serie di opere di grandi artisti come Bernini, Canova, Klimt, Previati, Casorati, De Chirico, Morandi, Melotti, Martini, Fontana, Pollaiuolo, Bergognone, Cosmè Tura e Albrecht Dürer. Sono opere che hanno ispirato Wildt e che fanno di questa mostra una vera e propria lezione di storia dell'arte dal vivo: analogie, ricordi e citazioni che innervano la sua arte su solide radici classiche.

Anche per il profano il confronto si fa entusiasmante: guarda quell'Erma Vestale di Canova come assomiglia a questa Vedova di Wildt! E quella Santa Teresa d'Avila di Bernini a questa sua Santa Lucia! Wildt non ripete mai il passato, ma ne fa il trampolino di lancio di un'arte nuova. Così scrive: "Dar vita al pensiero moderno con la forma nitida di tutta l'arte classica che avevo tanto studiata e amata, dichiarandomi assolutamente ribelle all'arte di oggi".

L'arte di Wildt è profetica e piomba con la velocità di un meteorite sul nostro presente, affrontando temi oggi eticamente sensibili come la sacralità degli embrioni umani (Maria dà luce ai pargoli cristiani e La protezione dei bambini del 1918; La Concezione del 1921). Il valore dell'adozione (Madre adottiva del 1916) e l'indissolubilità del rapporto uomo-donna (Et ultra del 1929): verità impresse nel marmo e più efficaci di tante prediche. Nei suoi ritratti e autoritratti il tema del dolore è portato all'estrema espressione. A matita e carboncino realizza due autoritratti a 56 anni "fotografando" un periodo per lui difficile, segnato dalla depressione; nel marmo poi scolpisce il suo volto in una maschera di dolore.

Nel ritrarre i suoi soggetti più drammatici però Wildt si ferma sul baratro del grottesco, salvandosi attraverso la perfezione formale e il virtuosismo tecnico. Ma come definire il suo inconfondibile stile che è insieme classico e anticlassico, neogotico e barbarico, in cui l'artista ripropone ossessivamente il binomio morte-vita. Volti di cui definisce l'ovale perfetto e il nitore, fino a portarne in superficie l'intima nervatura spirituale, fatta di sofferenza e luce. Wildt trasfigura il marmo, da materiale duro lo porta a farsi duttile come la cera e trasparente come l'alabastro, per catturare nelle sue cavità non solo la luce, ma la vibrazione stessa dell'aria. Vibrazioni musicali. Echi di conchiglie levigatissime e che all'improvviso si incrostano di intensi calligrafismi espressivi.

Wildt. L'anima e le forme
Forlì, Musei di San Domenico, fino al 17 giugno.

Catalogo Silvana Info: tel. 199/75.75.15
www.mostrawildt.it