I grandi speciali di Famiglia Cristiana - marzo 2013

«Un Papa amato dal suo popolo e nel mondo»

Lo Spirito Santo ha avuto più fantasia di noi

Secondo Buttiglione la scelta del nome Francesco unisce «l’amore al povero» alla «fedeltà all’ortodossia».

«Lo Spirito Santo ha avuto più fantasia degli uomini e ci ha dato un Papa argentino amato nel suo Paese e nel mondo, un cristiano di assoluta ortodossia che ha iniziato il suo ministero ricordando il suo predecessore e scegliendo un nome che è un richiamo alla povertà francescana». Così il filosofo e dirigente dell’Udc Rocco Buttiglione, nonché membro del comitato scientifico della Fondazione Giovanni Paolo II per il magistero sociale della Chiesa, commenta la nomina, anche per lui inattesa, di Jorge Mario Bergoglio.
– Nella scelta del nome Francesco vede un carisma, una vocazione?
«Il nome Francesco unisce l’amore al povero, addirittura lo sdegno contro la ricchezza che caratterizza anche la Chiesa istituzionale; ma anche un’assoluta fedeltà all’ortodossia. La povertà si riflette nelle sue scelte di vita: a Buenos Aires vendette l’episcopio, andò a vivere in un appartamentino da cui si muoveva con il metrò».
– Un Papa di origini piemontesi...
«Francesco è il Papa degli immigrati, ma non è stato il primo, il primo è stato san Pietro».
– Che significato ha la figura del Papa per la Chiesa universale?
«È il vescovo Roma, il rappresentante di Cristo in terra, un uomo che la Grazia rende capace di annunciare l’amicizia di Cristo che trasforma gli uomini da nemici in fratelli. Poi è maestro della dottrina, garante della correttezza dell’annuncio che cambia la vita. Come Papa ha ricevuto da Dio il compito particolare di sostenere e sovrintendere nella carità a tutte le Chiese dove si ripete l’avvenimento della presenza di Cristo, così che ogni vescovo possa vivere in comunione con il vescovo di Roma».
– Spesso nella Chiesa e nel popolo di Dio ci si divide ideologicamente tra le urgenze dell’evangelizzazione e della promozione umana, tra fede e opere, dottrina e carità...
«Le opere sono la testimonianza della fede, non puoi vivere la fede senza che la fede ti muova a costruire intorno a te una vita più umana. Le opere sono il segno visibile della fraternità: se un fratello ha fame devo dargli da mangiare, se sbaglia devo correggerlo e aspettarmi che lui faccia altrettanto con me».
– Quali sono in sintesi le urgenze che papa Francesco dovrà affrontare?
«In sintesi una sola cosa: la conversione. Benedetto XVI alla curia romana parlò della necessità della conversione; le sue dimissioni sono un richiamo alla necessità della conversione; quello che importa non è il proprio ruolo, l’unica cosa che importa è essere battezzato e fedele a Cristo e per mostrare che ciò è vero papa Benedetto ha dato le dimissioni. In questo senso ciascuno di noi deve dare le dimissioni, per lo meno dall’attaccamento al proprio ruolo: di questo c’è bisogno non solo nella curia romana e nelle diocesi ma anche nelle famiglie, nella vita civile e politica».
– Come questo nuovo Papa potrà parlare oggi a un’Europa che langue nel relativismo?
«Papa Francesco viene dall’Argentina e porta il suo sguardo più ampio su un’Europa che è diventata piccola demograficamente, ma che sta diventando piccola anche economicamente e culturalmente; siamo abituati a pensare che il progresso coincida con il modo di vivere delle nazioni più ricche e sviluppate. Il nuovo Pontefice potrebbe porci il dubbio se questo stile di vita sia da considerare come un progresso o come un segno di decadenza».
– Lei che ha lavorato nel Parlamento europeo come vede l’Europa del relativismo e dell’intolleranza religiosa?
«C’è il tentativo di imporre una nuova ortodossia che predica la non esistenza della verità e che quindi ognuno può costruirsene una sua; in Europa la persecuzione è contro chi non accetta questa nuova ortodossia; sono gli stessi che fuori d’Europa, odiando la propria identità, tendono a non vedere le persecuzioni contro i cristiani e hanno paura di difendere i diritti umani dei cristiani e la libertà religiosa nel mondo».
– Un suo ultimo flash su papa Francesco...
«Dicono che Jorge Mario Bergoglio da giovane ballasse il tango. Vede, il tango è importante: sono canzoni che descrivono storie di amore e coltello nei bassifondi di Buenos Aires, ma sono storie che vengono illuminate da uno squarcio di luce che dimostra come Dio penetri nel buio dell’uomo».