Famiglia Cristiana n° 14 - aprile 2007

A UNDICI ANNI DAL CROLLO RIAPRE LA CHIESA MADRE, GIOIELLO DEL BAROCCO SICILIANO

NOTO RINASCE CON LA SUA CATTEDRALE

Un vero cantiere, come poteva essere nel Settecento, dove si usano solo la pietra locale e le tecniche tradizionali. E il risultato si vede.

Il 13 dicembre del 1990 un violento terremoto colpì Noto, una delle più belle città dell'estremo lembo sud orientale della Sicilia (la Val di Noto) mettendo a rischio l'incolumità delle sue chiese e dei suoi palazzi, capolavori del barocco siciliano. Sei anni dopo, il 13 di marzo del 1996, alle ore 22 e 13 la cattedrale andò in briciole, implodendo su sé stessa. Rimasero in piedi la facciata, il perimetro esterno, i pilastri di sinistra e uno spicchio di cupola. Le macerie riempirono le navate per un'altezza di sei metri. E la cattedrale, come ci ricorda il vescovo di allora, monsignor Salvatore Nicolosi, rimase a cielo aperto; un cielo freddo e sereno di marzo, palpitante di stelle.

Quattro anni di studi, sei di lavori

Ci vollero due anni solo per sgomberare le macerie, a mano, con la cazzuola, come si fa per uno scavo archelogico. Gli esperti vollero prima di tutto indagare sulle ragioni del crollo. La risposta era nei pilastri, che al loro interno non erano fatti di pietre squadrate, come il rivestimento esterno faceva pensare, ma di un agglomerato di sassi tondi e malta. Così, indebolito dal terremoto e nonostante il cerchiaggio preventivo, il pilastro di destra, sotto la cupola, quella sera cedette all'improvviso sotto il peso del tetto di cemento armato, che negli anni '60 aveva sostituito quello settecentesco, più basso e leggero, a capriate di legno. Il tetto scivolò in avanti e come una lama di coltello andò a colpire la cupola, che a sua volta si rovesciò sulla navata di destra.
Come ricorda monsignor Nicolosi, fu un vero miracolo che il crollo fosse avvenuto a quell'ora, quando la cattedrale era vuota. Se pensiamo, poi, che solo un mese prima, il 19 febbraio, l'edificio era stracolmo ("forse un migliaio di persone") radunate per la festa patronale di san Corrado, dobbiamo davvero ringraziare la Provvidenza.
Il secondo miracolo lo abbiamo sotto gli occhi: è la cattedrale rinata, che sarà ufficialmente inaugurata il prossimo 26 maggio. Un miracolo che - come sottolinea l'attuale vescovo Giuseppe Malandrino, che ha seguito con ansia pastorale tutto il faticoso iter della ricostruzione - corona sei anni di cantiere aperto, preceduti da quattro anni di ricerche, progetti, verifiche, polemiche e reperimento di fondi. Tempi che sembrano lunghi ma che sono stati invece necessari all'ingegnere Roberto De Benedictis e all'architetto Salvatore Tringali per progettare, impiantare e far rivivere un cantiere come questo, unico nel suo genere.
Un cantiere che nel XXI secolo ha ricostruito parti strutturali di una chiesa del Settecento. Chiedendo a operai abituati a lavorare con il cemento armato di utilizzare materiali e tecniche dell'epoca: il biondo calcare di Noto, pietra su pietra, scegliendo, tagliando, numerando e adattando ogni singolo pezzo agli altri, in un possente ricamo che ha richiesto grande perizia e lavoro di squadra, doti che non si possono improvvisare.

La nuova e l'antica Noto

Così la cupola è stata rimessa in piedi concio su concio, "cucendo" la parte mancante al piccolo spicchio rimasto, su su fino all'ultima pietra che ne chiude l'ombrello. Poi, cosa non da poco, i pilastri rimasti in piedi sono stati interamente rifatti e sostituiti dopo avere sospeso gli archi sovrastanti a un'apposita stuttura metallica. Così oggi tutti i pilastri sui cui si regge la nuova cattedrale sono perfetti e sani, come le gambe nuove di un colosso.

Scavando per i lavori, racconta l'architetto Tringali, si sono ritrovati i resti della precedente chiesa e della primitiva capanna fatta di travi trasportate fin qui insieme all'arca di san Corrado (patrono della città) dalla Noto antica, distrutta dal terremoto del 1693, che sorgeva qualche chilometro più a sud. Antica Noto che fu necropoli nell'età del bronzo e poi città-fortezza inespugnabile dove vissero siculi, greci, romani, bizantini, arabi, normanni, tedeschi e spagnoli.

Qui san Corrado (1290-1351) veniva tra il popolo a predicare, a guarire, a comunicarsi. Il suo corpo, conservato per secoli dentro un'arca d'argento, tornerà presto nell'altare di destra della nuova cattedrale, che oggi è sicura anche in caso di un altro terremoto. I suoi pilastri, infatti, sono collegati tra loro, in alto con tiranti, in basso con archi sotterranei "a rovescio", come usavano gli antichi romani. Adesso la cattedrale è un tutt'uno, come un canestro intrecciato.

E ora che la struttura è finita si restaurano i capitelli, gli altari, le cornici e le nicchie, mentre si posa il nuovo pavimento; all'esterno la gru scarica i blocchi di pietra che serviranno per completare la scenografica scalinata su cui si apre, maestosa, la facciata. Di fronte, il Palazzo comunale, che d'estate tornerà come un tempo a fare da sfondo a spettacoli all'aperto per abitanti e turisti, seduti sulla gradinata della cattedrale, trasformata per l'occasione in anfiteatro. A riprova della vocazione dell'intera città di Noto, con le sue innumerevoli chiese e palazzi nobiliari, a essere un unico grande palcoscenico a cielo aperto, dove si respira arte e cultura, dove la recita si trasforma in vita vissuta e dove trionfa quel sano meridionalismo di cui va tanto fiero il vescovo Malandrino.

La pietra che arde al tramonto

Anche le transenne che da anni imprigionavano le case e le facciate di Noto per scongiurare altri crolli imprevisti si sono da tempo trasformate in ponteggi per i restauri e ora scoprono il volto di una città che è rinata intorno alla sua cattedrale. La qualità della vita qui a Noto è alta, lo si vede girando per le strade pulite e ordinate, lo si respira la mattina nei bar pieni di studenti che ripassano la lezione davanti a cappuccino e brioche; lo si coglie negli sguardi degli anziani seduti a commentare la stampa locale.

Tutta la Val di Noto, del resto, con le sue città e i suoi monumenti (Caltagirone, Catania, Militello, Modica, Palazzolo, Ragusa e Scicli) è stata inserita dal 2002 nel patrimonio mondiale Unesco proprio per la straordinaria uniformità urbanistica e architettonica del suo barocco, degli edifici ricostruiti in tempi da record dopo il terremoto del 1693.

La sera, quando la pietra locale si incendia improvvisa al tramonto, Noto diventa una fornace ardente, di una bellezza che ferisce. La sua pietra si fa lava incandescente che scorre e si condensa in cornici, lesene, sculture. Per poi addormentarsi come un vulcano spento. Sonnecchia e poi rivive. Dopo il terremoto.