Famiglia Cristiana n° 15 - aprile 2010

LA CATALOGAZIONE DEI BENI CULTURALI ECCLESIASTICI

L'INVENTARIO DELLA BELLEZZA

Un ladro pentito restituisce gli oggetti rubati in alcune parrocchie. Partiamo da qui per raccontare come la Chiesa difende il suo patrimonio artistico e lotta contro i furti.

"Ho sbagliato e desidero restituire". Sembra una storia d'altri tempi. A raccontarla è don Carlo Marchesi, parroco di Montodine, un piccolo paese della diocesi da Crema: "Sono le sette di sera e uno sconosciuto si presenta alla porta della canonica. Mi dice: "Ho portato un pacco. è roba vostra". Penso voglia denaro in cambio di merce rubata. Insiste: "Non voglio niente. Solo restituire e confessarmi". Poi scoppia in lacrime".
Il racconto del parroco prosegue: "Lo sconosciuto rientra con uno scatolone. Ne escono cinque candelabri in legno dorato del '700, un leggio, un calice, un crocifisso, due candelabri d'argento, un calice argentato, una corona e un calice dorato, due porte di tabernacolo del '600, un crocifisso e ancora due candelabri argentati. Mi assicura che non ha fatto danni alle strutture e che desidera che tutto torni al suo posto".
A questo punto il parroco porta la refurtiva ai Carabinieri di Montodine che, attraverso l'intervento del nucleo operativo di Monza, molto efficiente e specializzato proprio nella tutela del patrimonio culturale della Lombardia, riesce a restituire gli oggetti ai parroci interessati. Oggi infatti i controlli sui mercanti d'antiquariato si sono intensificati, sono più severi ed è difficile piazzare sul mercato oggetti d'arte rubati nelle chiese.

Quei furti su commissione

Tra i sacerdoti beneficiati (si tratta di paesini della Bassa Bergamasca e del Cremonese) a Crema c'è anche don Carlo Mussi, che ci mostra con soddisfazione i due candelabri in metallo argentato restituiti alla sua chiesa di Sant'Andrea apostolo, detta di San Benedetto. Don Mussi è presidente della Commissione d'arte sacra della diocesi di Crema e commenta così l'accaduto: "è una cosa bella che in quest'uomo ci sia stato un ripensamento che l'ha portato a restituire oggetti anche molto significativi dal punto di vista della sacralità. Quattro o cinque anni fa anche a me è capitato un caso simile".

Don Carlo prosegue: "Questi furti impoveriscono il patrimonio di una parrocchia o di un santuario a cui la gente è affezionata. A Natale dell'anno scorso degli sconosciuti, in pieno giorno, hanno sottratto dagli altari laterali della mia chiesa quattro reliquiari dorati che vengono esposti in occasioni particolari. Un furto su commissione, evidentemente. Poi capita che i parroci, per paura dei furti, tengano le chiese chiuse".
Chiediamo a don Carlo come si è mosso con la catalogazione dei beni della sua diocesi. "Dal 1993 a oggi abbiamo schedato tutti i beni patrimoniali delle 62 parrocchie della diocesi di Crema: 13.000 schede che vanno dalle tele e dai reliquiari agli oggetti liturgici più comuni. Oggi stiamo passando tutti questi dati dal cartaceo all'inventario digitale con l'aiuto di volontari".

Monsignor Stefano Russo, direttore dell'Ufficio per i beni culturali ecclesiastici della Cei, ci illustra la situazione a livello nazionale: "L'inventario informatizzato dei Beni culturali ecclesiastici che le diocesi stanno realizzando, attraverso il servizio dell'Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Cei, va a costituire la banca dati nazionale, ed è accessibile al comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale che ha quindi a disposizione, nel caso di furti, una documentazione preziosissima per l'attivazione immediata delle ricerche".
Così, grazie anche ai contributi economici dell'8 per mille, ben 70 diocesi italiane hanno concluso la fase di ricognizione dei beni mobili ecclesiastici. Coinvolgendo architetti, laureati in storia dell'arte e fotografi specializzati sono state realizzate 2.942.000 schede digitali corredate di testo e immagine. Le restanti 145 diocesi che hanno risposto all'appello stanno completando le schede che verranno poi aggiornate, formando una preziosa banca dati accessibile dal comando dei Carabinieri e di cui anche il pubblico può in anteprima avere una visione parziale nel sito www.chiesacattolica.it/beniculturali.

Per capire l'importanza di questo lavoro si pensi che, per esempio, grazie all'inventario realizzato prima del terremoto in Abruzzo, oggi abbiamo un elenco completo dei beni delle chiese dell'Aquila, elenco che rende possibile la ricerca e l'identificazione di oggetti che potrebbero ancora trovarsi sotto le macerie. Viceversa, l'assenza di una scheda identificativa di un bene rende spesso impossibile la restituzione di oggetti trafugati e successivamente recuperati dai Carabinieri.
A livello internazionale un caso virtuoso e istituzionale di restituzione viene dal museo di Cleveland, negli Stati Uniti. Racconta don Russo: "Dopo aver verificato l'itinerario non etico seguito da alcuni beni precedentemente acquistati, il museo americano ha deciso di restituire all'Italia 14 oggetti d'arte, fra cui una croce astile del 1375 scomparsa negli anni '70 da una chiesa della diocesi di Montepulciano. Uno dei fattori determinanti che ha consentito il riconoscimento del bene è stata proprio la scheda del nostro inventario che, vista la preziosità dell'oggetto sacro, era stata già realizzata agli inizi del '900 ".

Ulteriore prova dell'utilità dello studio e della catalogazione degli oggetti d'arte sacra. Potremmo chiamarlo l'"inventario della bellezza" e - come sottolina don Russo -, comprende non solo tesori d'arte preziosi ma anche oggetti liturgici d'uso quotidiano prodotti anche in questi ultimi cinquant'anni.
Oggetti che ci invitano alla preghiera e alla contemplazione. Possiamo così ringraziare il protagonista della nostra piccola storia iniziale perché, con il suo pentimento, ha contribuito a restituire alla loro quotidianità oggetti che erano familiari ai fedeli di tante parrocchie; e anche perché, con le sue lacrime, ci ha dato un esempio, piccolo finché si vuole ma importante, di come nella vita si possa cambiare. Basta volerlo.