Famiglia Cristiana n° 16 - aprile 2008

TRE MOSTRE SI CONFRONTANO CON LO STESSO TEMA

LA DANZA DEL BELLO

Il classico e le sue rivisitazioni storiche, dal mondo greco-pagano al Settecento di Canova, regalano grandi emozioni allo spettatore che sappia ancora stupirsi.

Tre importanti mostre in tre diverse città italiane affrontano il grande tema dell'arte classica e della sua continuità nel tempo: il mondo pagano greco-romano (Mantova, "La forza del bello"), l'alba del Duecento cristiano (Rimini, "Exempla") e il Settecento neoclassico (Milano, "Canova alla corte degli zar "). Il classico è di casa in Italia: siamo noi gli eredi dell'arte greca che Etruschi e Romani importarono felicemente nella nostra penisola. Maestranze greche lavoravano nelle colonie meridionali e nella stessa Roma, mentre la scultura romana ammirava e imitava l'arte dei popoli ellenici che aveva assoggettato, distinguendo - come risulta nella mostra di Mantova - tra copie romane e originali greci. Con la nascita del cristianesimo la scultura si comprime in bassorilievi per evitare l'idolatria delle statue pagane. Una vera e propria arte statuaria rinasce un millennio dopo alla corte sveva di Federico II, grazie alla generazione dei Pisano: Nicola (che tra il 1250 e il 1245 lavora in Puglia) e poi il figlio Giovanni, Andrea Pisano e Arnolfo di Cambio che lavorano a Pisa, Firenze, Orvieto e Perugia ispirandosi a modelli antichi, come anticipa il titolo della mostra riminese: "Exempla", cioè esempi.

Il classico rivive poi - quasi per miracolo - cinque secoli dopo, attraverso il genio di Antonio Canova (1757-1830), il "Fidia cristiano", che rivisita la scultura classica greca in senso morale e intimista, conquistando le corti europee di Francia e Austria e la Russia degli zar. Le opere di Canova e degli altri scultori italiani presentate a Milano vengono appunto dall'Ermitage e dalle collezioni private di San Pietroburgo, dove Pietro il Grande e il suo successore, il fratello Nicola I, dai loro viaggi in Europa riportavano il meglio del classico "made in Italy".

L'incanto della Venere-ballerina

E dall'Ermitage arrivano a Milano sette sculture di Canova tra cui il suo capolavoro assoluto, Le Grazie, insieme a una trentina di opere di autori neoclassici che trovano la loro giusta cornice nelle sale di Palazzo Reale. Nei 44 giorni dall'apertura della mostra "Canova alla corte degli zar" (dati aggiornati al 7 aprile) una media giornaliera di 1.021 visitatori ha potuto ammirare innanzitutto la Danzatrice con le mani sui fianchi che accoglie il pubblico nella prima sala. C'è ancora sete di bellezza classica e lo si vede dalle reazioni di stupore della gente davanti a questa Venere-ballerina, intelligentemente trasformata in statua vivente grazie al movimento del piedistallo che la fa ruotare su sé stessa. L'accompagnamento musicale fa il resto e così si rimane incantati: è puro stupore, un sentimento che credevamo perduto, relegato all'infanzia. Danza la ballerina e il tempo, per un istante, sembra sospeso ai suoi fianchi. è un incantesimo degli occhi e del cuore: l'arte parla il linguaggio universale della bellezza femminile e rivela quella segreta corrispondenza che c'è tra noi e la forma perfetta.

Scopriamo così all'improvviso, come per rivelazione, che siamo fatti per gustare questa "cosa" impalpabile che chiamiamo bellezza: le chiome arricciate, il profilo greco, lo sguardo impenetrabile di donna o dea. Il panneggio svolazzante si fa sottilissimo e arioso velo e l'epidermide impalpabile racchiude nel marmo zuccherino e luccicante un mistero delicatissimo di carne e sogno, come la rosa cantata dal poeta Federico García Lorca: -La rosa non cercava la rosa. / Confine di carne e di sogno, cercava altra cosa".

Di fronte alla bellezza la prima reazione è quella di copiarla, di imitarla. Alle opere del Canova si accompagnano quelle di artisti meno noti - ma non minori - che dimostrano come lo stile neoclassico offra insospettate possibilità. Ecco la pensosa Diana dopo la caccia di Emil Wolff, la serena Fiducia in Dio o la triste Ninfa punta dallo scorpione di Luigi Bienaimé, le modernissime Ore danzanti di Carlo Finelli o il delicato Busto della granduchessa Marija Nikolaevna di Pietro Tenerani con i capelli trattenuti da una tenera rete. Alla fine del percorso, al centro della sala circolare, un silenzio densissimo circonda la splendida trinità femminile: Le Grazie, visibili da ogni lato, da ogni lato ci offrono un'emozione diversa. Nel loro abbracciarsi, nel loro dialogo d'occhi e di mani, queste tre donne graziose cantano un accordo perfetto e sublime di sentimenti, affetti, nobili moti dell'anima che ricorda l'Inno alla carità di san Paolo.

Duecento, una creatività realistica

Più cruda, realistica e disincantata è la lezione classica incarnata nella creatività degli scultori del Duecento della bella mostra "Exempla" legata al Meeting di Rimini 2008. Già nella sua localizzazione, Castel Sismondo, austera e aspra rocca dei Malatesta, i signori di Rimini, ci ricorda un tempo in cui la bellezza si forgiava in Puglia, a Castel del Monte, indecifrabile e severo fortilizio ottagonale fatto costruire da Federico II.

Qui lo scultore Nicola Pisano, forse di origine pugliese, sulla scia dell'arte normanna creava i presupposti della scultura gotica che conquisterà l'Europa, fondendo naturalismo e classicità nel grande filone del realismo cristiano.

Il pregio di questa mostra sta nel raccontare al pubblico attraverso un centinaio di pezzi scultorei di grande fascino come l'arte classica non sia scoperta e appannaggio del Rinascimento, ma fosse già naturalmente utilizzata dai maestri della scultura gotica medievale in forma modernissima per quell'epoca, perché interpretava il presente

Un eloquente esempio di riutilizzo in senso moderno di un reperto antico è lo splendido Leone che azzanna uno stambecco, frammento di un sarcofago romano del III secolo (Lagopesole, Potenza) riadattato a elemento di trono imperiale nel castello di Federico II. Lo stambecco è impotente a liberarsi dalla presa salda degli artigli del leone e il riferimento è esplicito al crudele potere di Federico II. Il passaggio Davide-Cristo-Federico II rientra perfettamente nel programma imperiale di sacralizzazione del potere in senso cristiano che risale a Carlo Magno. Alcuni manoscritti miniati con scene di caccia esposti richiamano Federico II spesso rappresentato con l'amato falcone.

Di soggetto esplicitamente cristiano è il frammento Cristo e l'animula della Vergine Maria: due teste affiancate sono ciò che resta della grande scultura che si trovava sulla facciata del Duomo di Firenze. Maria assunta in cielo è una bimba in braccio a Cristo come nel Paradiso di Dante: -Vergine madre figlia del tuo figlio". è classica la severa imperturbabilità del volto di Cristo frontale, cui è totalmente affidata Maria bambina, che di fronte al potere di Cristo ricorda quasi lo stambecco preda del leone. Ma lo sguardo di Maria è sereno e fiducioso, e questa è la novità cristiana che rende grande ed espressiva l'arte gotica.

Un modello dall'eterna vitalità

Finché la grazia della fluida danza greca - la danza del bello che accompagna queste mostre - esce allo scoperto nell'Assetata con brocca realizzata da Arnolfo di Cambio per una fontana di Perugia, costruita nel 1280 e poi smantellata per problemi idrici. La Danzatrice acefala di Giovanni Pisano - le mani sui fianchi come in Canova - collega il gusto greco del movimento del corpo e dei panneggi al nostro Settecento, dimostrando l'eterna vitalità del modello classico. Infine, nella formella esagonale di Andrea Pisano per il campanile di Giotto, lo scultore rappresenta sé stesso come Fidia al lavoro nella sua bottega; o come il Creatore che modella l'uomo nel marmo, materia degli dèi.