Famiglia Cristiana n° 21 - maggio 2010

ARTE E TERAPIA

TRAME IN LIBERTà

A Bollate, alle porte di Milano, 40 detenute tessono coloratissimi arazzi. Un progetto voluto da una docente dell'Accademia di Brera e dalla direttrice della Casa di reclusione. Un modo per recuperare dignità. E speranza.

Il filo, il tessuto, il ricamo, i colori. Il legame con la vita. Quel legame che nel carcere si perde e che, sempre in carcere, può essere riannodato grazie all'arte e alla bellezza, frammenti di esistenze spezzate trasformati in tasselli di un puzzle che dà forma alla speranza. è quanto sta avvenendo nella sezione femminile del carcere di Bollate (Milano) dove un gruppo di studentesse del corso di terapeutica artistica dell'Accademia di Brera, guidate dalla loro docente Tiziana Tacconi, insegnano alle detenute la tecnica degli arazzi creativi. Realizzandoli insieme a loro.
Proprio in questi giorni, le opere prodotte in due anni di attività, una decina in tutto, sono in vendita alla mostra mercato Arazzi della legalità presso la chiesa di San Carpoforo a Brera. Il ricavato servirà al reinserimento della popolazione carceraria femminile di Bollate attraverso la realizzazione di un laboratorio artigianale di oggetti in feltro: cappelli, giacche, borse, pantofole e piccoli monili.

Quello di Bollate è un carcere modello. Una vera e propria città: quasi 1.200 detenuti, di cui 40 sono donne. Se la popolazione carceraria maschile è coinvolta in varie attività lavorative, quella femminile vive una situazione di estremo disagio, con poca voglia di lasciare le celle e scendere nei laboratori, dove oltretutto è isolata, per ovvi motivi. "Un carcere nel carcere", sintetizza la direttrice, Lucia Castellano, che ha subito accolto con favore l'iniziativa del corso di arazzi.
"Per prima cosa abbiamo trasformato la stanza che Lucia ci ha messo a disposizione, decorando le pareti con strisce verticali colorate", racconta Tiziana Tacconi. "Abbiamo scelto la tecnica dell'opera condivisa, cioè realizzata insieme, già sperimentata con successo nel reparto di oncologia di Carrara dove non venivano coinvolti solo i pazienti ma anche i medici, gli infermieri e i parenti. Nelle detenute il gesto del cucire, la preziosità dei tessuti, la loro bellezza, ha risvegliato qualcosa di positivo, valorizzando al massimo la loro innata sensibilità femminile".

"Voi non sapete quanto mi ha fatto bene impegnarmi in questo lavoro tutte le settimane", racconta Kamilizza, una detenuta con forti crisi depressive. "Questa donna ha realizzato un arazzo bellissimo con una tecnica tutta speciale che l'ha tirata fuori dallo stato in cui si trovava", sottolinea Tiziana Tacconi. Che prosegue: "Si vede una luce nuova negli occhi di queste donne. Un'operatrice carceraria mi ha detto: "Quando arrivate voi, questa stanza acquista un'atmosfera quasi sacra". Era proprio quello che desideravo".

"Sono molto contenta", conclude la direttrice, Lucia Castellano. "Nei giorni che precedono l'incontro del giovedì, le detenute portano avanti i loro arazzi con il desiderio di dare continuità all'impegno e di mostrare il frutto del loro lavoro alle studentesse di Brera con cui ormai sono diventate amiche".
Oggi, le donne che hanno fatto l'esperienza degli arazzi sono progredite. Padroneggiano sempre meglio questa tecnica. Alcune hanno trovato occupazione anche fuori, una volta scarcerate. All'interno, intanto, l'attività degli arazzi prosegue grazie all'iniziativa di due artiste terapiste volontarie. Perché gli arazzi, con i loro sgargianti colori, rappresentano un segno di riscatto, la speranza in una vita migliore, quasi un acconto di libertà.

COME CURARE CON L'ARTE: UN CORSO A BRERA

Il corso biennale di perfezionamento in Teoria e pratica della terapeutica artistica fa parte del secondo livello post laurea dell'Accademia di belle arti di Brera ed è realizzato in convenzione con l'Università degli Studi di Pavia, specializzazione in Psichiatria, e con l'Università degli Studi di Milano-Bicocca, Scuola di scienza dell'educazione. è l'unico corso di questo livello esistente in Italia.
Lo scopo è preparare artisti-terapisti in grado di operare nelle strutture sanitarie e sociali. Un primo intervento è stato fatto nel 2004 nel reparto di oncologia pediatrica dell'ospedale di Carrara.