Famiglia Cristiana n° 22 - maggio 2006

COLLANA ARTE E FEDE NEI LUOGHI DELLO SPIRITO

SETTIMO VOLUME: UMBRIA E MARCHE
NELLA CASA DI MARIA

L'arcivescovo di Loreto Gianni Danzi ci racconta tre santi locali: Giuseppe da Copertino, Nicola da Tolentino e Francesco d'Assisi.

A poco più di un anno dal suo insediamento nella Basilica della Santa Casa, chiediamo a monsignor Gianni Danzi, arcivescovo di Loreto, come si vive accanto alla Santa Casa di Maria, che è uno dei più noti santuari mariani d'Italia.
"L'importanza di Loreto nel cammino della Chiesa non è, a mio avviso, prioritariamente quello di essere un luogo di devozione alla Madonna, bensì della presenza di quelle mura tra le quali l'iniziativa di Dio si è compiuta: qui "il verbo si è fatto carne", qui l'Emmanuele, "il Dio con noi", si è fatto uno di noi. La Madonna è collocata nel luogo in cui la Sua vita si è completamente identificata con quella di Dio e la famiglia è diventata luogo di presenza divina e di salvezza".

- Se dovesse accompagnare un gruppo di pellegrini, cosa direbbe loro?
"Li inviterei a entrare e a rimanere qualche tempo in silenzio nella Santa Casa. Tendere l'orecchio a quelle mura e gli occhi, carichi di desiderio di contemplazione, verso la Madre, per ascoltare ciò che questi "testimoni" diranno loro. Senza alcun dubbio, questa esperienza imprime in ognuno di noi una proposta di novità, una nuova missione. Dopo di ciò, si può uscire e sostare a contemplare la bellezza che l'opera dell'ingegno e della creatività dell'uomo hanno generato".

- Da Loreto nei giorni limpidi si vede Osimo dove, nella chiesa di San Francesco, riposano le spoglie di san Giuseppe da Copertino, il santo dei "voli"...
"San Giuseppe da Copertino fu un santo davvero sconcertante, in cui si possono constatare le meraviglie dell'azione della grazia sulla povertà dei mezzi umani. In fondo, è l'uomo più rozzo, più incapace e più zuccone di quanti abbiano raggiunto la gloria degli altari; ma nello stesso tempo è il mistico e il taumaturgo che attira le folle e giunge di colpo alle sfere dell'ineffabile, negate ai sapienti di questo mondo. Da una parte il "frate asino", come lui stesso si definiva; dall'altra il santo che confonde con la sua soprannaturale saggezza teologi e inquisitori. Il santuario dedicato a San Giuseppe da Copertino parla certamente della sua profonda devozione alla Vergine Maria. La sua, infatti, fu una vita segnata dalla presenza della Madre. In una sua testimonianza autobiografica scrive: "Mi diedi alla devozione della Beatissima Vergine, che si venera nella Chiesa della Grottella, né potevo stare un'ora senza vedere quella Beata, che mi fece grazie di continuo". Questa devozione assunse un carattere particolarissimo verso la Vergine di Loreto. San Giuseppe da Copertino, durante una sosta del viaggio di trasferimento da Fossombrone a Osimo, visse un'estasi esaltante alla vista del santuario di Loreto. Improvvisamente esclamò: "O Dio, che è mai quello che io vedo? Quanti angeli vanno e vengono dal cielo! Come carichi di grazie! Ditemi, che luogo è quello?". Gli fu precisato, allora, che era la chiesa entro la quale si venerava la Santa Casa di Nazaret".

- In provincia di Macerata c'è il santuario di san Nicola con il Cappellone, dove un pittore giottesco racconta la vita di san Nicola da Tolentino. Ci può parlare di questo santo?
"San Nicola da Tolentino è stato un grande santo agostiniano, tutto proteso a fare di Dio l'unica realtà della sua esistenza e che trascorse la vita nella preghiera e nel servizio pastorale al popolo. Austero con sé stesso, ebbe con gli altri un tratto dolce e affabile: particolare fu la sua premura per i malati, i poveri e le famiglie in crisi. Operò molti miracoli, tanto da meritare il titolo di taumaturgo del Piceno. Fu profondamente mariano. Egli considerò Maria come una madre dedita a formare Gesù nelle anime e si affidò a lei come docile figlio. Recitava spesso l'Ave Maria, e in onore della Madonna digiunava ogni sabato. Durante gli ultimi anni della sua vita, il 10 dicembre del 1294, avvenne la traslazione della Santa Casa di Nazaret in terra marchigiana. Una leggenda racconta che quella notte Nicola udì come uno scampanio lontano che si avvicinava. Tutte le campane delle valle del Chienti, come a un segnale convenuto, lanciavano al cielo ritmici e veloci rintocchi. Ad un confratello che si era destato con lui spiegò il significato del suono di tante campane e di una luce misteriosa che si avvicinava: "La Casa in cui il Verbo si è fatto carne è venuta in mezzo a noi e sarà fonte di grazie, di prodigi e di benedizioni"".

- Nell'Umbria di san Francesco quali sono i luoghi a lei più cari e significativi, che ci aiutano a capire la testimonianza del Poverello d'Assisi?
"Il luogo a me più caro di Assisi è la Porziuncola. La piccola Chiesa nella quale è nato il francescanesimo mi richiama la nostra umanità: povera, fragile, ma che nasconde una grande ricchezza, anzi una ricchezza infinita: l'essere creati ad immagine e somiglianza di Dio. Così la Porziuncola è piccola, povera ma nasconde tutta la ricchezza del messaggio di san Francesco, che credo possiamo sintetizzare nelle parole di Gesù: "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (Gv 15, 5). Francesco comprese che, solo spogliandosi del proprio ego e aprendo le porte del proprio cuore all'amore di Dio, avrebbe finalmente trovato la vera libertà, la vera gioia e la vera pace. Quella libertà, gioia e pace che emergono in maniera molto bella e incisiva nel Cantico delle creature".