Famiglia Cristiana n° 23 - giugno 2005

L'ARTE RACCONTA VITA E MIRACOLI DEL POPOLARE FRATE MARCHIGIANO

IL "SAN FRANCESCO" DI TOLENTINO

Nel segno del sole, del libro e del giglio si apre in Vaticano una grande mostra d'arte nel settimo centenario della morte di san Nicola da Tolentino.

C'è un stretto legame tra arte e santità, ed è bello che sia così. Gli artisti ci raccontano la vita dei santi, ne tramandano l'aspetto fisico, ne esaltano i miracoli e ci mostrano l'oggetto delle loro visioni: quei cieli aperti che ai santi è dato contemplare, a noi immaginare attraverso le suggestione dell'arte. Gli artisti così, se non concorrono a "fare" i santi, ne anticipano però la fama, avvicinandoli alla gente così come oggi fanno le moderne fiction televisive su padre Pio o papa Giovanni.

Se nell'Umbria di fine Duecento il grande regista è Giotto che "proietta" sui muri della basilica superiore di Assisi le sue storie di san Francesco, qualche decennio più tardi nelle Marche un pittore giottesco, Pietro da Rimini, racconta nel Cappellone della chiesa di sant'Agostino di Tolentino la vita e i miracoli di frate Nicola da Tolentino (1245-1305), primo santo dell'Ordine degli eremiti agostiniani. Se non fosse per l'abito scuro dell'Ordine, che lo distingue dal ruvido e rozzo saio francescano, questa prima immagine artistica di san Nicola (dipinta dal pittore riminese pochi anni dopo la morte del santo) si confonderebbe con quella del san Francesco di Giotto: tanto questa icona si è impressa nell'immaginario religioso del Trecento. Sotto le volte affrescate del Cappellone di Tolentino (che hanno come evidente modello iconografico quelle della basilica di Assisi) venne sepolto san Nicola. E subito le pareti si riempirono di ex voto. Si moltiplicavano infatti i miracoli e una fitta schiera di grandi e piccoli artisti - tra i grandi Raffaello, Perugino, Lotto e Guercino - concorsero a riscattare la sua immagine da quella primitiva sudditanza francescana. Creando un caso autonomo nella storia dell'arte: solo nel primo volume dei tre che formeranno il primo catalogo completo dell'iconografia del santo marchigiano (pubblicato dal Federico Motta in occasione del VII centenario della sua morte) si contano ben 400 opere d'arte su di lui; che fanno a gara con i 300 miracoli presentati per la sua canonizzazione, avvenuta nel 1446.

A sua volta l'importante mostra in Vaticano Immagine e mistero: il sole il libro il giglio. Iconografia di san Nicola da Tolentino espone ben 90 capolavori che mettono in luce lo straordinario coinvolgimento di artisti e committenti intorno alla figura di un santo la cui biografia poco concede alla fantasia e all'immaginazione artistica. La vita del s. Nicola da Tolentino fu semplice, fatta di virtù e preghiera, studio e predicazione; ne sono una sintesi evidente i suoi attributi iconografici: il sole del volto di Gesù che egli da bambino vide nell'Eucarestia, il giglio della castità e il libro della regola agostiniana; da monaco Nicola fece zampillare prodigiosamente acqua per il pozzo del convento e guarì sé stesso con del pane benedetto. Dopo la sua morte i miracoli si moltiplicano ma, anche qui, si tratta di episodi di cronaca semplice dove vince la fede del popolo: scampa da un naufragio la nave di Antonio di Tomasso e Petrozone (rotta Ancona-Civitavecchia, anno 1317); salva dall'impiccagione due fratelli innocenti, Vanne e Mizuolo (Osimo, 1326); ferma un'epidemia scoppiata tra le mucche del contado (Camerata, 1786).

Arte ed ex voto si confondono

Se le tavole degli anonimi pittori trecenteschi presenti in mostra hanno il sapore della fiaba medioevale (san Nicola giganteggia su una coloratissima Pisa in miniatura, intercettando le frecce che il demonio scaglia sulla città) con le storie di Raffaello impregnate di classico naturalismo e che riprendono la vicenda dei due fratelli di Osimo (patria di Giuseppe da Copertino, il santo delle levitazioni ) siamo in pieno Rinascimento.

Nella tela Infermi benedetti da san Nicola di Francesco di Cristofano detto il Franciabigio la vena narrativa è fresca e intimista; nel Miracolo delle pernici risuscitate da san Nicola (che essendo malato se ne sarebbe dovuto cibare) e nella Resurrezione di un bambino del Garofalo brillano suggestioni luministiche e coloristiche venete; nella Glorificazione di san Nicola di Salvator Rosa si rivela l'enfasi dell'estasi secentesa; il Miracolo di Cordova di Francesco Maffei è un quadro-cronaca sull'abbraccio (durante una processione per scongiurare la peste) tra le due statue di Cristo e Nicola di evidente teatralità barocca.
Il miracolo della pernici è ripreso da Luca Giordano in uno svolazzare di mani aperte e stupite di frati intorno al capezzale di san Nicola che, morente, ha la visione di Maria e Gesù in cielo tra angeli e nuvole che si confondono con le candide lenzuola del letto: qui il gusto del "meraviglioso", lo "stupore" barocco sta per cedere il posto a più pensose e pacate, morbide visioni settecentesche.