Famiglia Cristiana n° 25 - giugno 2009

AI MUSEI VATICANI UNA GRANDE MOSTRA DAL 26 GIUGNO AL 27 SETTEMBRE

SAN PAOLO IN VATICANO

A conclusione dell'Anno Paolino 2008-2009, la figura storica di Paolo affiora dai reperti archeologici vaticani con estrema freschezza e vivacità. Facendolo apparire ai nostri occhi un vero "compagno di viaggio" per i nostri giorni, come lo fu per i suoi contemporanei. Cinque antichi sarcofagi romani appena restaurati raccontano il suo martirio e quello di Pietro. Affreschi, icone, antichi codici miniati, libri a stampa e persino un raro documentario ci rivelano la fortuna che l'immagine e gli scritti paolini hanno avuto in duemila anni di cristianesimo. Infine, i risultati del recente esame sulla tomba di Paolo e la rimozione del corpo di Timoteo ci danno la viva testimonianza della vita dei primi cristiani.Tra gli sponsor dell'iniziativa anche Famiglia Cristiana e la Società San Paolo.

DALL'ARTE PALEOCRISTIANA FINO A MICHELANGELO

Antonio Paolucci racconta in anteprima la mostra. E annuncia la riapertura della cappella Paolina con l'affresco La conversione di Saulo di Michelangelo appena restaurato.

Il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci è tra i principali fautori di questa grande iniziativa, in cui arte e archeologia sono al servizio della fede e dell'annuncio cristiano.
- Al termine delle celebrazioni per il bimillenario paolino come nasce la mostra San Paolo in Vaticano?
"Si tratta di un'idea del mio collega Umberto Utro, condivisa da me e da monsignor Gianfranco Ravasi, e affidata al Reparto delle Antichità Cristiane dei Musei Vaticani. Centotrenta opere provenienti da oltre 15 istituzioni museali vaticane faranno sfilare davanti a noi l'immagine di Paolo di Tarso. Sono molto felice che all'inaugurazione della mostra, che avverrà il 25 giugno, seguirà la riapertura della cappella Paolina, il 4 luglio, con una messa presieduta dal Papa che celebrerà nella "sua" cappella, davanti ai grandiosi affreschi appena restaurati dell'ultimo Michelangelo, quello della Caduta da cavallo di Paolo e della Crocifissione di Pietro a testa in giù".
- Una felice coincidenza, dunque, per i Musei Vaticani nell'anno dedicato a san Paolo. Cosa si aspetta da questa mostra?
"Se quattro milioni e mezzo di persone ogni anno visitano più o meno frettolosamente i Musei Vaticani, attratti soprattutto dalla Cappella Sistina, penso che ci sarà chi verrà appositamente per visitare questa mostra su san Paolo, che rappresenta per noi un'iniziativa doverosa da parte di un grande museo a livello mondiale".
- Qual era il vero volto di Paolo?
"Non possediamo alcun ritratto di Paolo e la stessa cosa vale per Pietro. Entrambi gli apostoli, spesso rappresentati insieme, vengono dalla cultura ebraica che rifiuta qualsiasi immagine, considerandola una forma di idolatria. Solo a partire dal III-IV secolo i santi Pietro e Paolo vengono rappresentati dalla Chiesa primitiva, usando però immagini prese dal mondo pagano: Paolo, calvo e con la barba più lunga, spesso appuntita, è il teorico, l'intellettuale e quindi viene fatto assomigliare al filosofo greco Plotino; Pietro, invece, con la barba più corta, è l'uomo terrestre, il pescatore, l'organizzatore, il pragmatico, la pietra su cui si fonderà la Chiesa e quindi gli viene attribuita l'iconografia di Aristotele, fondatore della scienza e della filosofia sperimentale".
- Quale fortuna ha avuto l'immagine di Paolo nell'arte?
"Ha sempre colpito gli artisti l'episodio della conversione, la caduta di Saulo da cavallo, come si vedrà nell'affresco appena restaurato di Michelangelo nella cappella Paolina: Saulo cade accecato e Cristo scende in picchiata dal cielo con il braccio teso, lo afferra, lo sguaina come una spada, la sua spada e la sua stessa voce".
- Professor Paolucci, cosa l'affascina in Paolo di Tarso?
"Mi affascina il carattere di questo giudeo che parlava e in parte pensava in un greco secco, che sembra "sfrigolare come ferro rovente nell'acqua", come ha recentemente scritto Pietro Citati; e che, nello stesso tempo, era l'uomo della Legge e della Sinagoga. Mi domando come siano potuti avvenire, nella sua personalità, un salto e una trasformazione così radicali".
- Poi c'è l'iconografia di Paolo in prigione e quella della sua decollazione...
"Essendo cittadino romano non può patire un'esecuzione infamante, da schiavo, come la crocifissione, ma deve essere decapitato. Il diritto penale romano è ammirevole: in attesa del processo, Paolo vive due anni a Roma in una casa privata, libero di scrivere e ricevere visite".
- Quali saranno i pezzi più significativi esposti in mostra?
"I sarcofagi del IV secolo appena restaurati, che rappresentano per quei tempi un'operazione culturare spregiudicata. Se il cristianesimo nasce come un'eresia del giudaismo, religione che nega l'uso delle immagini, per contro i primi artisti cristiani non solo rappresentavano la figura umana, ma utilizzavano addirittura raffigurazioni pagane per esprimere concetti di fede. Così, se devono scolpire Daniele nella fossa dei leoni, immagine della resurrezione dell'anima e della salvezza, lo rappresentano nudo nelle vesti di Ercole vincitore".
- In parole povere, sarebbe come se noi oggi utilizzassimo le immagini e i divi del cinema o della televisione per comunicare la nostra fede...
"Esattamente. La Chiesa cattolica primitiva utilizzò un sistema simbolico totalmente diverso da sé, preso dal mondo pagano, per esprimere il messaggio cristiano: una scelta assolutamente geniale, davvero un grande azzardo".
- Servendosi dell'arte figurativa...
"Sì, e accettando la sfida del confronto con il vero: il "vero visibile", la realtà che non è un inganno del diavolo, ma un'epifania, una manifestazione dell'Altissimo".
- In quali modi la mostra fa capire tutto questo al visitatore?
"Attraverso l'immagine stessa di Paolo: pensate che fatica immensa ha fatto un ebreo come lui a veicolare questa nuova mentalità. E, nonostante tutto, ogni tanto cade anche lui in questa tentazione; quando scrive, per esempio nella Seconda lettera ai Corinti: "Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto". Qui anche Paolo, da vero giudeo, ha paura del "vero visibile", mentre nel cristianesimo e nell'arte cristiana questa divisione è superata: il mondo non è uno specchio rovesciato o un'enigma, ma una rivelazione".
- Tutta l'arte occidentale cristiana può essere riassunta da questa frase: "Il mondo non è uno specchio"?
"Sì, e Saulo supera la paura quando, nella Prima lettera ai Colossesi, parla di Cristo come icona, immagine del Dio invisibile".