Famiglia Cristiana n° 27 - luglio 2007

LA STORIA DI UN MERCANTE D'ARTE MOLTO SPECIALE

I DUE SOLI DI ALFREDO

Arte e fede hanno sempre illuminato la sua vita. Gallerista amato da grandi artisti, Paglione ha donato ai musei del suo Abruzzo oltre mille opere, "per educare i giovani".

Una grande passione per l'arte, un'umile operosità e un innato senso di riconoscenza e generosità fanno di Alfredo Paglione - gallerista e mercante d'arte per 40 anni a Milano (e oggi mecenate nella sua terra d'Abruzzo) - l'esempio di una vita ben spesa. Partendo dal niente. Da quel gregge che da ragazzo pascolava sulle montagne di Tornareccio (Chieti); poi gli studi classici, l'università a Roma, un viaggio di studio in Colombia; e finalmente la sua prima galleria d'arte, a Milano. La Galleria Trentadue.

"Mi sono sempre sentito più collezionista che mercante. Quando conobbi Aligi Sassu era il 1963 e stava dipingendo I due soli, una battaglia di cavalli verdi sulla spiaggia battuta dalle onde, sotto un pallido cielo, con due strani soli. Gli artisti mi apparivano come stregoni, esseri superiori che davano il meglio di sé, quasi per imitare il Creatore. Decisi di acquistare il grande quadro e dopo otto anni, tanti ce ne vollero al maestro per finirlo e a me per incominciare a guadagnare qualcosa, raggiunsi il mio scopo. Intanto, la galleria funzionava e feci il grande salto da piazza della Repubblica 32 a via Brera 6, il cuore artistico di Milano. Ogni volta che aprivo una nuova mostra avevo già acquistato le opere che ritenevo migliori. Sui quadri i visitatori trovavano il bollino rosso: venduto, venduto, venduto. Si lamentavano e mi chiamavano il "signor no". Così ho messo insieme un'ottima collezione di artisti del Novecento".

Paglione racconta e con lui rivive la Milano degli anni Sessanta, gli artisti, gli scrittori, i poeti e i critici che l'hanno fatta grande; e che frequentavano la Galleria Trentadue attratti dal carisma discreto di quel giovane e intraprendente abruzzese. "Salvatore Quasimodo abitava in corso Garibaldi al 16 e dava appuntamento a Giovanni Testori qui da me in via Brera al 6, dove a qualsiasi ora potevi incontrare Buzzati, Manzù, Guttuso, Fontana, Rafael Alberti, Alberico Sala, Ernesto Treccani, Cassinari, Ungaretti, Sciascia, Raboni". Dietro le quinte, in silenzio, Paglione esercitava il suo paziente lavoro: prendeva contatti, organizzava, inventava; editando in proprio i cataloghi delle mostre e creando la collana d'arte e poesia Il Bicordo.

Un debito di riconoscenza

Quando nel 2000, a 64 anni, Paglione decise di cessare l'attività di gallerista ("nella vita bisogna avere questa libertà", confessa) la grande porta in rovere della Galleria Trentadue (opera dall'artista Giuseppe Rivadossi) fu portata in Abruzzo, nella casa settecentesca di Giulianova. Da qui, con la generosa liberalità di un mecenate d'altri tempi - ma con lo stile schivo e modesto che lo ha sempre contraddistinto - Alfredo Paglione ha voluto pagare il debito di riconoscenza alla terra d'origine rendendo pubbliche le sue collezioni (in tutto oltre mille pezzi), aprendo nuovi musei sul territorio.

"L'ho fatto soprattutto per i giovani, per attrarli al bello e incoraggiarli". I quadri di Paglione sono esposti al Museo d'arte dello splendore di Giulianova (200 opere); alla Galleria civica d'arte moderna di Vasto (80 opere); al Museo Barbella di Chieti (101 opere); sempre a Chieti, fonda il Centro abruzzese di studi manzoniani, donando 58 preziosi acquerelli di Aligi Sassu sui Promessi sposi. Prossimamente aprirà ad Atri il Museo della grafica (350 opere da Goya a Picasso) e a Teramo il Museo delle ceramiche di Aligi Sassu (200 opere).
"Sassu mi ospitò per due anni a casa sua a Milano e, d'estate, ad Albissola, dove creava splendide opere in ceramiche con Lucio Fontana. Diventammo amici e per riconoscenza lo aiutai in tutti i modi dopo i guai avuti col precedente mercante. Diventai il suo gallerista e, dopo il suo matrimonio con la sorella di mia moglie, formammo una sola grande famiglia".

Nella sua lunga carriera Alfredo Paglione è passato attraverso l'esperienza delle grandi mostre internazionali: "Un anno arrivai a organizzare fino a 350 mostre tra l'Italia e l'estero. A Mendrisio, in Svizzera, ho aperto la galleria Blumen, cioè il "fior fiore" dell'arte contemporanea, portando nomi come De Chirico, Marini, Moore, Guttuso e Ortega".
Paglione ha esposto i "grandi" dell'arte ma è stato anche scopritore di giovani artisti. Come gli esponenti del realismo spagnolo contemporaneo, oggetto della recentissima mostra Realidad a Cosenza, nel cui catalogo è scritto: "Un ringraziamento ufficiale ad Alfredo Paglione, per anni riferimento dell'arte spagnola in Italia". Questione di coerenza per uno come lui che già negli anni Sessanta, quando trionfava l'astratto, sosteneva la "linea figurativa", più congeniale a quel senso religioso della vita che il padre Ottavio gli aveva comunicato fin da ragazzo.

"Mio padre mi ha insegnato che tutto ciò che ci circonda è miracolo". In ricordo del padre, Paglione ha creato a Tornareccio la mostra permanente In nomine patris (30 opere) e lanciato un concorso che ogni anno vede artisti importanti concorrere con un mosaico a decorare le facciate delle case.

Ai tempi di Paolo VI Paglione ha contribuito alla creazione della collezione di arte religiosa moderna dei Musei Vaticani e, con monsignor Angelo Comastri, alla raccolta d'arte sacra del Museo della Santa Casa di Loreto (33 opere donate). Il volume I due soli. Verità e bellezza nell'arte di Giovanni Gazzaneo (Vallecchi), con introduzione di monsignor Loris Capovilla, rappresenta l'omaggio del mondo culturale cattolico a un uomo che ha saputo unire i due soli dell'arte: bellezza e verità.