Famiglia Cristiana n° 31 - agosto 2007

DUE MOSTRE AL MART DI ROVERETO E TRENTO

IL MONDO NUOVO DI DENIS

Una monografica sull'artista che fondò i Nabis, si ispirò a Gaugin, imparò da Cézanne e reinterpretò Raffaello. E una rassegna dei pittori simbolisti europei.

La mostra monografica Maurice Denis. Maestro del Simbolismo internazionale, aperta fino al 23 settembre al Mart di Rovereto (dopo le tappe al Museo d'Orsay e a Montreal in Canada), ci rivela una straordinaria figura d'artista. Modernissima e tutta da scoprire. In primo luogo per le belle icone laiche: dolcissime immagini femminili immerse in una natura sintetizzata da linee sinuose ad arabesco, colori puri e ombre colorate che ricordano lo stile giapponese e il decorativismo liberty; evocando un mondo "altro", spiritualizzato. E poi perché Maurice Denis (1870-1943), che fu anche critico e storico dell'arte, ha saputo porre con forza il problema dell'arte - e di quella cristiana in particolare - in un periodo di crisi e disorientamento così simile al nostro come lo fu il primo Novecento.

Sono passati quasi cent'anni, ma si potrebbe ancora sottoscrivere ciò che Denis afferma nel 1919: "Tra le moderne opere plastiche non ne vediamo molte che corrispondano alle forme di pensiero di un Leon Bloy, di un Paul Claudel, di un Peguy. Ciò che rende indiscutibile il valore degli autori che cito sono le conversioni che essi hanno intrapreso. Non abbiamo un'arte sacra che sostenga con altrettanta forza e novità il prestigio del cattolicesimo".
Questa posizione, però, non è viziata da pregiudizi o forzature ideologiche. Infatti, se da un lato per Denis "la pittura è un'arte essenzialmente religiosa e cristiana", dall'altro egli ha saputo riconciliare sul campo l'arte sacra e l'arte tout court. Esaltando l'autonomia della pittura in una riflessione del 1890 che è diventata un po' il suo manifesto: "Ricordarsi che un dipinto - prima di essere un cavallo da battaglia, una donna nuda o un qualunque aneddoto - è essenzialmente una superficie piana ricoperta di colori disposti in un certo ordine". Di qui lo stile sintetico e decorativo da lui adottato, l'uso dei colori piatti e lo sviluppo della grafica.

L'apparenza del mondo esterno cela dunque una realtà più profonda. Questa convinzione inserisce Denis nella grande corrente del Simbolismo europeo a cui è dedicata una seconda mostra nella sede del Mart di Trento: Sulle tracce di Maurice. Simbolismi ai confini dell'Impero asburgico (aperta a Palazzo delle Albere fino al 28 ottobre e, come la precedente, con catalogo Skira). Qui a Trento incontriamo le opere di artisti trentini, altoatesini e tirolesi che hanno sviluppato con grande libertà, nella cornice pittorica delle loro splendide montagne (e con qualche affascinante incursione paesaggistica a nord, sulle coste bretoni) temi e miti simbolisti: il ciclo della vita, il mistero e il destino, la nostalgia della natura e dell'unità tra uomo e donna, la lotta tra amore e morte, la riscoperta della religiosità tra mistica ed esoterismo. Cumuli di neve blu nel controluce del tramonto (il blu è il colore dominante), notti invernali con inquietanti presenze, folate di vento sulle lenzuola stese o sulle vele delle barche, marine lagunari viste da campagne bruciate dal sole: immagini tutte che esprimono il sentimento di una natura che diventa specchio dell'anima.

Per Denis, come per i simbolisti, la realtà è segno di qualcosa d'altro, di un'altra realtà che la pittura evidenzia. Scrive: "La pittura figurativa è originariamente la trasmissione di un pensiero mistico: è un atto religioso, un rito, uno strumento magico".
Dopo il periodo Nabis (movimento che deriva dall'ebraico neebim, profeta) e il periodo simbolista, la mostra di Rovereto (alla quale ritorniamo) ci mostra la terza fase dell'opera di Denis, quella in cui il pittore, sulle tracce di Paul Cezanne e di Puvis de Chavannes, approda a un nuovo classicismo. Sono grandi e coloratissime tele di bagnanti in riva al mare dove i corpi sembrano rinascere a una vita, a un mondo nuovo, dal fonte battesimale dell'arte, inseriti nell'armonia di una natura anch'essa rinnovata.

Le ultime sale del Mart di Rovereto raccolgono i grandi cicli sacri e profani di Denis. In sei grandi pannelli di oltre 2 metri è narrata la leggenda di sant'Uberto; in altri undici l'allegoria profana di Amore e Psiche. Il fregio intimista L'amore e la vita di una donna riprende il tema femmnile, tanto caro all'artista. La glorificazione della Croce, infine, è una modernissima pala d'altare di quaranta metri quadrati che dimostra come Maurice Denis, nonostante il soggetto, sia un pittore laico e decorativo che ha sostituito - come lui stesso scriveva - il chiostro con l'atelier. Sostenendo l'importanza dell'attività terrena.

è proprio l'intimismo con cui Denis tratta i soggetti evangelici (in Lasciate che i piccoli vengano a me l'ambientazione è quella di un giardino borghese che sarebbe piaciuto agli impressionisti) a rivelarci la modernità di un pittore che canta tutta la sua meraviglia e stupore di fronte alla bellezza della donna e del bambino: la vita che si rinnova. Così nel Triplo ritratto di Martha rappresenta i diversi stati d'animo della prima moglie, dalla quale ebbe otto figli, e che gli mancò dopo una lunga malattia. In Martha al pianoforte l'amore umano si sublima in musicalità e fluidità d'ispirazione, ricordando il legame di Denis con i musicisti dell'epoca, in particolare Debussy. E sono musica le linee sinuose di un quadro come Le Muse, ancora triplice sintesi dell'eterno femminino ispirato da una sola donna - Martha - all'ombra di un découpage di foglie di ippocastano. Fascino primitivo e post-moderno d'un pittore ancora tutto da scoprire.