Famiglia Cristiana n° 33 - agosto 2007

SPECIALE MEETING DI RIMINI

LA LUCE DI SANTA SOFIA

Anche quest'anno la 28ma edizione del Meeting per l'Amicizia tra i popoli (Rimini, 19-25 agosto) propone un titolo "forte" e impegnativo: "La verità è il destino per il quale siamo fatti". Un tema che coinvolge tutti gli uomini. Mettendo ciascuno di fronte a quella "verità" con la "V" maiuscola in cui fermamente credono le tre grandi religioni monoteiste; che oggi si confrontano, spesso in modo drammatico, con la moderna cultura nichilista e laicista. Invece, mai come ora abbiamo bisogno di fermarci, di capire. Numerose saranno, in questo senso, le occasioni e gli incontri da non perdere nel fitto calendario riminese. Noi ne privilegiamo una: la grande mostra "Lo spazio della Sapienza. Santa Sofia a Istanbul", aperta a Castel Sismondo fino al 14 novembre e dedicata alla Grande Chiesa (Megale Ecclesia) di Santa Sofia che, per duemila anni, ha rappresentato per cattolici, ortodossi e musulmani il "luogo di Dio" per eccellenza. Chiunque abbia fatto l'esperienza di entrare in Santa Sofia, e di sostare all'ombra della sua immensa cupola, trafitta da una luce mistica e irreale, racconta di essersi sentito immerso in un spazio fortemente suggestivo; quasi fosse entrato "in Dio", nel Suo "grembo".

Secondo la concezione greca e dell'Oriente cristiano, ispirata alla teologia della luce e della bellezza (san Giovanni evangelista parla della "luce che è venuta nel mondo") Dio è appunto bellezza, sapienza e luce. Bellezza che "si respira" sotto questa grande cupola di 31 metri di diametro, miracolosametne sospesa a 55 metri d'altezza sui suoi quattro grandi pilastri. In questo spazio sacro, alla luce tremula delle innumerevoli lampade votive, brillavano un tempo suggestive icone, rutilanti mosaici e preziose reliquie (forse la stessa Sacra Sindone), prima delle terribili ferite della storia: i saccheggi e le conquiste turche e veneziane.

Tutti i popoli del mondo, del resto, hanno subito il fascino di Santa Sofia: "madre di tutte le chiese dell'Oriente cristiano"; e, come vedremo, anche "madre di tutte le moschee". Appena edificata, sotto l'imperatore Giustiniano (tra il 532 e il 537), affascinò lo storico Procopio di Cesarea che così la descrisse: "La luce e i raggi risplendenti del sole riempiono il tempio. Si direbbe che lo spazio non sia rischiarato dall'esterno, dal sole, bensì che la fonte luminosa si trovi all'interno. Data poi la leggerezza della struttura, la cupola non sembra appoggiarsi su una solida costruzione, ma coprire lo spazio di una sfera d'oro sospesa nel cielo".
Da allora Santa Sofia diventò lo spazio della Sapienza (in greco Sofia) e della Bellezza (che equivale alla santità) di Dio. Faro e rifugio per i marinai che, dall'Egeo e dal mar Nero, passavano sulle loro navi il Bosforo diretti al Corno d'Oro, il porto su cui sorgeva l'antica Costantinopoli, l'odierna Istanbul. Santa Sofia affascinò anche Massimiano, vescovo di Ravenna, che sul suo modello fece costruire la basilica di san Vitale. Affascinò addirittura la delegazione venuta dalle lontane terre slave, inviata dal principe Vladimir di Kiev (oggi capitale dell'Ucraina) a cercare tra i popoli quale fosse la migliore religione; narrano le cronache che, entrati in Santa Sofia (era il 989, anno della conversione e del "battesimo" dell'antica Rus') i messi esclamarono: "Non sapevamo se in cielo ci trovassimo oppure in terra... là Dio con l'uomo coesiste...". Dopo i veneziani che, nel 1204, con la quarta crociata, rioccuparono Costantinopoli (portandone a Venezia i tesori), fu la volta di Maometto II che, riconquistata la città nel 1453, entrando nella basilica di Santa Sofia, affascinato davanti a tanta magnificenza ne impedì il saccheggio: "a un suo cenno l'imam più anziano salì sul pulpito e pronunciò il nome di Allah e di Maometto. Il sultano chinò il capo avvolto nel turbante fino a sfiorare il pavimento in segno di preghiera. Santa Sofia era diventata una moschea" (dal romanzo "Bisanzio" di J.J.Norwich:).

Purtroppo però i musulmani - di cultura aniconica come gli ebrei (non ammettono le immagini sacre) - eliminarono croci e icone, coprendo con pesanti strati di intonaco gli splendidi mosaici di Santa Sofia (ne rimangono ben pochi). Ma la struttura fu salva e tanto affascinò l'architetto di Solimano il Magnifico, Mimazr Sinan, che egli per tutta la vita cercò di riprodurre nelle moschee di Istanbul la perfezione di Santa Sofia. Giungendo a geniali soluzioni strutturali, anche di maggiore leggerezza, come quella che applicò alla Moschea Blu di Instabul, dove papa Benedetto XVI, il 30 novembre scorso, nel suo viaggio in Turchia, si intrattenne in preghiera accanto al gran Muftì Mustafa Kagrici. Poi fu la volta di Santa Sofia che lo lasciò ammirato. Alla fine del suo viaggio Benedetto XVI dichiarò: "Questa visita ci aiuta a ritrovare la strada della pace e della fratellanza per il bene dell'umanità".

Ecco, è proprio da questo viaggio del Papa che nasce la scommessa della mostra riminese. I suoi ideatori, Marina Ricci e Riccardo Piol, hanno voluto scommettere sulla possibilità che ancora oggi la bellezza di Santa Sofia (Haghia Sophia per i greci, Aya Sofya per i turchi) sia incontrabile come esperienza reale; e, come hanno scritto nell'introduzione al catalogo (Silvana Editoriale), "che si possa guardare il volto di un mosaico come si guardano le persone vive; che si possa descrivere uno spazio non svuotandolo, ma riempiendolo della sua storia".

Vincerà questa mostra la scommessa? Le premesse ci sono. Nelle suggestive sale di Castel Sismondo, insieme a disegni, riproduzioni e ricostruzioni di Santa Sofia nei secoli potremo ammirare capolavori dell'arte bizantina: oggetti d'uso liturgico, icone, bassorilievi, trittici in avorio e mosaici provenienti da Venezia, Ravenna, Bologna, Firenze, Roma e i Musei Vaticani. Ma soprattutto potremo "entrare" in Santa Sofia attraverso la suggestione delle immagini realizzate da Franco Pagetti, fotoreporter impegnato sul fronte mediorientale; e passeggare "virtualmente" per le vie dell'odierna Istanbul, immergendoci, attraverso le riprese di Massimo Coconi Santoni, nei colori del Bosforo. Nella speranza di poter un giorno calcare anche noi quelle pietre dal vivo, sostare anche noi sotto l'abbraccio di quell'immensa cupola. Alla luce della "madre di tutte le chiese".