Famiglia Cristiana n° 34 - agosto 2009

EMILIA GUARNIERI, PRESIDENTE E VOLONTARIA, SI RACCONTA

LA SIGNORA DEL MEETING

La grande manifestazione riminese festeggia quest'anno il suo rentesimo compleanno ricordando i volti di Giovanni Paolo II, di don Luigi Giussani e di tutti gli ospiti delle precedenti edizioni. E il titolo del Meeting 2009? Eccolo: "La conoscenza è sempre un avvenimento".

"Sono una dei 4 mila volontari che ogni anno preparano il Meeting di Rimini". Esordisce così Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione del Meeting per l'amicizia tra i popoli, quest'anno giunto al traguardo della sua trentesima edizione e che ha come titolo "La conoscenza è sempre un avvenimento" (dal 23 al 29 agosto, Rimini, Nuova Fiera).
- Presidente, com'è iniziata per lei l'avventura del Meeting?
"A 15 anni rimasi folgorata da una frase di don Giussani: "La cultura è Cristo". Mi affascinò in maniera totale e volevo capirne il significato".
- E come è nata concretamente questa manifestazione?
"Intorno a una pizza, tra un gruppo di amici spinti dal desiderio di essere una presenza nella società e dal gusto di incontrare le persone per paragonare la fede con tutta la realtà. Senza molti passaggi è venuta subito fuori la sfida: perché non facciamo nascere a Rimini il Meeting per l'amicizia tra i popoli? Erano anni in cui si parlava di dialogo, di consenso e dissenso, di censura delle identità e di omologazione. La parola "amicizia" ci è sembrata subito di rottura, l'intuizione di una diversità possibile e nello stesso tempo di una possibile unità tra i popoli fondata sulla certezza che l'esperienza cristiana, così come l'avevamo incontrata attraverso il carisma di don Giussani, potesse avere questa energia ecumenica. Non sapevamo come si sarebbe realizzato tutto ciò ma eravamo certi che in quello che vivevamo c'era già presente il Tutto".
- A partire da questa totalità di Cristo che abbraccia tutto, può spiegarci il titolo del Meeting 2009: "La conoscenza è sempre un avvenimento"?
"Si conosce solo ciò che si ama, dice sant'Agostino. La conoscenza è un atto di amore tra un soggetto che desidera conoscere e un oggetto che prima non c'era, totalmente imprevisto e al di fuori del proprio orizzonte: occorre il coraggio di rischiare questo rapporto. Non è una questione filosofica ma della dinamica umana fondamentale, quella che c'è tra il bambino e la realtà. Per imparare a camminare occorre desiderare, protendersi, fidarsi, non avere paura della fatica. E poi stupirsi. La conoscenza è come la scintilla iniziale dell'innamoramento, ma poi diventa rinoscimento della diversità dell'altro. Non è una questione sentimentale, ma di conoscenza. E la conoscenza è stata sempre la molla, il Dna, l'anima di ogni nuova edizione del Meeting".
- Anche quest'anno, nonostante la crisi economica, alla trentesima edizione del Meeting di Rimini non sono mancati i volontari...
"Anzi, nonostante si paghino vitto e alloggio, abbiamo avuto più volontari del previsto. è la dimostrazione che in questo difficile 2009 il Meeting testimonia la speranza di un popolo che non è stato vinto dalla crisi economica".
- Prevedete un maggiore afflusso di visitatori per l'occasione del trentennale, anche grazie alle presentazioni che avete fatto a Parigi, a Washington e in Brasile?
"Certamente. Mi preme sottolineare però che siamo andati a presentare il Meeting all'estero là dove siamo stati invitati. Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede, ci ha invitati a Parigi, all'Unesco, il tempio della cultura e dell'amicizia tra i popoli. E l'ex ambasciatrice americana presso la Santa Sede Mary Ann Glendon ha voluto lei stessa presentare il Meeting a Washington".
- E in Brasile?
"Un viaggio di 1.600 chilometri con tappa a Rio de Janeiro, San Paolo e Salvador de Bahia. A San Paolo, in particolare, l'incontro con i coniugi Zerbini, Cleuza e Marcos, due personaggi incredibili, da vent'anni responsabili del movimento Trabalhadores Sem Terra, persone che hanno dedicato la loro vita al bisogno dei più poveri e sono stati letteralmente folgorati dell'incontro con don Julián Carrón".
- Torniamo a lei e alla sua vita personale: volontaria o presidente?
"Volontaria da sempre, presidente dell'associazione Meeting da 17 anni, mentre per i primi 13 lo è stato mio marito. Mi considero una semplice volontaria perché mi occupo del Meeting nel tempo libero. Insegno in un liceo classico riminese e non rinuncerei mai al mio lavoro: per presentare il Meeting a Parigi, all'Unesco, ho usato il mio giorno libero. E non dimentico che sono moglie, madre e anche nonna di sei nipotini".
- Al Meeting quali sono stati per lei gli incontri più significativi in questi trent'anni?
"Quelli con Giovanni Paolo II e con Madre Teresa di Calcutta; poi con i rappresentanti della cultura ebraica e musulmana, con gli ortodossi e con i monaci buddhisti; e poi con tutti gli uomini di cultura, arte e scienza che ho conosciuto, sempre spinta dalla curiosità di lasciarmi stupire da loro. Quando diciamo che il Meeting è un avvenimento imprevedibile è vero, sappiamo chi abbiamo invitato, quest'anno per esempio Tony Blair o il cardinale Caffarra, ma non sappiamo cosa potrà accadere da questi incontri che non sono istituzionali ma fondati sull'amicizia".
- Possiamo dire che le mostre del Meeting rappresentano una forma nuova di cultura, quasi un'università popolare per il numero di persone che le visitano e poi per la loro diffusione?
"Ogni mostra è visitata in media ogni anno almeno da 7 mila persone ma certe mostre, come quella sui carcerati di Padova l'anno scorso, sono state visitate addirittura da 50 mila persone. Chiuso il Meeting, le mostre ci vengono poi domandate in affitto da centri culturali, Comuni, parrocchie e associazioni anche all'estero: una diffusione che non ci saremmo mai aspettati".
- Passiamo all'album dei ricordi. Per esempio quello della visita di Giovanni Paolo II del 1982: cosa la colpì?
"L'abbraccio fisico e lo sguardo con cui il Papa ci comunicava tutta la sua simpatia: pensi che prima di parlare in auditorium ha voluto visitare tutti gli stand, incontrare le persone alle mostre, immergersi nell'esperienza del Meeting che egli definì "una cultura di frontiera"".
- E quando venne don Giussani?
"Nel 1983 parlò a Rimini sul tema "La libertà di Dio", nel 1985 su "Dio ha bisogno degli uomini", occasione in cui disse la famosa frase: "Vi auguro di non stare mai tranquilli". Poi venne altre due volte: una con il presidente Scalfaro e un'ultima volta per celebrare la Messa per i volontari. Don Giussani era sempre teso a comunicare una passione per le cose e questa tensione, paradossalmente, trasmetteva a chi gli stava vicino una pace e una tenerezza indicibili".
- Perché dopo trent'anni Emilia Guarnieri fa ancora il Meeting?
"Per capire sempre di più cosa significa che la realtà è Cristo".
- Come sono nati i titoli che hanno segnato le passate edizioni?
"Sono nati sempre da un taglio sull'esperienza umana, non per indicare un'idea, ma per evidenziare un raggio che penetri l'esperienza umana che viviamo ogni giorno nella storia"
- Come scegliete gli spettacoli?
"Non come forma di intrattenimento ma come fattore integrante della proposta. La bellezza di un'opera nasce da chi la fa, dalla sua personalità. Abbiamo puntato su artisti-testimoni e grossi interpreti come José Carreras, Riccardo Muti, Franco Branciaroli, Marta Graham. Quest'anno la rappresentazione dell'opera teatrale Miguel Manara del poeta lituano Oscar V. Milosz dirà come l'amore sia sempre conoscenza e la conoscenza sempre amore: l'uomo mosso da desiderio di amore arriva a incontrare l'oggetto ultimo dell'amore".