Famiglia Cristiana n° 43 - ottobre 2006

MONS. THIMOTY VERDON CI RACCONTA ARTE E SANTITà

QUEI VOLTI SIAMO NOI

Dalle prime icone ai santi "belli e impossibili" di Raffaello e Michelangelo. Viaggio nel mondo dell'arte, alla scoperta dei modelli in cui può rispecchiarsi la nostra umanità.

Venti secoli di cristianesimo hanno dato attraverso l'arte un volto a Cristo e ai suoi santi. Allo storico dell'arte monsignor Timothy Verdon, di cui è appena uscito L'arte cristiana in Italia (II vol, Rinascimento, ed. San Paolo) abbiamo chiesto come nasce il culto dei santi nell'arte.
- Che rapporto c'è tra l'arte e la santità?
"Nel cristianesimo, fondato su Cristo, immagine del Dio invisibile (Colossesi 1, 15), si realizza l'anelito dello spirito umano di vedere incarnata in una persona le verità di fede in cui si crede. In Cristo noi vediamo il volto di Dio: "Chi ha visto me ha visto il Padre". Come noi vediamo Dio in Cristo, così possiamo vedere Cristo in coloro che si sono lasciati conformare a Lui: i santi".
- Come nasce la devozione alle immagini dei santi nei fedeli?
"Sin dai primi secoli i cristiani desideravano avere davanti agli occhi l'immagine di Cristo e dei suoi santi. Nei Musei vaticani troviamo immagini di santi dipinte nei fondi di bicchiere. Un uso che viene dal mondo pagano dove il pasto era sacro e anche la cura degli oggetti significava una comunione fraterna. Gli ateniesi, come racconta Platone, facevano dipingere nei fondi dei bicchieri l'immagine della persona amata. Anche nei recipienti usati dai primi cristiani troviamo immagini di santi, che spesso venivano poi ritagliate e applicate al loculo di sepoltura delle catacombe".
- è il desiderio di mettere il defunto sotto la protezione di un santo?
"Sì, alla domanda "chi sono io" l'arte risponde: qualcuno che si rispecchia in un volto, che a sua volta si rispecchia in quello di Cristo. E il santo è una persona che si è lasciata configurare a Cristo".
- Come si è evoluta nella storia dell'arte e degli stili l'immagine della santità?
"Bisogna distinguere tra cristianità orientale e occidentale. In oriente, Cristo e il santo sono rappresentati unicamente nella loro condizione gloriosa, quindi nella fissità delle icone. La Chiesa latina d'occidente, invece, non si riconosce in un unico stile artistico ma, piuttosto, ha accolto quelli dei vari periodi storici in cui si è trovata a vivere. L'evoluzione dell'iconografia occidentale dei santi corrisponde così alle varie epoche e sensibilità. Nella cristianità primitiva troviamo figure anonime e ieratiche. Con l'evolversi della nuova spiritualità di san Bernardo di Chiaravalle, di san Francesco d'Assisi e degli ordini mendicanti, il santo torna a essere un uomo che pienamente soffre e gioisce. Nel rinascimento, poi, con la riscoperta dell'antichità, il santo comincia ad abitare un corpo "classicamente" perfetto, inserito in uno spazio prospettico credibile che vuole essere l'estensione del nostro spazio fisico verso la dimensione dell'eternità. Nel rinascimento l'occidente ha così sposato nell'iconografia dei santi realismo e idealità".
- Cosa succede poi nell'età moderna?
"Il passo successivo è una sorta di aberrante esagerazione: santi "impossibilmente belli" in Raffaello, santi "impossibilmente eroici" in Michelangelo. Nell'arte barocca, poi, questa "impossibilità" diventa il linguaggio universale dell'arte: non c'è chiesa in cui l'intero soffitto non sia occupato da uno stuolo di questi personaggi aerei e non più credibili perché, appunto, "troppo" belli, "troppo" grandi, "troppo" muscolosi, "troppo" ideali e idealizzati. Non più credibili così come alla fine del medioevo rischiavano di diventarlo i santi gotici, che sembravano appena usciti ad una fiaba".
- E nell'Ottocento cosa succede?
"Come l'arte della fine del medioevo è stata salvata dal realismo del rinascimento, così il barocco è stato salvato dal nuovo realismo dell'Ottocento, che può anche non piacere oggi, ma aderisce ai nuovi modelli di santità delle congregazioni e all'impegno dei santi nel sociale: un realismo che rappresenta comunque lo sforzo di tornare a una visione di santità più concreta e quotidiana".
- E oggi cosa accade?
"Non si sono nuove tendenze: preferiamo l'immagine paleocristiana o quella iconica, perché in una cultura così profondamente secolarizzata ci è diventato difficile cogliere l'equilibrio tra idealismo e realismo, tra il meraviglioso del barocco e il sentimentalismo un po' zuccheroso dell'Ottocento. Come la nostra società ha difficoltà a concepire l'essere umano in termini spirituali, così l'arte riesce tuttalpiù a sottolineare le dimensioni psicologica, sociologica, politica. Bisogna riprendere familiarità con l'arte passata, non per imitarla ma per ripartire da lì verso il nuovo".