Famiglia Cristiana n° 43 - ottobre 2006

UN CONTRIBUTO DI MONSIGNOR CAMISASCA PER IL CONVEGNO

"LASCIAMOCI INONDARE DALLA SPERANZA DI DIO"

Da Verona, dice, "mi aspetto meno lamentele sul presente e più ascolto dei segni di futuro del popolo cristiano".

Come contributo al Convegno di Verona monsignor Massimo Camisasca, docente di filosofia e fondatore della Fraternità sacerdotale dei missioni di san Carlo Borromeo, ha pubblicato un piccolo ma densissimo libro Riflessioni sulla speranza (Marietti) sintesi di alcune sue lezioni. Si tratta di un vero e proprio itinerario su uno tra i temi più urgenti e drammatici di un'epoca come la nostra dove delusione e disperazione, se non la violenza, sembrano prevale negli animi. Questo testo è un invito esplicito e fraterno a non aver paura dell'imprevisto, perché in ciò che non possiamo umanamente calcolare c'è il Mistero, la presenza di Dio che discende fino a noi. Anche se, come scrive don Camisasca, "il popolo è sempre tentato di poggiare il proprio cuore su ciò che ha tra le mani". Nella seconda parte la speranza è indicata come un seme che può crescere solo attraverso la preghiera, che san Tommaso definisce "la lingua della speranza". Nella terza parte viene indicata la possibilità del compimento pieno della vita attraverso la "purificazione della memoria" che trasforma "la delusione in cammino, la paura in timore di Dio". Guarendoci dai mali del nostro tempo che si oppongono alla speranza: violenze e sopraffazioni da un lato; stanchezza, delusione, lamentele e recriminazioni dall'altro.
- Mons. Camisasca, cosa si aspetta dal convegno ecclesiale di Verona?
"Mi aspetto che ci siano poche lamentele sul presente, che non si esageri nell'analisi, sperando troppo da essa, ma che ci si metta sulla lunghezza d'onda giusta, ascoltando i segni di speranza che la fede del popolo cristiano genera sempre nella storia.
- Cos'è per lei la speranza?
"L'esperienza della speranza mi ha molto segnato in questi ultimi anni: si è rivelata un'assoluta necessità per la mia vita e per quella delle persone che incontro. Ho capito per esperienza che la speranza è possibile. La speranza è il dono più grande che Dio concede alla vita dell'uomo".
- Cosa significa "sperare"?
"Significa entrare nel punto di vista con cui Dio guarda le cose e il mondo. I nostri giudizi infatti spesso ci allontanano dalla verità e quindi dalla speranza perché traggono origine da categorie estranee a Dio. La speranza non è l'eliminazione della difficoltà ma l'esperienza della letizia dentro di essa, come diceva san Francesco: la sua "perfetta letizia" è un'esemplificazione fulgida di che cosa significa sperare.
- A un certo punto delle sue riflessioni lei scrive che la speranza si impara da qualcuno che è più avanti di noi e che, cito testualmente, "ha già la faccia inondata di luce". Ci può fare qualche esempio?
Voglio citare tre espressioni di maestri del nostro tempo. L'attuale Papa, partecipando tanti anni fa come cardinale a un corso di esercizi spirituali disse: "Dio resta buono, di una bontà indistruttibile: precisamente nello spazio del dolore e dell'afflizione Dio è particolarmente vicino. Il dolore dell'uomo provoca il suo discendere". Poi un'espressione di don Giussani - "La speranza è una certezza nel futuro in forza di una realtà presente" - che io commento così: la speranza è l'esplosione della fioritura del presente, è l'invasione del germe della fede in tutta la nostra vita come vera e propria mentalità nuova. Infine Papa Woityla che, partecipando da arcivescovo di Cracovia al funerale di una persona amica morta giovane, ebbe a dire: "Ci ha lasciati nel punto giusto della sua vita, perché Dio è buono".