Famiglia Cristiana n° 45 - novembre 2005

LA FACCIATA DEL DUOMO DI ORVIETO è UNA PORTA APERTA SUL MISTERO DELL'EUCARESTIA

IL POPOLO IL SANGUE LA CATTEDRALE

Visita guidata a una delle più belle chiese d'italia, che i recenti restauri hanno restituito al suo primitivo splendore.

Il cristianesimo è storia e le sue cattedrali ci raccontano, come le pagine di un immenso libro, storie antiche e nuove scolpite nel candore del marmo,oppure dipinte nei colori di affreschi e vetrate. Le cattedrali sono un grande organismo vivente che continuamente rinasce e si rinnova nei secoli grazie all'attività delle Fabbriche. Entrare nel Duomo di Orvieto, uno dei gioielli architettonici d'Italia, di cui si è da poco completato il restauro (nel 1995 la grande abside, nel dicembre scorso la facciata), è come entrare in un enorme trittico tridimensionale dove ci sentiamo come nani sulle spalle di giganti: da qui vediamo con più nitidezza le realtà più belle della nostra fede. La visita al Duomo di Orvieto è infatti un vero e proprio percorso teologico che, attraverso le immagini, ci fa fare esperienza del mistero stesso di Dio, di cui l'Eucaristia è il cuore vivo e pulsante.

Venticinque macchie di sangue
Nel cuore del Duomo di Orvieto, infatti, nell'ultima cappella a sinistra prima dell'altare, in uno splendido e prezioso reliquiario in smalto e oro a forma di trittico (che richiama la facciata) è conservato, ben visibile attraverso un vetro, il Corporale che si macchiò di sangue a Bolsena, nel 1263, durante la messa celebrata dal prete boemo Pietro di Praga. In un'epoca in cui i movimenti ereticali mettevano in dubbio la presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nell'Eucaristia, quel sacerdote chiese un segno a sostegno della sua incredulità. La sua "domanda" (come quella dell'apostolo Tommaso) fu provvidenziale: l'ostia che stava consacrando sprizzò sangue sul lenzuolino liturgico di lino, formando quelle 25 macchie che ancora oggi vediamo sulla stoffa.
Il Corporale fu portato solennemente in processione da Bolsena a Papa Urbano IV (che a quel tempo risiedeva proprio a Orvieto) e fu collocato nell'antica cattedrale di Santa Maria Prisca. L'anno seguente il pontefice istituì la solenne festività del Corpus Domini.
La costruzione della nuova cattedrale iniziò nel 1290 e l'architetto senese Lorenzo Maitani ne progettò nel 1308 la facciata in forme gotiche. Risale al 1350 la cappella del Sacramento che, come uno scrigno, circonda il prezioso reliquiario. Sulle sue pareti gli affreschi di Ugolino di Prete Ilario raccontano, come in un grande giornale murale, la cronaca dei fatti strani e meravigliosi avvenuti intorno all'Eucaristia; per convincere il popolo - attraverso l'evidenza delle immagini - sulla verità della transustanziazione. Ecco allora la storia del pescatore che nasconde l'ostia in bocca a un pesce e poi, sopraffatto dal rimorso, dopo tre anni lo ritrova vivo e può restituire la particola al sacerdote. Ecco la conversione di massa dell'esercito saraceno che libera i cristiani condannati a morte dopo aver visto la bianca ostia trasformarsi, tra le mani del sacerdote, in un piccolo bambino vivo. Ecco il miracolo della donna che, per sfida, frigge l'ostia in una padella d'olio bollente: la particola sanguina e la donna confessa il proprio errore.
Gli esempi sono numerosi e coinvolgono anche personalità note del tempo, come Ugo di san Vittore. La cappella rappresenta un'inedita e curiosa raccolta di storie eucaristiche, corredate da lunghe didascalie esplicative dipinte sul muro.

Le terribili visioni del Signorelli
Dalla parte opposta, la cappella san Brizio, costruita nella prima metà del Quattrocento, è un gioiello di arte rinascimentale. Grazie al restauro le volte ci restituiscono le visioni celesti del Beato Angelico; mentre le pareti ci trascinano nelle modernissime, inquietanti storie dell'Anticristo e del Giudizio dipinte da Luca Signorelli, che sembrano appena uscite dalla fantasia di un artista contemporaneo. Un brivido ci prende davanti a quegli scheletri che riprendono vita, a quei demoni nudi e inquietanti, dalle carni sorprendentemente variopinte di verde, arancio e viola. Nei riquadri sottostanti, i ritratti dei grandi poeti dell'antichità scesi nell'Ade, da Ovidio a Virgilio e Dante Alighieri, che influenzò gli affreschi del Signorelli; affreschi cui tra l'altro guardò Michelangelo per il suo Giudizio della Sistina.
Dopo aver ammirato l'abside, con il grande ciclo di affreschi e le bellissime vetrate, torniamo alla facciata tripartita del Duomo che - come un immenso trittico piovuto dal cielo, o un velo prezioso - s'inserisce tra le case degli uomini e il tempio di Dio. Il suo schema geometrico (fondato sul tre e sul quattro) guida il nostro occhio alla meditazione: bisogna partire dai quattro bassorilievi che fiancheggiano i tre portali, i cui archi fortemente strombati sono coronati da tre ghimberghe triangolari a mosaico. Tre triangoli si ripetono nelle cuspidi che coronano la facciata, di cui la centrale con l'Incoronazione della Vergine.
I quattro pilastri sormontati da pinnacoli gotici salgono come fiamme di candelabro verso il cielo, mentre lo sguardo trova il punto perfetto dell'equilibrio nel quadrato al centro, che contiene il rosone, letteralmente "ruotante" come un motore che produce luce, corrente, energia. Al centro del rosone una doppia testa scolpita di Cristo guarda contemporanemente fuori e dentro: è lui il centro e il senso, il seme nascosto nella cattedrale, il suo mistico segreto.