Famiglia Cristiana n° 45 - novembre 2008

DOPO I RESTAURI RISPLENDONO GLI AFFRESCHI DEL CAMPI

LA SISTINA DI CREMONA

Leggere e confrontare le immagini dell'Antico e del Nuovo Testamento sulle pareti della chiesa dove si invoca Santa Rita.

Basta chiedere "dov'è Santa Rita?" e chiunque, per le strade di Cremona, sa indicare il percorso per raggiungere, in via Trecchi, al numero 11 (dietro il palazzo dei nobili De Trechis), quella che in realtà è l'antica chiesa dedicata alle sante Margherita e Pelagia, meta del nostro pellegrinaggio artistico. Siamo qui per ammirare gli affreschi appena restaurati del pittore cremonese Giulio Campi: uno splendido ciclo iconografico che avvolge le pareti, la cupola e l'abside di questo elegante edificio cinquecentesco, che si apre, con due semplici gradini in pietra, sull'acciottolato di una tranquilla via della città.
Il restauro degli affreschi di Giulio Campi (da non perdere altri suoi capolavori nella vicinissima chiesa di Sant'Agata) e dell'intero complesso architettonico è stato affidato al professor Gianluigi Colalucci, il "salvatore" della Sistina di Michelangelo. Come a Roma, anche qui a Cremona è la stessa emozione: dopo nove anni di interventi (sponsorizzati dalla Fondazione Arvedi Bruschini), gli affreschi e l'intero edifico "rivivono". Si rimane increduli confrontando i sei grandi affreschi con episodi evangelici delle pareti laterali con le foto che ne documentavano lo stato di degrado, dovuto all'umidità e a impropri interventi di restauro, tra cui un tentativo maldestro di "strappo".
Siamo qui per l'arte, dicevamo, ma non possiamo fare a meno di lasciarci coinvolgere anche dal clima spirituale di questo luogo, dedicato al culto della "santa delle rose": Rita, originaria di Cascia, ma che qui a Cremona ha trovato uno dei suoi centri di devozione, grazie a don Pietro Bonometti, rettore della chiesa e apprezzato studioso d'arte.
Così, mentre si accendono i riflettori sugli affreschi del Campi, che ritornano a brillare nei colori originali, la gente si inginocchia, chiede una grazia, accende un lumino. Racconta don Pietro, che l'ultimo cuoricino in argento "per grazia ricevuta" gli è stato portato la settimana scorsa ed è appeso in sacrestia, insieme a decine e decine di altri ex voto.
Alziamo gli occhi e ci rendiamo conto di essere davvero in una Cappella Sistina in miniatura. Il paragone non è poi così azzardato, se si pensa che il programma iconografico di questa chiesa, realizzato dal pittore Giulio Campi a metà del '500, fu ideato dal cremonese Marco Girolamo Vida, vescovo umanista e amico del grande letterato e cardinale Pietro Bembo. Vida, detto "il Virgilio cristiano", ebbe modo a Roma di ammirare gli affreschi della Sistina, prima di dettare a Giulio Campi le direttive per affrescare la chiesa delle Sante Margherita e Pelagia, da lui stesso fatta costruire in quegli anni (1547).

La storia della salvezza

Direttive che si ispiravano al poema su Cristo - la Cristiade - composto dallo stesso Vida, per volere di papa Leone X (l'opera latina in sei volumi fu stampata qui a Cremona). L'edificio diventò così luogo di una vera e propria catechesi per immagini, voluta dalla Chiesa (siamo negli anni del dopo-concilio di Trento) proprio in una città come Cremona, insidiata dall'eresia luterana.
Oggi, all'alba del terzo millennio, don Pietro si ritrova tra le mani un altrettanto efficace strumento di evangelizzazione (per le visite: 0372/41.12.63 ore pasti, 0372/46.22.85 ore pomeridiane).
Nella lettura degli affreschi si parte da un commovente Dio Padre creatore circondato da angeli, che domina la luminosa cupola. Dal suo gesto trae origine la storia della salvezza, che passa attraverso i sei episodi dell'Antico Testamento narrati sulle volte, per giungere all'Annunciazione sulla controfacciata. Seguendo lungo le pareti laterali i sei episodi evangelici, si ritorna all'altare, sopra cui campeggia, nell'arco trionfale, una maestosa, solitaria Crocifissione. Da qui si ripercorre di nuovo la chiesa fino all'immagine della Risurrezione sopra il portone d'ingresso.
In questi affreschi, le "concordanze" tra le immagini dell'Antico e del Nuovo Testamento sono affascinanti. Davide che taglia la testa a Golia e Giona che esce dalla bocca del grosso pesce sono profezie di Cristo che taglia la testa alla morte e che esce vivo dal sepolcro. Gli episodi del serpente di bronzo innalzato nel deserto e di Giuseppe che sfugge alle insidie amorose della moglie di Putifarre (lasciandole il mantello), rimandano a Cristo innalzato sulla croce che sfugge alla morte, lasciandole il "manto" del suo corpo. L'acqua sgorgata nel deserto rimanda a Gesù tra i dottori del Tempio, che disseta l'umanità con l'acqua della sua Sapienza. L'episodio della manna e di Lazzaro risuscitato anticipano la risurrezione di Cristo nel suo corpo glorioso, vero cibo per la nostra insaziabile fame.