Famiglia Cristiana n° 47 - novembre 2005

DON CARRON CI RACCONTA IL METODO DEL SUO MAESTRO

L'EDUCAZIONE SECONDO GIUSSANI

Con l'uscita dell'edizione italiana del "Rischio educativo", il libro più originale scritto dal fondatore di CL, il suo successore lancia un appello sull'emergenza-educazione.

Articolo pubblicato anche nel sito ufficiale di Comunione e Liberazione.

Incontriamo don Julian Carron, 55 anni, docente di teologia all'Università di Madrid, che ha vissuto accanto a don Giussani gli ultimi mesi della sua lunga malattia e che gli è succeduto nel marzo scorso alla guida di Comunione e Liberazione. Don Carron, che attualmente vive a Milano e insegna Introduzione alla teologia all'Università Cattolica (la cattedra che fu di Giussani) quest'estate è stato ricevuto dal papa in occasione del Meeting di Rimini. Inoltre per la stima che il Papa ha dimostrato verso il carisma di don Giussani Carron è stato invitato al Sinodo dei vescovi sull'Eucarestia.
Al successore di mons. Luigi Giussani abbiamo posto alcune domande sull'educazione, in occasione dell'uscita del libro Il rischio educativo (Rizzoli), breve e intenso testo di don Giussani in cui emergere tutta l'originalità del suo metodo educativo, che ha saputo risvegliare in moltissimi giovani e adulti il gusto di vivere la fede.
- Don Carron, come ha vissuto quest'anno così intenso?
"E stato davvero un anno decisivo, straordinario: sono successi fatti come la morte di don Giussani e di papa Woityla e l'elezione di Benedetto XVI che ci hanno segnato profondamente".
- Come vive le sue giornate il successore di don Giussani?
"Dedico la mattina allo studio e alla preparazione degli incontri, il pomeriggio ricevo le persone o sono in Cattolica dove insegno, seguo gli studenti, partecipo alla vita del movimento".
- Nel suo recente intervento al Sinodo dei vescovi lei ha detto che la Chiesa, attraverso l'eucarestia, incide nella storia perché suscita ed educa persone che si sono lasciate coinvolgere nella novità della vita di Cristo. Si può dire che l'uomo moderno e la nostra società hanno ancora bisogno di un'educazione che dia senso alla vita?
"Le persone oggi sono alla ricerca di chiarezza e positività perché la vita non diventi una trappola e le circostanze insopportabili. L'uomo moderno ha bisogno di qualcuno che lo introduca in modo ragionevole e positivo alla realtà. La vita si può a mala pena sopportare, oppure si può trovare qualcosa o qualcuno di più grande che ci aiuti a non esserne travolti. Questa domanda, questo desiderio oggi, nonostante tutte le risposte che abbiamo a disposizione, normalmente non trova soddisfazione".
- Al Sinodo lei ha anche sottolineato come nella vostra esperienza l'Eucarestia abbia realmente dato frutti di umanità nuova, per esempio nei luoghi di missione come le favelas del Brasile, i giovani del Kazachistan o i malati di Aids in Uganda. Che rapporto c'è tra queste opere di carità e un testo come Il rischio educativo che ha fatto il giro del mondo e che l'anno prossimo sarà tradotto anche in russo ?
"Siamo stupiti di fronte al fatto che il metodo educativo di don Giussani possa essere utile in situazione concrete così diverse tra loro. Forse è perché questo metodo si rivolge al cuore e risponde al vero bisogno dell'uomo. Stupisce vedere come gli studenti del Kazakistan, pur essendo musulmani, hanno sentito il bisogno di approfondire questa impostazione. Ma la cosa veramente affascinante è che don Giussani - come lui stesso ha sempre affermato - non ha mai voluto creare un movimento ma semplicemente presentare la propria esperienza personale del dramma umano, così come si può trovare anche in un poeta da lui amatissimo come Giacomo Leopardi, in cui vibrano le stesse esigenze. Io sono appena tornato da un viaggio a Salvador de Bahia dove ho visto come questo metodo in azione abbia coinvolto le persone (persino la Banca mondiale!) in modo tale da compiere il desiderio di tutti, coinvolgendo il soggetto nella propria liberazione! "
- Don Giussani ha sempre sottolineato che la fede è un'esperienza, un incontro con un avvenimento. Nel Rischio educativo scrive parole forti: "un Dio che non c'entra con quello che ora, oggi, io sperimento non c'entra in nessun modo, non c'è, è un Dio che non c'è". Come si può educare a una fede così?
"E' la cosa più facile del mondo, così come è facile l'esperienza dell'amore: uno resta stupito di fronte al bene che l'altro è per lui! Se di fronte alla bellezza e alla positività dell'incontro con una persona non ci si sottrae - ma si cede a questa attrattiva vincente - si sperimenta la fede come avvenimento, come qualcosa che accade. Io dico che questa è la cosa che convince di più, un po' come la storicità dei vangeli: quello che gli evangelisti raccontano non potevano immaginarselo prima perché era impensabile. Io resto stupito tutti i giorni per il modo con cui i nostri amici affrontano in modo diverso il lavoro, la famiglia, la malattia, una vacanza insieme e come desiderano condividere con tutti la bellezza di una vita così".
- Nel rapporto tra il maestro e il discepolo, il genitore e il figlio, l'insegnante e l'allievo come si salva la libertà?
"Siamo tutti dei poveracci, possiamo solo condividere con gli altri quello che a noi serve per vivere: se qualcuno trova nell'altro qualcosa che gli serve per vivere meglio lo prenda! Questa è l'educazione. L'unica cosa che possiamo fare è offrire all'altro quello che a noi serve al mattino per alzarci di buon umore, per andare a lavorare con letizia, per affrontare questa o quella situazione: ti offro questo se ti può essere utile. L'indottrinamento è la parola più estranea a questo atteggiamento, a questa posizione. Quando uno riconosce che il rapporto con una persona così fa diventare la vita più umana allora uno riconosce in lui naturalmente un maestro, un padre, senza che per questo che l'altro abbia alcuna velleità di convincerlo. San Paolo al proposito ha un'espressione bellissima: "non vogliamo essere padroni della vostra fede ma collaboratori della vostra gioia"; e questa è la definizione più bella del rapporto maestro-discepolo. Diceva don Giussani: "guarda, provo a dirtelo oggi così ma se non riesco a rispondere alla tua domanda, amico, ritorna domani, fammela ancora in modo che io possa cercare di ridirtelo per aiutare il tuo cammino". Questo è il tentativo, tutto il resto è inutile: cercare di imporsi alla libertà dell'altro è inutile come quando compri delle scarpe e sbagli il numero: prima o poi devi cambiarle perché il piede non è a posto. Così l'altro alla tua imposizione educativa prima o poi si ribella".
- Qual è la difficoltà dell'uomo moderno di fronte al fatto religioso, in cosa siamo maggiormente condizionati rispetto al passato?
"La nostra maggiore difficoltà è l'estraneità che abbiamo al Mistero. Siamo stati educati nel razionalismo, usiamo la ragione in modo riduttivo. In un incontro con dei ragazzi ho letto un testo dal Fedone di Platone che conclude dicendo come, davanti al problema della vita, se non si trova una risposta soddisfacente si deve cercare di attraversare "il pelago" con una nave più solida e sicura: la rivelazione di un Dio. Per il grande filosofo dunque la ragione è apertura al Mistero, all'imprevisto. Chi non desidera attraversare la vita in modo sicuro? Oggi nel modo con cui parliamo dei nostri problemi questa apertura all'infinito, al desiderio che il mio cuore ha dell'infinito non c'è, addirittura è negata. Parliamo per un anno ai fidanzati del senso religioso ma, alla fine, essi non hanno capito la natura del loro amore, pensano di rendersi felici da soli, o che la riuscita della loro vita dipenda dal lavoro: mai dal desiderio del loro cuore, che è fatto per l'infinito e a cui può rispondere solo ciò che è più adeguato al cuore infinito dell'uomo. Noi moderni utilizziamo la ragione come misura di tutto il reale impedendo che la ragione ci introduca al Mistero, che riduciamo a un sentimento. Ma la vita senza Mistero è invivibile, ci soffoca e noi non respiriamo più.
- Perché l'educazione è un rischio?
Perché dipende dalla libertà dell'altro. Don Giussani per cinquant'anni ha scommesso tutto sulla libertà, ha corso sempre il rischio della libertà, che è il contrario di ogni tentativo di possesso o indottrinamento. Senza correre questo rischio e senza verifica personale non ci si appropria di ciò che si impara, l'esperienza non diventa nostra. Senza il rischio della verifica personale non c'è educazione. Gesù non ha perso neanche un minuto a fare della propaganda. Diceva: "Venite e vedete"! Corre questo rischio chi è cosciente di proporre una cosa vera: allora si sfida l'altro al paragone perché verità e bellezza non temono la sfida, il confronto e la verifica.

"SE CI FOSSE UNA EDUCAZIONE DEL POPOLO TUTTI STAREBBERO MEGLIO"

Questa frase con cui don Giussani commentò al TG2 i tragici fatti di Nassiriya del 2003 fa da il titolo all'appello internazionale proposto da CL e che raccoglie le firme di molti intellettuali e imprenditori.

L'Italia è attraversata da una grande emergenza. Non è innanzitutto quella politica e neppure quella economica - a cui tutti, dalla destra alla sinistra, legano la possibilità di "ripresa" del Paese -, ma qualcosa da cui dipendono anche la politica e l'economia. Si chiama "educazione". Riguarda ciascuno di noi, ad ogni età, perché attraverso l'educazione si costruisce la persona, e quindi la società.
Non è solo un problema di istruzione o di avviamento al lavoro. Sta accadendo una cosa che non era mai accaduta prima: è in crisi la capacità di una generazione di adulti di educare i propri figli.
Per anni dai nuovi pulpiti - scuole e università, giornali e televisioni - si è predicato che la libertà è assenza di legami e di storia, che si può diventare grandi senza appartenere a niente e a nessuno, seguendo semplicemente il proprio gusto o piacere.
è diventato normale pensare che tutto è uguale, che nulla in fondo ha valore se non i soldi, il potere e la posizione sociale. Si vive come se la verità non esistesse, come se il desiderio di felicità di cui è fatto il cuore dell'uomo fosse destinato a rimanere senza risposta.
è stata negata la realtà, la speranza di un significato positivo della vita, e per questo rischia di crescere una generazione di ragazzi che si sentono orfani, senza padri e senza maestri, costretti a camminare come sulle sabbie mobili, bloccati di fronte alla vita, annoiati e a volte violenti, comunque in balia delle mode e del potere.
Ma la loro noia è figlia della nostra, la loro incertezza è figlia di una cultura che ha sistematicamente demolito le condizioni e i luoghi stessi dell'educazione: la famiglia, la scuola, la Chiesa.
Educare, cioè introdurre alla realtà e al suo significato, mettendo a frutto il patrimonio che viene dalla nostra tradizione culturale, è possibile e necessario, ed è una responsabilità di tutti.
Occorrono maestri, e ce ne sono, che consegnino questa tradizione alla libertà dei ragazzi, che li accompagnino in una verifica piena di ragioni, che insegnino loro a stimare ed amare se stessi e le cose.
Perché l'educazione comporta un rischio ed è sempre un rapporto tra due libertà. è la strada sintetizzata in un libro cruciale, nato dall'intelligenza e dall'esperienza educativa di don Luigi Giussani: Il rischio educativo.. Tutti parlano di capitale umano e di educazione, ci sembra fondamentale farlo a partire da una risposta concreta, praticata, possibile, viva.
Non è solo una questione di scuola o di addetti ai lavori: lanciamo un appello a tutti, a chiunque abbia a cuore il bene del nostro popolo. Ne va del nostro futuro.