Famiglia Cristiana n° 47 - novembre 2009

ARTE E FEDE

PER UNA NUOVA ALLEANZA

Secoli di dialogo ispirato e fecondo sembrano essersi oggi interrotti: perché? Monsignor Ravasi spiega lo spirito dell'invito di Benedetto XVI agli artisti.

Venti secoli di arte occidentale stanno a testimoniare come i più grandi artisti si siano ispirati al cristianesimo e al grande alfabeto luminoso della Bibbia, alla sua straordinaria ricchezza di immagini, racconti, metafore. Oggi, però, non è più così. Il dialogo arte-Chiesa si è interrotto e ci si potrebbe chiedere, parafrasando il grande poeta T.S. Eliot (1888-1965), se sia stata l'arte ad avere abbandonato la Chiesa; o se - viceversa - sia stata la Chiesa ad avere abbandonato il mondo della creatività.
A rilanciare per primo il dialogo tra Chiesa e arte è stato nel 1964 papa Paolo VI. La sua intuizione profetica venne ripresa da Giovanni Paolo II che, nel 1999, scrisse un'affascinante Lettera agli artisti. Oggi, a dieci anni di distanza, Benedetto XVI ha invitato i maggiori artisti contemporanei a incontrarsi con lui il 21 novembre nella splendida cornice della Cappella sistina. In attesa di questo importante evento, ne parliamo con il principale artefice, monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio per la cultura.
- Monsignor Ravasi, con quale spirito il santo Padre incontrerà gli uomini "della parola, del teatro, della musica e delle arti plastiche", come li definì Giovanni Paolo II nella sua Lettera agli artisti?
"Benedetto XVI è certo di due fatti. Da un lato è convinto che l'arte appartenga alla grande tradizione culturale classica, rappresentata proprio da quell'affresco del Giudizio universale di Michelangelo che sarà sotto gli occhi degli artisti durante l'incontro alla Sistina. In quell'affresco c'è un esempio altissimo di tradizione, formazione artistica ed esperienza di bellezza. Dall'altro lato il Papa sa quanto sia necessario capire la nuova grammatica degli artisti, il loro linguaggio che si esprime in forme che a noi possono anche sembrare sconcertanti".
- Resta però la domanda: perché l'arte contemporanea sembra spesso orientata a esprimere la bruttezza, la solitudine, lo sconforto e il degrado?
"A partire dalla seconda metà del secolo scorso l'arte ha assunto un atteggiamento provocatorio e distruttivo; così facendo, ha cancellato però tanti segni e valori della cultura precedente, quasi volesse raggiungere una sorta di punto zero da cui ripartire. In questi anni abbiamo assistito a forme d'arte che si risolvevano in sperimentazioni fini a sé stesse, elaborazioni complesse e sofisticate, eventi transitori come le performance".
- Gli artisti contemporanei si sono resi conto di essere in un vicolo cieco?
"Uno dei più grandi artisti d'oggi, Bill Viola, che sarà presente, sottolineava come l'arte contemporanea cerchi di esorcizzare due elementi di cui ha paura: la bellezza e il contenuto. La bellezza viene sostituita con la materialità, la matericità e persino la bruttezza. Il messaggio viene rifiutato, per evitare che possa strumentalizzare la libertà dell'arte. Ma, alla fine è l'arte stessa a ritrovarsi vuota di senso. Non si può vivere di sole provocazioni. Lo stesso Bill Viola, nella sua video art, propone i grandi simboli della vita e della morte: l'acqua, il fuoco e la luce".
- Qual è il rapporto fra arte e fede, fra la bellezza e il senso della vita?
"In ogni forma d'arte c'è una tensione verso l'eterno, il mistero, l'infinito. L'artista spagnolo Joan Mirò ha detto: "L'arte non rappresenta il visibile ma l'invisibile che è nel visibile". Anche la letteratura e la poesia cercano di comprimere, nello stampo freddo delle parole, un'emozione trascendente sui temi ultimi, come l'amore e la vita, il male e la morte".
- A proposito di stili, perché è necessario aprirsi ai nuovi linguaggi?
"Il motivo è semplice: se nelle chiese gli uomini d'oggi si aprono al Mistero, lo incontrano attraverso il loro linguaggio. è sempre stato così. Pensiamo al genio di Pierluigi da Palestrina che nel '500, con la musica polifonica, introdusse un elemento nuovo, sconcertante e spettacolare rispetto alla semplicità del canto gregoriano; oppure pensiamo all'arte barocca a confronto con la linearità dell'arte rinascimentale. Vogliamo dire che tutto ciò è brutto? è quindi naturale che l'arte figurativa contemporanea sperimenti nuovi linguaggi".
- Un'icona antica o una tela del '500 hanno un fascino maggiore nelle chiese d'oggi rispetto a certe mediocri opere che vorrebbero sembrare moderne...
"Paradossalmente un'opera nobile che appartiene allo stile antico si sposa con l'architettura d'oggi meglio di opere moderne, ma brutte; un'icona o una tela rinascimentale conservata in parrocchia, se collocata nella giusta posizione e ben illuminata, può valorizzare l'architettura, e viceversa; non dobbiamo eliminare il passato, ma intrecciare nuovo e antico".
- Nel campo dell'arredo liturgico, qual è la situazione?
"Il problema è che architetto e artista non dialogano tra loro. L'architettura religiosa contemporanea ha fatto grandi passi, ma poi l'architetto lascia tutto in mano al parroco, così che spesso l'arredo liturgico è squinternato, stridente, sconclusionato".
- Il cinema ha dato risultati positivi nel rapporto tra arte, fede e mistero?
"Il cinema del Novecento ha raggiunto vette di alta meditazione religiosa. Basti pensare a registi come Bresson, Dreyer, Bergman, Pasolini, Tarkovskij e Kieslowski. Ma anche nei registi odierni ci sono segnali positivi".
- E i grandi romanzieri cattolici?
"Non vedo luci sull'orizzonte. Se il secolo scorso ci ha dato Bernanos, Mauriac, Peguy, Green, Antoine de Saint-Exupéry e Camus, oggi escono romanzi che durano una stagione. Spero che da questo incontro esca qualcosa di buono".
- Che possibilità offre Internet come nuovo mezzo di evangelizzazione?
"Lo diceva uno scrittore americano: "Si chiudono le porte e spuntano le parabole sui tetti". Internet rappresenta un linguaggio che nasce dalla solitudine e dall'artificiosità e può portare a rinchiudersi in sé stessi. Dall'altro lato, la Rete rappresenta una delle grandi strade in cui tutto il mondo si incontra e si rivela, anche nei suoi aspetti più remoti e tragici. La Chiesa deve essere presente là dove si incontrano gli uomini".