Famiglia Cristiana n° 49 - dicembre 2004

APOCALISSE IL LIBRO DELLA SPERANZA

Intervista a Gianfranco Ravasi che ci rivela i segreti del testo più visionario e inquietante della Bibbia, in realtà un grande inno di fiducia nel Dio che salva. E per gli artisti una fonte inesauribile di ispirazione.

- Monsignor Ravasi, in un libro così visionario e denso di simboli come l'Apocalisse, qual è il rapporto che nasce tra il testo e le illustrazioni?
"Possiamo dire che si stabiliscono come tre ponti, tre collegamenti spontanei tra l'artista e il testo sacro. Il primo tratto è quello dell'eccitazione simbolica: le immagini sono talmente veementi, fosforescenti e creative che stimolano spontaneamente nell'artista quasi un eccesso di rappresentazione. Si pensi, per esempio, a certi affreschi medievali del Giudizio universale in cui il Drago, con le fauci spalancate, inghiotte una fiumana sterminata di esseri umani. Il secondo ponte è determinato dal fatto che ogni pagina dell'Apocalisse è già pronta per essere tradotta in immagini: nel testo è già tutto previsto, persino i colori…".
- Potremmo dire che l'Apocalisse è un vero e proprio manuale di pittura..
"Sì, proprio così; anzi, un esegeta ha addirittura definito l'Apocalisse: "un grande repertorio figurativo e spontaneo per gli artisti". Esiste poi un terzo ponte di congiunzione tra testo e immagine, più difficile da scoprire: nel racconto simbolico e nella sua rappresentazione figurativa esistono riferimenti precisi con la storia. L'immagine della Gerusalemme celeste, per esempio, descritta al capitolo 21, viene rappresentata dagli artisti come una città toscana medievale a forma di rombo che diventa poi un ellisse, suggerendo la forma protettiva del grembo materno. Questa trascrizione in immagini concrete, storiche, riecheggia anche nella rappresentazione delle persone e persino degli animali mostruosi che popolano il racconto e che rimandano a vicende particolari dell'epoca, come l'incombere del potente Impero romano".
- Se idealmente immaginiamo le visioni dell'Apocalisse racchiuse in un'unica enorme vetrata che le collega tutte tra loro, come da questa complessa visione chiaroscurale può filtrare la luce della speranza?
"L'immagine della vetrata è molto bella e fortemente evocativa: il poeta francese Paul Claudel, infatti, l'ha usata proprio in un suo commento all'Apocalisse di san Giovanni. Bisogna sfatare un equivoco: l'Apocalisse non è solo un testo profetico sulle realtà ultime. è il linguaggio usato da Giovanni a essere apocalittico: annuncia una conflagrazione totale del mondo e il sorgere della Gerusalemme celeste, di cieli nuovi e terra nuova; ma questo linguaggio - molto comune all'epoca - non va confuso con il messaggio che l'evangelista lancia ai credenti. Giovannni si rivolge alle sette Chiese dell'Asia minore, perseguitate all'esterno e intiepidite al loro interno per mancanza di fede, con l'intento di scuoterle dal torpore. Alla Chiesa di Laodicea scrive così: "Non sei né calda né fredda, per questo ti vomiterò dalla mia bocca". Giovanni vuole lanciare un messagio non catastrofico ma di fiducia nella storia, nonostante il male sempre incombente, nonostante la presenza di Babilonia, identificata nell'Impero romano. Se le immagini sembrano preannunciare la catastrofe finale - l'Apocalisse è un libro di grande realismo (la forza della Bestia, la grande prostituta) -, al tempo stesso esse ci inducono a nutrire una grande speranza, che nasce dalla certezza che la storia ha un fine, è condotta da una mano sicura verso la redenzione, la felicità e la pienezza. Attendiamo Colui che è già venuto: "Vieni, Signore Gesù!" è il versetto che conclude l'ultimo capitolo. Attesa e certezza: è da questo impasto che nasce la speranza".
- Monsignor Ravasi, un'ultima domanda. Il terzo versetto del primo capitolo dell'Apocalisse inizia così: "Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia"...
"Anche qui la profezia non è ridotta a semplice previsione di quello che avverrà, quasi si trattasse di un oroscopo, ma piuttosto vuole essere l'interpretazione del presente. Io dico sempre che l'Apocalisse è stato erroneamente letto come il libro "della fine" del mondo, mentre in realtà è il libro del fine del mondo. Cioè del suo senso".