Luoghi dell'Infinito / Avvenire - giugno 2011

LOLO, IL GIORNALISTA VISSUTO DA SANTO

El río Guadalquivir va entre naranjos y olivo: "il fiume Guadalquivir va tra gli aranci e gli ulivi" cantava agli inizi del Novecento il poeta andaluso Federico Garcia Lorca. Lo scorre di questo fiume fa dell'Andalusia una terra di sogno, paradiso di acque, cieli, ulivi, arance e giardini che più di mille anni fa affascinò gli arabi che dal deserto del Marocco salirono per conquistarla. Il fiume Guadalquivir ("fiume grande", dall'arabo wadi al-Kabir) trascina verso l'Atlantico immagini di Cordoba, Siviglia e Granada: riflessi di antichi palazzi e torri arabe e cristiane, arcate di ponti romani, profili di città segnate dalla conquista (VIII) e dalla reconquista (XI-XV secolo). A questo filo azzurro s'intreccia il filo d'oro della santità: san Giovanni di Dio (1495-1550) che fondò a Granada l'ordine ospedaliero dei Fatebenfratelli; o di Miguel Mañara di Siviglia (1627-1679), nobile cavaliere convertito (protagonista del celebre dramma di Oscar V. Milosz) e che Giovanni Paolo II nel 1985 nominò Servo di Dio, primo passo verso la beatificazione.

Lungo il Guadalquivir anche la meno nota città mineraria di Linares nasconde un storia moderna di santità: quella del beato Lolo. Manuel Lozano Garrido (1920-1971), detto Lolo, è stato il primo giornalista laico ad essere beatificato. La sua testimonianza verrà riproposta alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid come esempio di santità e di fedeltà alla vocazione attraverso la sofferenza.

Nei difficili anni della guerra civile spagnola Lolo visse la sua fede e la sua umanità con coraggio, allegria e forte slancio missionario. Membro dell'Azione Cattolica, portava di nascosto la comunione ai carcerati ma era anche il primo a organizzare - con spirito andaluso - le serenate alle ragazze. A 22 anni però Lolo fu colpito da una malattia che lo portò progressivamente alla paralisi e - negli ultimi undici anni (morì a 51) - anche alla cecità. Nonostante le difficoltà non cessò mai la sua attività di periodista per la stampa cattolica spagnola. E quando non fu più in grado di scrivere dettava al magnetofono i suoi articoli che la sorella Lucia poi trascriveva. Benché segnato da sofferenze indicibili che non lo abbandonavano né giorno né notte (e che lasciavano stupiti i medici, meravigliati di tanta pazienza e sopportazione) Lolo pubblicò circa 300 articoli e 11 libri che gli valsero numerosi riconoscimenti e premi letterari nazionali. Si occupò anche di questioni sociali come le condizioni dei lavoratori nelle miniere di Linares (da visitare il museo delle miniere). Dal suo "Decalogo del giornalista" leggiamo: "Quando scrivi lo devi fare in ginocchio per amare, seduto per giudicare, eretto e potente per combattere e seminare". E ancora: "Tagliati la mano che va a macchiare, perché gli spruzzi nei cervelli sono come le loro ferite: non possono essere curati mai". (La gioia vissuta. Manuel Lozano Garrido "Lolo". Edizioni san Paolo, euro 14).

Devotissimo all'Eucarestia (durante la guerra civile nascondeva le ostie consacrate nei contenitori per medicinali) e al culto mariano, compì vari pellegrinaggi, dalla Madonna del Pilar (Saragozza) a Lourdes. Nonostante l'immobilità, Lolo intrattenne un numero incredibile di contatti epistolari, fondando l'opera apostolica "Sinai" che offriva preghiere e sofferenze per i giornalisti impegnati nella buona stampa.
Quattro mesi dopo la morte, per sua intercessione avvenne il miracolo - el milagro: un bambino di due anni uscì indenne da un intervento chirurgico giudicato impossibile. Lolo fu beatificato a Linares lo scorso 12 giugno 2010 e oggi le sue ossa riposano in una teca nella parrocchia di Santa Maria, davanti alla casa dove ha vissuto, scritto, sofferto e pregato. Dalla parte opposta della chiesa è ancora visibile l'ex carcere e la casa natale dove su una targa leggiamo: En esta casa nacio el 9-8-1920 D. Manuel Lozano Garrido hijo predilecto de Linares paso su vida haceindo el bien.

Di fronte al mistero del dolore Lolo scrive: "Al di dentro si è pure così, come un'aurora boreale. Mai vedere chiaramente, sfiorare le cose e non entrare dentro o arrivare alla radice del loro messaggio. Il cuore vorrebbe mettere a nudo tutto, puro e brillante, ma un velo avvolge sempre il mistero della vita. Tu stesso, Dio mio, sei qui in tutte le ore, ma frapponi una persiana".

Cinque anni dopo aver perso la vista Lolo scrisse nel suo libro Les estrellas se ven de noche: "C'è in me un nuovo tipo di sensibilità, come gli accordi di un'arpa nascosta che qualcuno suona in mezzo alle tenebre. Sentirsi il cuore accarezzato è un sentimento che si deve notare, perché spinge l'anima alla gratitudine".

Fare il bene era anche lo slogan di san Giovanni di Dio che gridava per le strade di Granada: "Fate del bene fratelli!". Di origine portoghese, carmelitano e contemporaneo di Teresa d'Avila, san Giovanni di Dio visse a Granada dove fondò l'ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli; morì a Ubeda (30 chilometri da Linares) e fu sepolto a Granada. Da Linares, la città di Lolo, passando da Jaén, sede vescovile incastonata tra i monti, attraverso un tortuoso e affascinante percorso stradale si raggiunge Granada, città dei due fiumi. Los dos rios de Granada bajan de la nieve al trigo scrive Lorca: "I due fiumi di Granada scorrono dalle nevi al grano". E a Granada - città dominata dal rosso dell'Alhambra (lett. castello rosso) e dal bianco maestoso della Sierra Nevada - andiamo a visitare l'Hospital san Juan de Dios, tempio della carità ma anche luogo d'arte, con il suo suggestivo patio rivestito di azulejos e la chiesa, capolavoro barocco, dove riposa il corpo di san Giovanni di Dio.

Scendendo invece da Linares lungo il corso del Guadalquivir incontriamo Cordoba, la magnifica, con il grande ponte romano, l'immensa cattedrale-moschea (mezquita-catedral), il patio traboccante di aranci. Qui, tra gli alberi profumati e le fontane, si prova quella stessa nostalgia del paradiso che si sperimenta nei giardini dell'Alhambra a Granada o dell'Alcazar di Siviglia, ultima tappa del nostro viaggio tra arte e santità andalusa. Anche Siviglia è dominata dallo stile mudéjar, affascinante contaminazione di architettura araba e andalusa: la sua imponente cattedrale, che sorge sui resti della grande moschea, lancia verso il cielo la torre della Giralda mentre sul porto fluviale la Torre de Oro, oggi opaca ma un tempo interamente ricoperta dell'oro proveniente dalle Indie, raccoglie i riflessi del tramonto.

Vicino alla Torre de Oro sorge l'Hospital de la Caridad luogo di conversione per Miguel Mañara, al secolo don Vicentelo de Leca, cavaliere dell'ordine di Calatrava. Dopo una profonda crisi seguita alla precoce morte della giovane moglie, il trentacinquenne don Miguel lasciò il palazzo paterno (visitabile nella Siviglia vecchia, dal bellissimo patio rinascimentale) e si trasferì all'Ospedale della Carità dove diventò priore della confraternita laica che raccoglieva e assisteva ammalati e moribondi. Per abbellire quel luogo di sofferenza don Miguel chiamò i migliori artisti del tempo: Esteban Murillo e Juan de Valdés. Bussate al portone di quello che oggi è un ospizio e vi sembrerà di rivivere il dramma di Milosz. Nel bianco quadrato del patio risplende più azzurro che mai il cielo di Siviglia, le fontane cantano il loro "grazie" e gli ospiti siedono a godersi il sole ardente della carità che oggi, come allora, brilla tra queste mura. Il corpo di Miguel Mañara - caballero de la caridad - riposa sotto una lapide del pavimento all'ingresso della bella chiesa secentesca, così che chiunque entri lo calpesti così come lui stesso aveva desiderato. Umiltà e spirito andaluso. Amore per la bellezza e la santità. Il servo di Dio Miguel Mañara. San Giovanni di Dio. Il beato Lolo. Piccole gocce di santità. Storie che il grande fiume racconta e che si porta via. Fino al mare.