Luoghi dell'Infinito / Avvenire - settembre 2013

CONCORDANZE

Quel velo d’acque ai piedi di Mosè

Mosè addolcisce le acque di Mara

Mosè addolcisce le acque di Mara (1521-1528)
Alessandro Bonvicino detto il Moretto

olio su tela, Brescia (collezione privata)

Solo il legno della croce può addolcire le acque amare della vita. Quel legno venne prefigurato nell’Antico Testamento in molti modi: il legno con cui Noè costruì l’Arca che salvò il genere umano dal diluvio; il bastone con cui Mosè all’uscita del popolo di Dio dall’Egitto percosse le acque del mar Rosso dividendole in due; e a Mara, inoltrandosi nel deserto del Sin, il legno che Mosè immerse nelle acque amare tramutandole in dolci per dare da bere al popolo assetato. “Da tutte queste figure si perviene, come mediante altrettanti gradini, al legno della croce”. (Sant’Agostino, Sermone sulla passione).

Il pittore bresciano Alessandro Bonvicino, detto il Moretto (1498 circa – 1554) ci mostra nella tela centrale di un trittico, ora smembrato, proprio l’episodio di Mara : “Mosè invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce”. (Esodo 15,24).

L’immagine di Mosè che si carica sulle spalle il legno indicatogli da Dio dipinta da Moretto da Brescia richiama alla mente l’iconografia di Cristo portacroce, diffusissima nel Rinascimento e nel Cinquecento (da Palmezzano a Tiziano). Mosè, come Gesù, cammina stringendo a sé quel ruvido albero, il volto chino e sofferente. Da notare la morfologia del legno: un tronco verde appena tagliato e sgrossato, che si biforca a Y come nei crocifissi gotici dolorosi su cui Cristo è inchiodato, le braccia tese verso l’alto, le ginocchia contratte sul petto (pensiamo ai crocifissi di Giovanni Pisano). Moretto sottolinea come quel tronco è l’Albero della Vita: lignum vitae. Così dipinge all’estremità della biforcazione un’unica foglia verde che ci rimanda al passo del Vangelo riferito alla passione di Gesù: “se trattano così il legno verde che ne sarà del secco?”. (Luca 23,3).

“La lettera uccide, ma lo Spirito vivifica” ( 2 Cor 3,6). La Legge presa alla lettera, e di cui è garante Mosè, da sola non può vincere il peccato. Le acque di Mara danno la morte se lo Spirito non le converte in acque della Vita. Mosè immerge il suo tronco nella polla d’acqua che sgorga dalla roccia e l’acqua diventa sorgente buona, fontana di grazia, fonte battesimale. Moretto dipinge questa pozza d’acqua trasparente, mentre a sinistra sale la parete rocciosa e a destra si inerpica un paesaggio collinare con alcuni braccianti al lavoro nei campi e una casa. L’albero della croce si fa spazio tra l’asprezza della guglia rocciosa e il verde della campagna e diventa protagonista del paesaggio: con la croce la vita ritorna possibile e la creazione è riscattata. Uomini e donne assistono al miracolo delle acque che hanno preso il dolce sapore della salvezza portata da Cristo-Mosè che, con passo di danza, entra con i piedi in quel velo d’acque obbedendo alla voce del Cielo.