Club3 - luglio 2005

NICOLA, SANTO PER OGNI OCCASIONE

Nel segno del sole, del libro e del giglio,
in Vaticano icone, vita e miracoli
del popolare frate di Tolentino

Affabile, comprensivo, sereno: così il volto di san Nicola da Tolentino ha conquistato il mondo dell'arte e dell'immaginario cristiano subito dopo la sua morte, avvenuta il 6 giugno 1305. Il primo a dipingerlo fu un seguace di Giotto, tale Pietro da Rimini che - sullo stile delle "storie di san Francesco " della basilica di Assisi - ne affrescò gli episodi della vita e i miracoli (tra cui il drammatico salvataggio di alcuni marinai in Adriatico) sulle pareti del Cappellone della chiesa dei frati agostiniani di Tolentino, ordine in cui il santo entrò quattordicenne.

Eppure colui che sarebbe diventato uno dei più popolari santi marchigiani (era nato nel 1245 a Castel Sant'Angelo, diocesi di Fermo) fu uomo religioso dai modi semplici e riservati, che con naturalezza sapeva coniugare i suoi doveri di monaco (preghiera, digiuno, pratiche ascetiche) e di sacerdote (predicazione, confessione, dedizione al prossimo). Uno stile che ben si addiceva all'antico ordine eremitico fondato da sant'Agostino e che era stato appena riformato - sull'esempio dei grandi ordini mendicanti - per adeguarlo alle esigenze di una società ormai urbanizzata.

A sette secoli di distanza dalla morte di san Nicola una grande mostra in Vaticano, nel Braccio di Carlo Magno (a sinistra, in fondo al colonnato del Bernini), aperta fino al 9 ottobre, ci racconta attraverso 90 opere di pittura, scultura e oreficeria (grandi artisti come Raffaello, Perugino, Guercino) la fortuna che l'immagine del "san Nicola" marchigiano ebbe nell'arte. Infatti se il Cappellone di Tolentino, dove era stato sepolto frate Nicola, diventò subito luogo di culto e meta di pellegrinaggi, riempiendosi di ex voto dal sapore naif, una vasta schiera di artisti, prima marchigiani e poi fiorentini, senesi, pisani, liguri, lombardi e persino friulani si affrettarono a dipingere la sua icona sul fondo oro di tavole e pale d'altare. Spesso sovrapponendo la sua immagine a quella di altri santi; come nel dipinto esposto in mostra (e che pubblichiamo qui a fianco) del pittore Antoniazzo Romano il quale, sopra un realistico sant'Antonio da Padova (con la barba non fatta da un giorno), dipinge san Nicola con gli attributi iconografici che lo caratterizzano: il sole dell'Eucarestia, il giglio della castità (confuso e assimilato alla croce) e il libro della Regola agostiniana.

La fisiognomica dei santi a volte conosce queste contaminazioni, che la loro comune somiglianza a Cristo non può certo giustificare. è interessante notare ancora come l'icona di san Nicola di Tolentino dipinta da Giovanni di Paolo (pagina seguente) abbia una stretta somiglianza con quella del predicatore francescano san Bernardino da Siena (canonizzato guarda caso quattro anni dopo san Nicola); san Bernardino tiene in mano il libro e il "suo"sole con il monogramma di Cristo; quel sole che apparve a san Nicola col volto di Gesù, circonfuso di gloria nell'ostia consacrata.

Dunque l'iconografia tolentiniana ha dovuto tenere il passo con la sua fama di taumaturgo: 26 miracoli in vita e 300 post mortem corrispondono circa al numero di immagini che l'editore Motta ha pubblicato solo nel primo volume (altri due ne seguiranno) che raccoglie per la prima volta l'intero corpus iconografico del santo. Iconografia che subito dopo la sua beatificazione, avvenuta nel 1446 (ma la Chiesa aveva già concesso l'indulgenza a chi pregava sulla sua tomba) conobbe un impulso straordinario.

Raffaello da Urbino, per esempio, descrive con la sua divina semplicità e naturalezza il Miracolo dei fratelli Mizulo e Vanne da Osimo. (Osimo tra l'altro è la patria di un altro grande santo marchigiano, san Giuseppe da Copertino, noto per le sue lievitazioni e patrono degli studenti). Raffaello, dunque, imposta simmetricamente nello spazio quadrato della forca l'esile figuretta di san Nicola che "appare" per sostenere i due corpi penzolanti degli innocenti fratelli.

Il pittore ferrarese Benedetto Tisi, detto il Garofalo, dipinge tre pannelli dedicati alla vita di san Nicola, appartenenti a una predella d'altare dispersa in epoca napoleonica. Nel primo pannello dedicato al Miracolo delle pernici frate Nicola (che digiunava spesso e comunque non mangiava mai carne) pur essendo ammalato rifiuta - e risuscita - due pernici che gli erano state cucinate. La luce che da destra filtra nella stanza illumina le candide lenzuola, rende cangiante il rosso della coperta, allunga le ombre dei frati stupiti mentre dal piatto le due pernici si alzano in volo al gesto benedicente del santo. Nella scena successiva san Nicola, undici anni dopo la sua morte (nel 1316, in località San Ginesio) risuscita, davanti alla madre in preghiera, Puccio d'Angelo, di quattro anni, morto affogato.

Nel miracolo, così semplice e naturale (come naturalmente cristiano era l'uomo del Trecento) dell'acqua che san Nicola fa sgorgare da una canna per il convento di Tolentino, dove mancava il pozzo, si rivela la felice vena narrativa del pittore Giovan Francesco Guerrieri. La lezione di Caravaggio è evidente nella luce radente, nel realismo degli attrezzi in primo piano, nel torso nudo del muratore, nel frate che inforca gli occhiali.
Nel Miracolo di Cordova, Francesco Maffei ci trasporta nella Spagna della Controriforma, con una vera machina barocca: l'abbraccio tra due statue, quella di san Nicola e del Crocifisso, che si "animano" nella processione contro la peste; quadro nel quadro, statue viventi tra una folla stupita, come a teatro. Cieli aperti e voli d'angeli caratterizzano le grandi tele del Seicento e del Settecento (Dolci, Ceresa, Salvator Rosa, Pomarancio, Luca Giordano) dove san Nicola guarda sempre più in alto; ma intanto libera giù in basso, con la sua potente intercessione le anime che soffrono tra le fiamme del Purgatorio.

San Nicola da Tolentino dal 1300 a oggi

San Nicola è stato il primo santo degli agostiniani, gli eremiti seguaci della Regola di sant'Agostino riformati nel 1256. La sua devozione ha riempito l'Italia di chiese, cappelle e confraternite sorte in suo nome. Patrono delle missioni agostiniane, il culto di san Nicola dalla Spagna e dal Portogallo si è diffuso fino alle Americhe. Se a causa di una diminuzione di popolarità il Concilio Vaticano II ha tolto la sua festa dal calendario liturgico universale, oggi san Nicola rappresenta una figura di sacerdote e religioso tutta da scoprire; attualissima come è attuale e il suo santo di riferimento: sant'Agostino.