Passione

Mimep 2019

Introduzione

Il grido del giusto sofferente

La voce del giusto perseguitato risuona nei salmi biblici, nel libro di Giobbe e in quello del profeta Isaia. È un grido che percorre tutto l’Antico Testamento e arriva fino alla Passione di Gesù descritta nei quattro Vangeli. Gesù di Nazaret, il servo di Jahvé, accetta liberamente di subire la nostra stessa sorte di morte e di peccato per redimerci dalla morte e dal peccato. “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore” (2 Corinti, 5,21). Gesù, agnello innocente, attraverso la sua passione, morte e risurrezione libera dal peccato l’intera umanità.
Passione per l’uomo. Passione per Dio. Il grido del popolo d’Israele in cammino nel deserto verso la terra promessa è desiderio di felicità, compimento, liberazione. Desiderio di vedere, come Mosè, il volto di Dio. Il salmista paragona questo desiderio a quello della cerva assetata: “come la cerva anela ai corsi d’acqua così l’anima mia anela a Te o Dio” (salmo 42). Desiderio spirituale ma anche fisico. Nel deserto viene a mancare l’acqua e il popolo si ribella a Mosè: “Perché ci hai fatti uscire dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?” (Esodo 17,3) La risposta di Dio non si fa attendere. Mosé percuote la roccia e l’acqua scaturisce abbondante. Quell’acqua rimanda al Vangelo di Giovanni: “Uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua (Gv 19,34).

Un’altra voce si innalza da un salmo dell’Antico Testamento e rimbalza come un’eco nel Nuovo Testamento. È il grido dell’amico tradito dall’amico: “Anche l'amico in cui confidavo, anche lui, che mangiava il mio pane, alza contro di me il suo calcagno.” (salmo 41). Il salmista profetizza il tradimento di Giuda così come lo racconta l’evangelista Giovanni. Nell’Ultima Cena dopo aver chiamato “amici” i suoi discepoli esclama: “Uno di voi mi tradirà”. Tutti si interrogano. “Sono forse io?”. “Chi intingerà con me il boccone nel piatto, costui mi tradirà”. Gesù intinge il boccone e lo dà a Giuda che subito esce dal Cenacolo. Giovanni sottolinea: “Ed era notte” (Giovanni 13, 27-30).

È notte. Il buio scende sui cuori degli apostoli che seguono Gesù nell’Orto degli ulivi. Giuda conosce bene quel luogo e vi conduce i soldati. Giuda bacia Gesù. Lo catturano. È notte. Pietro rinnega tre volte il suo Maestro. Ma poi incrocia il suo sguardo, si pente, piange amaramente. Giuda invece si toglie la vita. In questa notte buia tutta la luce è in quelle lacrime di Pietro che brillano come fiammelle.
Inizia così la Settimana Santa. Gli antichi documenti ambrosiani curiosamente la chiamano la Settimana Autentica. Per indicare tutta l’importanza e la centralità di questo tempo che conclude la Quaresima e conduce alla Pasqua. Questa settimana ci fa rivivere la Passione di Gesù. Il Giovedì l’Ultima Cena, l’arresto, l’interrogatorio. Il Venerdì la condanna, la salita al Calvario, la crocifissione. A mezzogiorno del venerdì si fa buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Gesù, con un alto grido, muore. Tutto sembra finito. Nelle chiese il Santissimo Sacramento viene tolto dai tabernacoli e deposto nello scurolo, un “luogo scuro”, una nicchia appartata dietro a un velo. Tutti gli altari restano spogli per ricordare la morte di Gesù.
Dopo il silenzio del sabato viene la Pasqua. La liturgia ricorda la notte in cui il popolo ebraico uscì dall’Egitto guidato da Mosé. Dal nome della festa ebraica di Peshac, che significa passaggio, viene il nome Pasqua. I cristiani celebrano la Pasqua nello stesso mese in cui la celebrano gli ebrei, il mese di Nisan, tra marzo e aprile, inizio della primavera, Ed è un paradosso, a ben pensarci, che nel periodo dell’anno in cui la natura rifiorisce in tutta la sua delicata bellezza, Gesù muoia e sia deposto. Scrive il poeta Thomas Stearn Eliot:

Aprile è il più crudele dei mesi, genera
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, risvegliando
Le radici sopite con la pioggia della primavera

Nel mese di aprile ogni fiore, anziché rallegrare il cuore, lo ferisce al pensiero che Gesù muore per noi. I rami verdi degli alberi agitati nell’aria la Domenica delle Palme ora giacciono secchi sul terreno. “Se trattano così il legno verde che ne sarà del secco?” (Luca 23,31). Il legno verde è Gesù. Primavera della vita. Il lungo silenzio tra il venerdì e il sabato santo esploderà nella gioia della Pasqua. Un tempo si faceva davvero silenzio per due giorni. Un tempo intere generazioni si succedevano a baciare il crocifisso esposto in chiesa. Baci su quelle membra rigide e legnose, su quella vernice color carne, su quei segni dei chiodi e del sangue.
In un inno di Venanzio Fortunato l’albero spoglio della croce viene paragonato gli altri alberi della foresta: “Croce fedele, fra tutti / unico albero nobile: / nessuna selva ne produce uno simile per fronde, fiori e frutti. Dolce legno, dolci chiodi /che sostenete il dolce peso” (Crux fidelis). L’albero della croce è una grande immagine-simbolo che unisce morte e resurrezione. Spogliata dai suoi rami frondosi la croce sorregge il peso del Signore Gesù.

Ma la passione è soprattutto quella della Madre. “Sotto la croCe stavano Maria e Giovanni” Con voce potente lo Stabat Mater di Jacopone da Todi, musicato da grandi musicisti come Pierluigi da Palestrina e Giovanni Battista Pergolesi: “Sta la Madre dolorosa presso il legno lacrimosa mentre pende il Figlio”. Il cuore della Madre è buio. Il cielo è buio. Le parole di Gesù nell’orto degli ulivi risuonano nelle orecchie vuote dell’Apostolo prediletto e della Madre: “L’anima mia è triste fino alla morte”. Orecchie vuote come conchiglie sbattute sulla riva del mare, dove si infrangono tutti i dolori del mondo: chiodi, martelli, cunei, dadi rimasti sul Calvario dopo che la grande marea si è ritirata. Dal Calvario Giovanni e Maria discendono al sepolcro. Gesù è deposto. La terra e poi la pietra. Dov’è la primavera degli ulivi in fiore cantata dai poeti? Dov’è il profumo dei fiori nell’aria mite?
Sul Calvario primavera e croce si sono scontrati. “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa” (sequenza pasquale). Ha vinto l’autore della vita. Del resto il significato originario della parola Quaresima è “ver sacrum”, cioè primavera santa. La Quaresima è la primavera della Chiesa. Nei suoi quaranta giorni infatti i catecumeni si preparano al battesimo che nella notte di Pasqua li farà passare dalla morte alla vita. Immersi. Riemersi. Come canta un inno delle trappiste di Vitorchiano:

Con te siamo saliti sulla Croce,
con te, nella tua morte, battezzati;
in te noi siamo, Cristo, ormai risorti
e in seno al Padre ritroviamo vita.