Famiglia Cristiana n° 11 - marzo 2012

TINTORETTO MAESTRO DELLE LUCI

Pittore visionario e geniale, in pieno Cinquecento inaugurò uno stile che narrava la precarietà della condizione umana, riscattata però dalla Rivelazione.

Ci sono mostre che scompaginano la nostra geografia emozionale. Una di queste si svolge a Roma e ci fa sentire a Venezia: una quarantina di tele riportano l'incanto decadente e la luce dorata della città lagunare nella cornice classica della città eterna. Sono atmosfere languide e allucinate che fanno da sfondo teatrale ai capolavori di Jacopo Robusti (1518-1594), chiamato Tintoretto a causa del mestiere di suo padre, tintore di panni. Pittore visionario e geniale, artista di "apparizioni fiammanti" come lo definì lo storico dell'arte Ernst Gombrich, egli inaugurò in pieno Cinquecento uno stile nuovo che, sfilacciando la solidità e la certezza delle forme rinascimentali, apriva alla pittura possibilità nuove, portandola a narrare la precarietà della condizione umana, investita e riscattata però da un'Altra luce, quella della Rivelazione cristiana.

La mostra romana si apre con il Miracolo dello schiavo in cui Tintoretto, anticipando gli arditi scorci prospettici di Caravaggio, rappresenta con volo acrobatico a testa in giù l'intervento del santo evangelista Marco, che irrompe nella piazza a liberare uno schiavo messo a morte dai Turchi. Nel Ritrovamento del corpo di san Marco, nella vibrante tela Santa Maria egiziaca e in Santa Maria Maddalena "leggente" così come nel confronto tra due delle nove Ultima cena dipinte da Tintoretto nella sua carriera (quella di San Trovaso e quella di San Polo appena restaurata), l'artista si rivela non solo un eccellente regista, ma anche un superbo tecnico delle luci: per ottenere gli effetti drammatici desiderati creava dei modellini a tre dimensioni in cui inseriva piccole figure in cera, poi illuminava il tutto con luci esterne per creare dal vero quei particolari effetti luminosi che fecero definire i suoi quadri da Roberto Longhi "favole drammatiche da svolgersi entro coreografie di luci e ombre vibranti".

Tintoretto usava due sorgenti luminose: quella naturale di Venezia che, come la salsedine marina, corrode le forme degli uomini e delle cose, uniformando le scene più complesse e affollate; e utilizzava anche un'Altra luce, che potremmo chiamare "teologica" e che viene da una fonte interna, per esempio dalla Colomba dello Spirito Santo, come si può vedere nell'Annunciazione della Scuola Grande di san Rocco, confraternita a cui apparteneva lo stesso artista.

Tintoretto
Roma, Scuderie del Quirinale, fino al 10 giugno.

Catalogo Skira.
Info: tel. 06/39.96.75.00
www.scuderiequirinale.it