Famiglia Cristiana n° 14 - aprile 2010

ARTE

I MOSAICI DELLA RESURREZIONE

Dal Vaticano ai santuari di Fatima, Lourdes e San Giovanni Rotondo, i mosaici di padre Rupnik e degli artisti della comunità ecumenica del centro Aletti portano nel mondo le immagini della fede nel Signore Risorto.

Passare una giornata nella comunità ecumenica del centro Aletti (del Pontificio Istituto orientale) significa toccare con mano, nel cuore di Roma, come sia possibile nella Chiesa il miracolo dell'unità: ortodossi, greco cattolici e latini che lavorano fianco a fianco a un progetto comune: l'arte, la bellezza, la teologia. "Abbiamo vissuto un piccolo sorso del triduo pasquale tre anni fa sulle impalcature della facciata di Lourdes, a meno 8 gradi centigradi, per completare i mosaici; ogni tanto a qualcuno di noi scappava di mano uno strumento, per esempio la tenaglia per rompere le pietre, e subito un compagno scendeva dalle impalcature per recuperarglielo. Questa è la carità". Così ci racconta padre Marko Ivan Rupnik, 55 anni, artista sloveno e direttore di questo atelier dove giovani artisti italiani, sloveni, francesi, serbi, montenegrini, ucraini (da due settimane c'è anche un sacerdote cinese) lavorano insieme dal mattino alla sera come monaci del XXI secolo per realizzare questi mosaici che rappresentano una telogia per immagini.

Artisti, non mosaicisti né tecnici. Artisti e teologi, nel senso più semplice del termine. "Dove per teologia si intende", sottolinea Michelina Tenace, una delle prime religiose del centro Aletti, voluto da Giovanni Paolo II, "credere a ciò che la Chiesa dice (dogma), viverlo nella morte e resurrezione di Cristo (spiritualità) e renderlo visibile (arte). Legare queste tre cose e viverle nella comunità è geniale. Senza persona non c'è Pasqua. Quando vedo un cristiano, quando l'arte liturgica rende presente il mistero, allora è Pasqua!".
Molti di questi artisti sono religiosi ma ci sono anche laici, padri di famiglia, e Andrea, un ragazzo di vent'anni desideroso di imparare. Manuela Viezzoli è la responsabile della comunità femminile Sorelle della divina umanità di Cristo, di cui fa parte anche Stella Secchiaroli, assistente artistica di padre Rupnik, che lo aiuta a realizzare i disegni che saranno poi trasformati in mosaico. Renata Trifkovic, 33 anni, serba, da sette anni lavora qui con Rupnik: "è un lavoro più creativo di quello che facevo a Belgrado, dove i mosaici tradizionali sono più ripetitivi; con padre Marko è bello lavorare, si può interpretare e migliorare spazi e colori".
Svetozar Zivkovic è del Montenegro e ha imparato qui il senso dell'arte sacra. Radu Vasile Rosu è greco cattolico,viene dalla Romania dove tornerà dopo l'ordinazione sacerdotale. Bostjan Ravnikar, 36 anni, ha lasciato la sua ditta in Slovenia per seguire la chiamata imprevedibile di Dio. Silvano Radaelli, di Milano, dalle icone è arrivato al mosaico. Eva Osterman, 27 anni, tra qualche anno farà i voti perpetui. Flaviu Dusa, ortodosso rumeno, è felice dell'accoglienza che ha trovato nel mondo cattolico.
Al cento Aletti, ci ricorda padre Milan Zust, sloveno, superiore della comunità dei gesuiti, sono passati in questi vent'anni ormai migliaia di persone; alcuni si fermano, altri torneranno nei loro luoghi di origine per diffondere quest'arte liturgica e fondare nuovi atelier.

Abbiamo chiesto a padre Rupnik - che avevamo conosciuto 11 anni fa per un servizio speciale sulla Cappella Redemptoris Mater in Vaticano (vedi Famiglia Cristiana n. 46 del 1999) - di parlarci della Pasqua. "Ecco, vedi, è proprio il mosaico delle nozze di Cana della facciata di Lourdes a ricordarcelo. Il rapporto tra uomo e Dio (gli sposi) sclerotizzatosi in una religione moralista (le giare di pietra) viene redento e sostituito dalla nuova allenza realizzata in Cristo nell'amore fililale (vino, sangue del costato aperto). Mi sembra importante che sulla porta di Lourdes i 10 milioni di pellegrini che ogni anno passano possano vedere che la nostra fede è l'amore che salva".
Sono le sette e mezza del mattino e padre Rupnik alza il calice con il vino del sacrificio eucaristico davanti al grande volto di Cristo della cappella del centro Aletti, che colpì profondamente Giovanni Paolo II. Cade il velo davanti alla bellezza della liturgia : il calice è d'oro come la fede dei martiri (e nel mosaico del collegio irlandese, a pochi passi da qui, l'oro domina e ricorda il sacrificio di un giovane martire caldeo, padre Ragheed Ganni, ucciso a Mosul, in Irak, nel 2007); nel calice incastonato il blu è l'umanità, il rosso la divinità.
La sera, nel buio della cappella, il profilo del cardinal Tomas Spidlik, il novantenne maestro spirituale, teologo e cuore vivo del centro Aletti (ha predicato gli esercizi spirituali a Giovanni Paolo II nel 1995), assomiglia al profilo della statua in bronzo di Lepold Mandic, precursore dell'ecumenismo: due uomini simili, venuti dall'Est e uniti nell'unica preghiera.
Adesso capiamo cosa voleva dirci Spidlik a proposito dei santi dei mosaici: vanno rappresentati simili a Cristo tra loro e non con i tratti materiali, terreni, fotografici. Bisogna rappresentare il loro aspetto spirituale, i loro volti già glorificati.
Ma perché è così importante l'arte? Non ci sarebbe nella Chiesa tanto e di meglio da fare? "Vedi," dice padre Rupnik, "quando il cristianesimo è in crisi, l'unica risposta sono i testimoni e la bellezza: solo attraverso questi due canali l'uomo può incontrare di nuovo il Risorto".
E per far conoscere la bellezza del Risorto, Rupnik e i suoi artisti vanno per il mondo: Italia (20 chiese), Croazia, Francia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna. America e Medio Oriente (Libano). I prossimi incarichi saranno a Valladolid e Tenerife.
"Andiamo ovunque ci sia una sintonia con la comunità cristiana presente sul posto, in cui dobbiamo rendere presente il mistero attraverso un'arte che è liturgica. La gente percepisce e si commuove dopo aver sostato e pregato davanti ai mosaici. Mi scrive gente comune che ha visto i mosaici, per esempio nella cappella del Policlinico Umberto I di Roma: padre ho notato questo, ho visto quello, ho capito uno sguardo". Bisogna entrare in comunione con le immagini così come padre Rupnik e gli artisti del centro Aletti fanno immedesimandosi, entrando in comunione con i santi che rappresentano.

"Quello di Padre Pio mi ha richiesto un lungo cammino di preparazione, è il cantiere più complesso che abbia affrontato anche dal punto di vista teologico. Un percorso pasquale: 18 scene della vita di Gesù in parallelo con altrettanti episodi della vita di san Francesco e di san Pio. E il piccolo, tenero miracolo di san Francesco che trasforma per sé l'acqua in vino in parallelo al miracolo di padre Pio che guarisce da un tumore l'amica di Giovanni Paolo II, Wanda Poltawska. Due piccole risurrezioni per dire che la vita c'è, e che oggi, a Roma e nel mondo, è Pasqua.