Famiglia Cristiana n° 33 - agosto 2008

"IL LIBRAIO", IL NUOVO ROMANZO DI MICHAEL D. O'BRIEN

IL SEGRETO DELL'AMORE

Varsavia, 1942: un giovane ebreo fugge dal ghetto, inseguito dai nazisti. A salvarlo da morte sicura è un libraio solitario, che così riscatta una vita di dolore.

Sulla copertina del suo primo romanzo-thriller, Il nemico, uscito con successo lo scorso anno, campeggiava la "A" rossa della parola anticristo; oggi una svastica rossa (e sullo sfondo il ghetto di Varsavia) annuncia in tutte le librerie l'uscita del suo secondo romanzo: Il libraio (San Paolo, pagg. 492, euro 19,50 ).
Stiamo parlando dello scrittore e artista canadese Michael D. O'Brien (60 anni, sei figli), una vera e propria rivelazione: lunedì 25 agosto sarà presente al Meeting di Rimini (ore 19, sala Neri) per presentare appunto questo nuovo romanzo che costituisce l'antefatto de Il nemico ed è incentrato sul tema, così attuale, della ricerca della figura paterna.
O'Brien racconta nel romanzo il lungo itinerario spirituale del libraio polacco Pawel Tarnowski che, nella Varsavia occupata dai nazisti, nasconde e protegge il giovane ebreo David Schaffer. E attraverso questa forzata convivenza affronta i nodi cruciali dell'esistenza - la paternità, la fede, l'amore -, costringendo il lettore a interrogarsi sul senso della propria vita.
- Signor O'Brien, che cosa ha significato per lei scrivere questo romanzo e quanto c'è di personale?
-Il personaggio centrale del romanzo e alcune altre figure descritte nel libro portano in sé quella ferita spirituale e psicologico-emotiva che è comune a tutti gli uomini del nostro tempo: la mancanza di un padre. La drammaticità della storia ci pone questa domanda: come può una persona trovare speranza in una situazione assolutamente disumanizzante, in cui l'amore sembra essere annientato? Non si tratta della mia storia personale, ma, al di là dei dettagli e dei particolari specifici, il libro affronta i problemi di ogni uomo. Scrivere questo romanzo mi ha aiutato a giungere a una nuova comprensione della natura umana e delle sue lotte".
- Nella vicenda lei mette a confronto il libraio cattolico Pawel Tarnowski, confuso nella sua identità morale, e l'ebreo osservante David Schaffer: due cuori, due storie, due mentalità, due fedi. Che cosa li unisce?
-Ovviamente la loro comune umanità; ma, più in profondità, la loro fede in Dio. Infine, come la Chiesa cattolica ci insegna, gli ebrei rimangono comunque il popolo eletto e sono i nostri "fratelli maggiori". Nella storia della salvezza verrà un tempo in cui "tutta la casa d'Israele giungerà alla fede" in Gesù, il Messia. In attesa di tale pienezza, i dialoghi narrativi tra l'ebreo e il cristiano esplorano le modalità attraverso cui si potrebbe pervenire a tale pienezza: l'amore, il rispetto l'uno dell'altro, la comprensione reciproca, la condivisione della sofferenza".
- Come si è accostato alla lingua e alla cultura polacca?
-Conosco molti polacchi, tra cui alcuni sopravvissuti all'invasione nazista e ad Auschwitz. Sono sempre stato commosso dalla particolare tempra morale di questo popolo forgiato dalla sofferenza, che si trova a vivere tra due mondi: la cristianità orientale e quella occidentale. I polacchi hanno saputo resistere con coraggio e saggezza grazie alla fede in Cristo e alla loro fedeltà alla Chiesa".
- Il suo romanzo è ricco di favole, racconti, immagini, visioni e persino sogni: da quale patrimonio ha attinto?
-Alcuni simboli derivano dalle Sacre Scritture; altri, come l'orso dall'occhio solo, sono semplicemente frutto della mia immaginazione. Inoltre, ho studiato le fiabe europee e credo che anche questo abbia contribuito a creare immagini e racconti che esprimano profonde realtà spirituali".
- La realtà del Male, che nel primo romanzo Il nemico era rappresentata dall'anticristo, quali forme assume qui nell'animo dei protagonisti?
-Attraverso la storia delle tentazioni di Pawel, ho cercato di mostrare come una persona reagisca a una situazione di estrema tensione quando vengono a mancargli tutte le sicurezze. Pawel fa esperienza d'una estrema debolezza e in tale condizione scopre una grazia inaspettata e una forza morale che gli è data dall'alto. Nella sua battaglia contro ciò che parrebbe un "piccolo" peccato senza conseguenze, si accorge che di fatto le sue scelte spostano la bilancia del mondo. Alla fine resiste con successo: per lui significa una nuova libertà interiore e la capacità di amare fino al sacrificio; per il mondo significa che l'ebreo David Schaffer si salva e, convertito, diventerà padre Elia, il monaco che il Papa chiamerà a sfidare l'anticristo".
- A un certo punto del libro, Pawel dice a David: -Ci sono fardelli, persino gravi, che aiutano il peso della vita di un uomo; e ci sono pesi che, quando sono tolti alla vita di un uomo, lo schiacciano". A cosa si riferisce?
-In questo paradosso ho cercato d'esprimere una verità che ritengo veramente fondamentale riguardo alla natura umana: nelle avversità cresciamo, mentre quando siamo senza problemi diventiamo egoisti. Le difficoltà e le croci ci mettono alla prova, ma ci offrono anche l'opportunità di sviluppare nuovi livelli di maturità e di unione con Cristo. In altre parole, noi perderemmo la nostra vita se ci scrollassimo di dosso le nostre responsabilità umane, se rifiutassimo di portare i nostri pesi per amore del prossimo".
- Lei, oltre che romanziere e saggista, è anche artista e pittore di icone. Qual è il valore dell'immagine e dei simboli per la fede cristiana?
-L'icona è un'immagine sacra, una finestra sull'infinito, una porta dinanzi alla quale si può pregare, e anche un legame psicologico con il cosmo. Il mondo è un universo di segni e simboli creati da Dio Padre e Creatore. L'uomo è fatto a sua immagine e somiglianza e, quindi, è legato ai simboli, che sono la chiave di volta del pensiero e della percezione della realtà. Se perdiamo i simboli, smarriamo la chiave per conoscere le cose; se distruggiamo i simboli, distruggiamo i concetti, se corrompiamo i simboli, corrompiamo i concetti e perdiamo la capacità di comprendere le cose per quello che sono".
- Verso la fine del romanzo, Pawel vede, quasi come in una visione, tutte le persone che gli hanno fatto del male e che gli chiedono perdono: il prozio, il colto e decadente letterato francese, il prete ortodosso. Il segreto dell'amore è dunque perdonare gli altri, e anche sé stessi?
-Sì, il segreto per mantenere in vita l'amore è il perdono, perché nessuno ama in maniera perfetta o è stato perfettamente amato dagli altri. Per essere discepoli dell'Amore dobbiamo perdonare in quegli spazi interiori in cui siamo stati feriti e perdonare continuamente, fino a settanta volte sette. Coi soli mezzi umani ciò è impossibile, ma con la grazia di Gesù diventa davvero possibile. Quando accettiamo il perdono di Cristo, ecco che allora cominciamo a capire la condizione umana e l'infinita bontà di Dio. Così ci diventa possibile perdonare anche a noi stessi".