Famiglia Cristiana n° 40 - ottobre 2010

MOSTRA FOTOGRAFICA

PEPI MERISIO UN FOTOGRAFO IN FAMIGLIA

Ha ripreso Paolo VI nella sua vita privata, ha fermato volti e momenti irripetibili dell'Italia di ieri, ha lavorato per Famiglia Cristiana ai tempi di don Zilli. Una mostra lo celebra alla soglia degli ottant'anni.

Il video dell'intervista

"Oggi certe fotografie non si possono fare più". Esordisce così Pepi Merisio, grande fotografo di un'Italia oggi dimenticata, testimone di un popolo di contadini e artigiani e di un paesaggio bellissimo, disegnato da Dio e dall'uomo. Volti e storie dai caratteri forti, in contrasto con le immagini di oggi. "Devo sopportare l'omologazione, per esempio del vestirsi: ci sono dentro anch'io, non è una questione di classe, ma una volta l'operaio era vestito da operaio, il contadino da contadino, il prete da prete; oggi, senza la didascalia, davanti a una foto di gruppo non sai più qual è il prete, piuttosto che in uno scatto di uno studente che esce di scuola non sai se ti trovi a New York o a Parigi".

Pepi iniziò a fotografare da ragazzo sviluppando le sue prime foto con un ingranditore di legno che si era costruito da solo. Poi negli anni '50 le prime foto professionali, il primo servizio importante per il settimanale Epoca: un reportage su Paolo VI nei suoi appartamenti privati (era la prima volta che un fotografo ci metteva piede), le collaborazioni con Famiglia Cristiana, Oggi, Paris Match, Stern.

Ma soprattutto la sua attività artistica - da ragazzo sognava di fare il pittore - condensata in mostre, libri (oltre 100) e premi internazionali che hanno consacrato Pepi come il cantore di un popolo e di una terra umile e dimenticata. Attraverso il suo "sguardo fotografico" Pepi ha fatto rivivere i contadini della Bergamasca così come i pescatori delle tonnare siciliane o le donne con le "ciocie" ai piedi (le ciociare, appunto). Con lui volti anonimi segnati dalla fatica si affacciano alla storia e ne diventano protagonisti: come i personaggi manzoniani, o come i "modelli" del Caravaggio (Michelangelo Merisi), anche lui come Pepi dell'unico ceppo dei Merixius e anche lui come Pepi nativo di Caravaggio.

L'umanità di Pepi Merisio - come quella dei quadri del suo conterraneo Caravaggio - è in quegli sguardi di persone realmente incontrate e che si sono messe in dialogo con lui prima di essere fotografate. Umanità nell'arte come nella vita.

Chiediamo a sua moglie Annamaria cosa hanno voluto dire 52 anni di matrimonio passati accanto a un grande fotografo: "Non si tratta della mia vita con "un fotografo" ma della mia vita "con Pepi", ed è tutta un'altra cosa. Una vita bella e difficile. Per fortuna ci siamo sempre voluti bene. A volte passavo un mese senza ricevere notizie, per esempio quando nel 1964 Pepi fu ospite di re Faisal in Arabia Saudita; o quando nel 1969 fece un reportage con Carlo Carretto nel Sahara nei luoghi di Charles de Foucauld. A quei tempi non esistevano cellulari e potevo solo chiedere notizie ai consolati. Se Pepi era in giro per l'Italia lo raggiungevo con i figli in treno o in corriera nel fine settimana".

Mamma Annamaria, insegnante di matematica in pensione, è il centro, il motore di questa grande famiglia allargata a quelle dei figli Luca (50 anni) e Marta (47), alla nuora e al genero, ai sei nipoti che abitano a Bergamo. La figlia Marta dirige la scuola della parrocchia, mentre Luca ha seguito le orme paterne e si è affermato come fotografo.

Poi c'è Andrea, 24 anni, figlio di Luca, appassionato di computer, che tratta in digitale le foto del papà e del nonno: "Sono fortunato ad avere un nonno così, che tutte le mattine viene a chiamarmi per andare al lavoro".

Pepi compirà ottant'anni il 10 agosto del 2011: "Mi sono accorto con una certa sorpresa di avere la stessa età di Famiglia Cristiana: sono nato nello stesso anno di fondazione della rivista per cui lavoravo quando era direttore don Zilli". Siamo nella grande sala, davanti al tavolo ingombro di foto e di alcune delle macchine fotografiche che sono state le pietre miliari della carriera di Pepi: dalla prima Leica all'Hasselblad, dalla Polaroid a soffietto all'ultima Canon digitale: "Comodissima, quello che importa è l'occhio che sta dietro all'obiettivo".

Pepi ci mostra il numero speciale di Famiglia Cristiana del Natale del 1970 con le sue foto in Vaticano, che raggiunse la cifra record di due milioni copie. Annamaria ricorda i tempi in cui a quel tavolo aveva come ospiti don Giuseppe Zilli, don Leonardo Zega e monsignor Pasquale Macchi, segretario di Paolo VI.

"A Manila nel 1970, quando un esaltato tentò di accoltellare Paolo VI, nella confusione scattai quasi senza volerlo la foto del Papa con il corsetto macchiato di sangue. Se tutto andò bene fu per merito di monsignor Macchi, che si gettò addosso all'aggressore. A volte capita di essere testimoni di qualcosa di importante. Senza averne alcun merito".

LA LOMBARDIA DI UNA VOLTA

Un popolo e la sua terra sono protagonisti della mostra Lombardia di ieri, che riassume in circa 150 scatti il percorso artistico e umano di Pepi Merisio. La mostra è divisa in tre sezioni: La terra, in cui trapela l'amore di Merisio per le rocce delle sue montagne, i campi coltivati, il taglio del grano saraceno in Valtellina, i fiumi e i laghi lombardi; La vita è una carrellata di volti e di antichi mestieri, ma anche di situazioni umane come i contadini ai seggi elettorali negli anni '60; La città, infine, con due emigranti davanti al grattacielo Pirelli (sede della mostra aperta a Milano dal 6 ottobre al 13 novembre, ingresso gratuito) piuttosto che la stazione Centrale, il volto di un pendolare, uno scatto di Carla Fracci alla Scala e l'ultima foto del 2004 davanti alla Fabbrica del Vapore.