Famiglia Cristiana n° 44 - ottobre 2012

Costantino anno 2013

Una grande mostra a Milano per i 1.700 anni dall’editto che proclamava la libertà religiosa in tutto l’impero romano. Una grande lezione per il mondo di oggi.

A Milano i ragazzi che si danno appuntamento alle colonne di San Lorenzo forse non lo sanno. Eppure la grande statua equestre sul piedestallo davanti all’antichissima basilica di San Lorenzo ricorda a tutti le gesta del primo imperatore cristiano della storia, Costantino Augusto, che nel 313, proprio dalla sede imperiale di Milano, emanò un editto che dichiarava la libertà religiosa per i cristiani e per tutte le altre religioni che allora erano diffuse nel vasto impero.

Costantino fu detto “il Grande” non solo per l’editto di Milano, ma anche perché fondò le prime basiliche cristiane (per esempio l’antica San Pietro a Roma) e unificò sotto di sé l’Impero Romano d’Oriente con capitale Costantinopoli, l’odierna Istanbul: un impero che sopravvisse di ben mille anni a quello d’Occidente. Oggi che sono passati 17 secoli dal riconoscimento del cristianesimo da parte di uno Stato assoluto come quello romano – e che Milano si prepara a celebrare questa data con la grande mostra Costantino 313 d.C. –, può farci riflettere il pensare che questo anniversario coincida proprio, curiosamente, con l’Anno della fede proclamato dal Papa.

La grande mostra, divisa in cinque sezioni e che rimarrà aperta a Palazzo Reale fino al 17 marzo prossimo (per trasferirsi poi a Roma), ci riporta nel clima culturale, artistico e religioso di quegli anni che a noi sembrano così lontani. Il tema però – quello della libertà e della tolleranza religiosa – è più che mai attuale e di interesse globale.
Lo ha ricordato lo stesso Benedetto XVI lo scorso settembre a Beirut, presentando ai popoli del Medio Oriente insanguinato dalle lotte religiose la figura di Costantino come esempio da imitare. E se andiamo indietro di cent’anni Pio X, nel 1913, ricordando l’anniversario e la figura di Costantino, chiedeva al Governo post-risorgimentale la libertà per la Chiesa cattolica.

I tempi di Costantino hanno dunque molto da insegnare al nostro presente. La mostra milanese ci trasporta attraverso oltre 200 reperti in un’epoca di crisi dell’impero in cui il clima culturale era caratterizzato da un forte sincretismo religioso, quello che noi oggi chiamiamo “il supermercato delle religioni”. Anche nella società di allora si diffondevano le religioni orientali, i riti eleusini, le divinità egizie, Orfeo, Iside e il culto persiano di Mitra documentato da un bassorilievo. A questi culti misterici si affiancava il culto dei Lari, i custodi del focolare domestico. E mentre nel sottobosco della vita quotidiana proliferavano superstizione e magia (esposte alcune pietre magiche) la fine delle persecuzioni vedeva l’affermazione della nuova fede cristiana fondata sull’amore.

Al di sopra di tutto, poi, c’era il culto dell’imperatore, la divinizzazione della sua immagine tradotta in statue-idolo di dimensioni colossali. In mostra abbiamo così una mano gigantesca di Costantino fusa nel bronzo e che regge la sfera del mondo; un’altra grande statua di Costantino ricostruita in parte si trovava a Roma, nella basilica Nova o di Massenzio, a fianco dei Fori Imperiali, che terminano proprio con l’Arco di Costantino. Anche l’imperatore, grazie all’educazione ricevuta e alla sua personale ricerca religiosa, era stato “toccato” dalla nuova fede: gli era apparso un segno nel cielo con le iniziali di Cristo e una voce gli aveva promesso la vittoria militare se avesse combattuto sotto quel segno. Costantino rispose a quella chiamata e con un intuito straordinario decise di combattere il suo rivale Massenzio (che tra l’altro era superstizioso) a Ponte Milvio, sul Tevere, facendo prima cucire sulle insegne imperiali il monogramma di Cristo. Fu calcolo politico, ma anche scelta maturata nella propria coscienza di uomo che cercava nel Dio unico (in un mondo dominato da tante ipotesi religiose) il riconoscimento e la legittimazione delle proprie azioni.

Un anno dopo quella vittoria Costantino pose il suo impero sotto la protezione del Dio cristiano e, sotto l’influsso della madre, l’imperatrice Elena, sarà proprio Costantino a promuovere e realizzare le grandi opere della nascente fede, le prime basiliche cristiane in Terra Santa e a Roma.
E sarà ancora lui a far incidere quel segno di vittoria sugli oggetti di uso comune e sugli anelli e i sigilli imperiali. L’esposizione milanese ci restituisce i volti, le opere, gli oggetti religiosi e quelli di uso comune di Mediolanum, antico capoluogo imperiale dai tratti sorprendentemente romani, città tutta da scoprire grazie agli scavi che hanno messo in luce le fondamenta del palazzo imperiale, il circo, le terme e il colosseo.

Tra le opere esposte a Palazzo Reale troviamo due meticolose ricostruzioni scientifiche di oggetti dal forte significato simbolico. Innanzitutto lo stendardo imperiale su cui Costantino aveva fatto ricamare le iniziali della parola “Cristo” in greco, monogramma nato dall’incrocio della chi (X) e della rho (P) che ritroviamo in alcuni bronzi, bassorilievi e incisioni, sui sigilli imperiali e persino ricamati su stoffa come un vero e proprio marchio di fabbrica, il brand (diremmo noi oggi) della nuova religione.

Il secondo elemento interessante su cui soffermarci visitando la mostra è la ricostruzione dell’elmo di Costantino così come avrebbe dovuto essere, secondo il modello di un elmo gemmato di cavalleria del IV secolo esposto in mostra e proveniente dalla Serbia, allora colonia romana. Anche qui il significato simbolico di quell’oggetto è altissimo: dalla testimonianza di sant’Ambrogio sappiamo infatti che all’interno dell’originale la regina madre, sant’Elena, aveva fatto inserire uno dei chiodi della passione, reliquia da lei ritrovata sul Golgota insieme al legno della Vera Croce. Quel chiodo in capo all’imperatore doveva ricordargli che la sua intelligenza e il suo potere dovevano sottomettersi a Cristo e alla sua giustizia.

L’altro chiodo, che Elena fece inserire nel morso del cavallo dell’imperatore, avrebbe dovuto essere freno agli istinti e alle passioni di un uomo crudele e spietato come Costantino, che non aveva esitato a far eliminare la moglie Fausta, il figlio Crispo e il nipote Licinio pur di non mettere in gioco il suo potere.

L’ultima sezione della mostra è dedicata proprio all’affascinante figura dell’imperatrice Elena che, con il suo carisma femminile, mitigò gli aspetti più duri della personalità del figlio. Nelle opere d’arte esposte Elena appare via via come una matrona romana, un’eroina cristiana, un’imperatrice santa che divide con il figlio Costantino il posto d’onore sotto la croce. La Chiesa ortodossa venera Elena e Costantino come santi, mentre la Chiesa cattolica, attenta al pericolo di confusione tra potere temporale e spirituale (Costantino aveva addirittura promosso un concilio ecumenico, quello di Nicea), considera santa solo Elena.

Pochi anni dopo l’editto sulla libertà religiosa, siamo nel 321, Costantino proclamò con un decreto il riposo festivo domenicale, che rappresenta una grande lezione e un ulteriore motivo di riflessione. Studiare la storia passata serve per capire e interpretare il presente. Per evitare che il tempo della domenica che dovremmo dedicare alla festa, al riposo, alla famiglia e alla preghiera, venga inghiottito da un centro commerciale.