Famiglia Cristiana n° 51 - dicembre 2005

DALLE CAVE DI CANDOGLIA ALL'ULTIMA GUGLIA DEL DUOMO DI MILANO

IL CANTIERE INFINITO

La facciata della cattedrale è impacchettata per l'ennesimo maquillage che la restituirà ai milanesi più bella che mai. Siamo stati per voi sui cantieri.

L'espressione: "lungo come la fabbrica del Duomo" è proverbiale per indicare un lavoro del quale non si vede la fine. E davvero ci sono voluti sei secoli per innalzare sopra i tetti della città di sant'Ambrogio e di san Carlo, dei Visconti e degli Sforza, della dominazione spagnola e dei fasti napoleonici quella grande e bianca montagna fiorita che è diventata il simbolo stesso della Milano pre e postindustriale: il Duomo.

Si iniziò nel 1386 dall'antica abside gotica; le volte e la cupola furono completate tra il 1490 e il 1550; pochi anni dopo fu la volta del presbiterio, con l'altare e il ciborio costruiti secondo le indicazioni di san Carlo Borromeo. Bisogna arrivare al 1756 per guardare innalzato il tiburio con la Madonnina; e al 1805 per vedere terminata, dopo progetti e controprogetti, la facciata. Il portone centrale risale al 1906, mentre le ultime vetrate sono del 1935. Dieci anni dopo, i bombardamenti provocarono parecchi danni, tra cui la caduta di 12 guglie nella facciata. Si salvarono le antiche vetrate, preventivamente rimosse.

Nel dopoguerra inizia la stagione dei grandi restauri: il rinforzo statico dei quattro piloni centrali (e 22 laterali) che rischiavano di cedere sotto il peso della cupola e per l'abbassamento della falda freatica; il riposizionamento dell'altare girato verso i fedeli secondo la riforma liturgica; gli interventi alla guglia maggiore, ai gugliotti e alle falconature, la sostituzione di alcune statue, la pulitura delle volte interne e della facciata.
Oggi, nell'anno 2005, siamo qui con l'ingegnere Benigno Mörlin Visconti a una quarantina di metri d'altezza, sui ponteggi che nascondono dal 2003 la facciata; e vediamo i turisti in piazza, forse un po' delusi per la mancata foto ricordo davanti a quella facciata che è il simbolo, l'icona di Milano; anche se oggi le guglie cominciano a spuntare dall'impalcatura che in parte è stata già rimossa.

Le cave della Val d'Ossola
L'anima del Duomo batte quassù, nell'aria fredda e tersa di fine novembre, tra gli operai della Veneranda Fabbrica indaffarati a sostituire un blocco, a imbragare una statua, a raccordare con lo scalpello il disegno di un vecchio fregio di marmo scurito dal tempo con un pezzo nuovo che gli è stato affiancato: bianco marmo di Candoglia, zuccheroso e luccicante, con la sua vena rosa che il tramonto accende d'arancio. Qui batte all'infinito il cuore dell'antico cantiere medievale, la Veneranda Fabbrica che - come ci spiega l'ingegnere Mörlin, erede del protoarchitetto Carlo Ferrari da Passano - sovrintende ai lavori di un'impresa antichissima. La Fabbrica esisteva infatti già dal 1387, anno in cui Gian Galeazzo la fondò con un proprio statuto, rendendola autonoma dal potere sia civile sia religioso. Così che il Duomo non appartiene né al comune né alla curia di Milano ma ai cittadini che, nei secoli, con i propri oboli ne hanno reso possibile la costruzione.

Alla Veneranda Fabbrica appartiene, per concessione dello stesso Gian Galeazzo, un'intera montagna in Val d'Ossola, provincia di Verbania: le cave di Candoglia, da cui ciascuno di questi blocchi di marmo proviene. è un po' come se si fosse realizzata quella paradossale sfida che Gesù fece ai suoi discepoli: se avrete fede potrete comandare a questa montagna di spostarsi.
In realtà, i 162.400 metri cubi del Duomo (325.000 tonnellate di puro marmo rosa di Candoglia) hanno viaggiato sui barconi, dall'ultimo tratto del Toce al Lago Maggiore; e poi, attraverso il Ticino e il Naviglio, fino al piccolo "mare" di Milano, la darsena di Porta Ticinese; da qui, attraverso un canale che ora è via Conca del Naviglio, i barconi raggiungevano il laghetto dietro il Duomo e scaricavano i blocchi a pochi metri dal cantiere.

Rivedremo la facciata nel 2007
Qui, nel cuore di Milano, la montagna è cresciuta con le sue 135 guglie, gli aerei contrafforti e un popolo silenzioso di 1.800 statue arrampicate su pinnacoli, nicchie, mensole e capitelli, dentro e fuori il Duomo. Le navate sono irrorate di luce e colore attraverso 50 vetrate che si innalzano verticali con le loro storie edificanti da raccontare.

"Se non si incontreranno problemi particolari i ponteggi in facciata verranno rimossi nel 2007", afferma l'ingegnere Mörlin. Poi i lavori di pulitura continueranno sul fianco destro, dove dal montacarichi che ci riporta in basso si vedono le erbacce e i segni dello smog che annerisce il marmo. "Chi verrà dopo di noi continuerà l'opera", conclude tranquillo Mörlin, e in questa frase c'è tutta la filosofia di un cantiere come quello della Fabbrica del Duomo. Un cantiere che non finisce mai per un edificio unico e straordinario, nato dalla pietra e dall'acqua; come la Venere del Botticelli; e come Maria Nascente cui è dedicato. Il Duomo resta: simbolo civile e religioso che sempre avrà bisogno di essere ripulito, rinforzato e rinsaldato. Per rassicurare il popolo di Milano; per ricordargli che la bellezza c'è.

IL DUOMO DIVENTI LA CASA DI TUTTI
Daniela Benati e Anna Roda, dell'Associazione Amici del Duomo, hanno organizzato a Milano, con l'aiuto di monsignor Quadri, responsabile dell'ufficio migranti, un corso per far conoscere alle comunità latinoamericane la bellezza del Duomo e dei suoi riti. L'iniziativa è nata dalla constatazione che queste persone sentono il Duomo come un edificio estraneo, dove non si sentono a casa. Insegnare loro la storia del Duomo, sapere che le maestranze che l'hanno costruito venivano anch'esse da Paesi lontani, conoscere l'esistenza di riti pittoreschi come quello della Sacra Nivola (in cui il vescovo viene innalzato fino alla volta dell'abside dove è custodito il chiodo della Santa Croce): tutto ciò li coinvolge e li fa sentire partecipi della vita della Chiesa ambrosiana. Finito il corso, ciascuno può a sua volta fare da guida ai propri connazionali.