L'Osservatore Romano - 07 ottobre 2010

SULLE TRACCE DI UNA RARA ICONOGRAFIA DI SAN PIETRO E SAN MARCO

LA PIETRA E IL LEONE IN TERRA D'ORIENTE

La pietra e il leone. Il pescatore Pietro e l'evangelista Marco. L'accostamento iconografico Pietro-Marco cui è dedicata la mostra vicentina La pietra e il leone. San Pietro e san Marco nell'Oriente cristiano è difficile e affascinante. Più scontato sarebbe quello tra Pietro e Paolo che si ripete innumerevoli nell'arte sia occidentale che orientale. Per capire dunque da dove nasca e come si qualifichi la mostra di Vicenza, aperta fino al 10 ottobre nelle sue due sedi (Gallerie Palazzo Leone Montanari dedicata alle icone, Museo Diocesano dedicata ai testi sacri) dobbiamo fare un passo indietro e immergerci nelle vicende degli apostoli dopo la resurrezione di Gesù : i viaggi missionari, la fondazione di nuove comunità, il martirio. Una presenza che continua poi attraverso le reliquie e le immagini sacre che li rappresentano, tenendone vivo il culto e la memoria fino a noi.

L'evangelista Luca ci racconta in Atti 12,12 che, dopo l'arresto, Pietro venne liberato da un angelo e trovò accoglienza nella casa di una facoltosa donna di nome Maria, madre di un tale Giovanni (il suo nome ebraico) detto Marco (nome greco-latino) che sarebbe poi, una volta battezzato da Pietro, divenuto l'estensore del secondo vangelo.

Nell'anno 43 Pietro va a Roma e porta con sé il discepolo Marco che chiama affettuosamente "figlio mio" (Pietro 5,13). A Roma la comunità cristiana sollecita Marco a raccogliere dalla viva voce di Pietro la vita e l'insegnamento di Gesù. Nasce così il genere letterario "vangelo" di cui Marco è l'iniziatore, essendo il suo il più antico; scritto addirittura entro l'anno 50 se si accetta la retrodatazione (dal tradizionale limite dell'anno 70) suggerita dal ritrovamento del frammento 7Q5 di Qumran. Marco poi viene inviato da Pietro ad Aquileia per evangelizzare l'Italia settentrionale, come testimonia uno splendido bassorilievo in avorio delle civiche raccolte milanesi del Castello Sforzesco. Nell'anno 64 Pietro viene crocifisso sotto Nerone. Marco, terminata la sua missione nel nord Italia, scende in Egitto, fonda la chiesa di Alessandria, ne diviene vescovo e subisce anche lui il martirio.

Questi dati si ricavano da una tradizione fondata su testi antichi tra cui la Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, l'Encomio di san Marco di Procopio e Gli uomini illustri di san Gerolamo. Sono le fonti citate dagli autori di un recente studio San Pietro e San Marco. Arte e iconografia in area adriatica (a cura di Letizia Castelli, Gangemi editore) che accosta coraggiosamente- forse per la prima volta - l'iconografia di Marco e Pietro. Da questo studio prendono avvio le ragioni della mostra vicentina La pietra e il leone. San Pietro e San Marco nell'oriente cristiano che presenta una scelta significativa di splendide icone a Palazzo Leone Montanari (si tratta di una delle più grandi e ben conservate raccolte d'Europa) e di preziosi codici miniati e incunaboli al Museo diocesano (reperti provenienti dal Seminario vescovile).

L'iconografia più significativa è quella che presenta Marco intento a scrivere il suo vangelo mentre Pietro lo benedice con la mano: un gesto che in realtà è quasi una firma di autenticità da parte di Pietro, testimone e ispiratore. San Pietro detta il vangelo a san Marco è rappresentato in un bassorilievo in avorio conservato al Victoria and Albert Museum di Londra, e il soggetto è ripreso nei mosaici della cappella Zen di san Marco così come nell'abside della cupola del coro della stessa basilica veneziana.

Se l'immagine di Pietro "tira", per così dire, la volata a quella di Marco, rendendo autorevole la testimonianza del suo vangelo (di quella autorevolezza di cui poi godrà per riflesso la città di Venezia, la Serenissima, mettendosi sotto la protezione del leone alato) Marco, da parte sua, restituirà a Pietro il "favore" accompagnando la penetrazione dell'immagine del principe degli Apostoli in terra ortodossa. Venezia infatti, oggi come allora, è ponte naturale tra Oriente e Occidente, tra mondo bizantino- salvo e latino.

Alla mostra vicentina stupisce noi occidentali, abituati alle realistiche crocifissioni di Caravaggio o Rubens, vedere l'umile pescatore di Galilea nel contesto dell'iconografia russa; a volte si tratta di rappresentazioni inusuali come la Venerazione delle catene di san Pietro in un'icona di Novgorod del 1585; altre volte si tratta di temi più comuni come la Liberazione di Pietro dal carcere o Pietro crocifisso a testa in giù trattati però in uno stile più schematico e spirituale che non lascia posto per l'emozione e il godimento estetico. Ma quando Pietro sbuca come un tappo fluttuante sulle acque di Tiberiade l'aneddotica prende il posto della spiritualità e viene da pensare ai grandi laghi della Russia settentrionale, da cui avrà certamente tratto ispirazione l'anonimo pittore ortodosso. Nella grande icona della Resurrezione e Discesa agli inferi (Russia centrale, fine XIX secolo) san Pietro può assomigliare a un contadino russo, un kulaki o un vecchio credente alla vigilia della rivoluzione d'ottobre.

In una miniatura proveniente dal Museo di Cividale davanti a san Pietro riccioluto e canuto si prostra Geltrude e il principe Jaropolk con la sposa. Un salto indietro di un millennio: siamo nella Rus' premongolica del IX-X secolo, agli inizi del principato di Vladimir, e le parole pronunciate dal principe, che seguono lo scontorno dell'immagine di Pietro - Sancte Petre, princeps apostolorum - parlano di una Chiesa unita e fedele al Papa prima dello scisma del 1504.

Le grandi icone singole e a figura intera di Pietro e Marco, tratte dalle iconostasi russe ed esposte a palazzo Leone Montanari, ci mostrano gli apostoli in deesis, cioè oranti e concordi dinanzi alla regalità di Cristo. Sulla due grandi Porte regali provenienti da una chiesa di Mosca (fine del XVI secolo) e che appartengono alla collezione Leone-Montanari ritroviamo san Marco in basso a sinistra intento a scrivere il vangelo; sopra di lui Giovanni e nel battente di destra Luca e Matteo completano il gruppo degli autori sinottici.

Le immagini della mostra La pietra e il leone sono come frammenti di un unico puzzle e ricostruiscono il ritratto di una Chiesa indivisa così come doveva esserlo nel primo millennio cristiano. La mente corre alle antiche icone - riprodotte e diffuse oggi in molte chiese italiane - che rappresentano l'abbraccio tra Pietro e Paolo (l'esempio più antico è il bassorilievo in pietra del museo paleocristiano di Aquileia); oppure tra Pietro e Andrea suo fratello. I loro busti affrontati, i volti simmetrici e di profilo, suggeriscono un nuovo fecondo incontro tra Oriente e Occidente. Andrea infatti è l'apostolo che la liturgia bizantina chiama protokletos cioè il primo dei chiamati da Gesù insieme a Simon Pietro, così come racconta il vangelo di Giovanni (1,35). Andrea è ritenuto dalla tradizione evangelizzatore della Grecia e del mondo bizantino e la restituzione di una sua reliquia da parte di Paolo VI al vescovo metropolita di Patrasso nel 1964 volle significare pace tra le chiese. Così come pace suggerisce il libro aperto tra le zampe del leone alato marciano: Pax tibi Marce evangelista meus.