Blog - 02 giugno 2021

Fantozzi alla riscossa contro il virus

Mi ritrovo spesso a immaginare come Paolo Villaggio, se fosse ancora vivo, avrebbe descritto il ragionier Fantozzi alle prese con il covid. Sarebbe stata senz’altro, per lui, una ricca fonte d’ispirazione. Spesso infatti, sotto le apparenze di una quotidiana normalità, ci si ritrova, a causa della pandemia, in situazioni paradossali. Così, ho provato a mettermi nei panni di Fantozzi nelle situazioni che mi sono via via capitate a causa del covid, smontandole e rivivendole alla “moviola” della scrittura e della comicità fantozziana. Fino alla domanda: è normale vivere così?

Ripercorrendo da ragionier Fantozzi la scorsa estate 2020 non posso non ricordare quando, dopo sei mesi di lock down (quando Fantozzi andava bardatissimo al supermercato, litigava con il direttore che ammassava in fila le persone fuori per ore, tornava a casa e lasciava gli abiti sul balcone disinfettando tutto) eccolo arrivare in Sardegna per le vacanze, con moglie, figli e nipoti. Fantozzi è al culmine dell’entusiasmo per la ritrovata libertà e alla sera invita tutti in pizzeria. La solita pizzeria frequentata da anni e dove conosce benissimo la proprietaria che gli offre sempre il mirto. Così salta giù dalla macchina ed entra per chiedere un tavolo da dieci in giardino. Sorriso a trentadue denti di Fantozzi. Come sta signora? Risposta truce: non ha la mascherina, se ne esca! Fantozzi commenta poi ai parenti: eravamo io e lei soli in un locale enorme e a una distanza tra i nostri corpi di almeno sei metri! Almeno un “buonasera” di benvenuto poteva spenderlo!

Fantozzi non si arrende. La sera dopo si prepara al meglio. Questa volta cenetta a due con la moglie in un piccolo paesino di pescatori sul mare. Fantozzi esce dall’abitacolo dell’auto con fare sospetto, la mascherina alzata sul volto fino agli occhi, e a testa bassa punta diritto verso il ristorantino all’aperto. Due giovani cameriere lo aspettano con un sorriso, ma Fantozzi non si lascia fuorviare, si precipita verso la boccia del disinfettante, inciampa nella pedana di legno, si riprende, schiaccia il pulsante e… si riempie di liquido dalla testa ai piedi. Sorridono le signorine: non si preoccupi, asciuga subito!

Ora è passato un anno. Siamo ai primi di giugno del 2021 e Fantozzi ha deciso finalmente di andare dal dentista. Prima temeva che “quello” gli potesse sputare direttamente in bocca il virus, ma ora che ha ricevuto la prima dose di astrazenica da un dottorino stupido di poco più di vent’anni, Fantozzi si sente sicuro. Certo voleva che gli facessero pfizer e aveva detto al dottore: mio padre è morto di un trombo. Ma il novellino camice bianco gli aveva risposto: lei non ne ha mai avuti di trombi? No, risponde spaventato. E allora tiri su il braccio!

Ad ogni modo Fantozzi dopo il vaccino si sente sicuro di sè, un uomo perfettamente integrato nella società pandemicizzata. Così si dirige verso il portone del dentista, nel solito stabile signorile in centro a Milano. Ed ecco nell’atrio ritrova la sua ossessione: il barattolo-distributore con il disinfettante. Ma per Fantozzi ormai è un oggetto amico. Allunga la mano, spruzza quel tantino che serve. Ma ecco, un nuovo cartello con sei regole ferree da seguire: primo fregare nel cavo delle mani, due fregare dorso contro dorso (facile, sua moglie fa così con le creme), terzo intrecciare le dita, quarto incrociare le dita al contrario come in preghiera, quinto le mani si stringono, sesto soffregare il pollice di destra e poi quello di sinistra. Anche qui Fantozzi supera la prova e mentre sale trionfante le scale di marmo intuisce la sagoma del portinaio dietro un vetro a prova di covid-proiettile. Buongiorno! Nessuna risposta. Che sia un manichino? Buongiorno!! riprova più forte Fantozzi che vorrebbe che il portinaio lo riconoscesse come essere umano. Dal vetro finalmente esce un brontolio. Soddisfatto Fantozzi prende l’ascensore e preme l’elegante bottone d’ottone, con le nocche naturalmente, mica è fesso.

E finalmente la porta del dentista. Da dieci anni è abituato a vedere la scritta “avanti”, ora invece bisogna suonare. Entra e non trova più il sorriso delle due solite simpatiche segretarie con cui scambiava sempre quattro battute. Facce grigie, inespressive. Silenzio. Nemmeno un saluto. Fantozzi è costretto a presentarsi. Ragionier Fantozzi! Risposta: si disinfetti le mani. M-a c-o-m-e, guardi che ho fatto or ora un trattamento completo in sei punti che qui nemmeno ve lo sognate!
D-i-s-i-n-f-e-t-t-i l-e m-a-n-i ripete la segretaria e poi c-o-m-p-i-l-i il foglio. Fantozzi cola altro liquido disinfettante sulle sue povere mani, poi imbratta di liquido il foglio e intanto risponde con la biro alle domande: non ha avuto contatti con persone in quarantena? Non ha avuto contatti con persone in sospetto di quarantena? Non ha avuto contatti con persone con diarrea, vomito o altri indizi? No! No! No! Ancora la voce lo insegue: metta la testa contro il muro e misuri la temperatura. Poi si sieda.

Quando è il suo turno, Fantozzi ha completamente esaurito l’autostima di sé, si sente proiettato in un mondo ostile, dove comandano strani virus, mostriciattoli verdi invisibili o nascosti nei muri. Lo chiamano e varca la soglia degli studi medici. Fa un passo e qualcosa di appiccicaticcio lo ferma. Cammini, cammini gli fa la nuova infermiera. Cammini su questi cerchi blu. Le scarpe di Fantozzi si incollano. Forse un alieno sotto il pavimento? O un nuovo modo di catturare i virus che si nascondono sotto le scarpe? La mancanza di informazione è totale e Fantozzi si chiede: perché non vivisezionarmi, dopo naturalmente avermi chiesto una liberatoria per la privacy? Finito il tormento delle pedane succhia-virus, Fantozzi tenta un’ultima entrata trionfale nello studio. Si volti e apra le braccia! gli intima ancora l’infermiera. E senza spiegazioni, come nelle docce dei penitenziari, Fantozzi viene irrorato a sorpresa da un liquido nebulizzato davanti, dietro e anche nel collo e sulla faccia. Fantozzi si sente come un fiore colpito da un antiparassitario. Ma ora finalmente è finita.

Il grande relax, sulla poltrona aerodinamica prima del dottore, lo attende. Uno spazio tutto suo. Ma ancora l’infermiera, con accento sardo (sarà mica quella delle pizze, oppure quelle infermiere naziste che ti fanno la puntura?) lo incalza: prenda questo collutorio e lo tenga in bocca per un minuto. Sparisce. Fantozzi è solo, trangugia la sua dose verde e poi si lascia andare ad occhi chiusi ai suoi pensieri. A un certo punto si ricorda: chissà quanti minuti sono passati? Dov’è l’infermiera? Lei finalmente ritorna. È gentile. Forse la prova è finita, pensa Fantozzi. Le chiede di sciacquarsi la bocca dal disinfettante e poi azzarda la richiesta di un bicchiere di acqua minerale per riaversi. Lo ottiene. In attesa del dottore ancora due parole con l’infermiera sarda di Stintino (magari quest’estate vengo a trovarla) e alla fine a Fantozzi sembra di essere ritornato nel mondo dei vivi.