Blog - 11 aprile 2023

L’Avemaria della maestra Marisa (sospesa) ha senso: chi ci libera dalla stupidità di massa?

Ha davvero bisogno, il nostro Stato laico, di punire con 20 giorni di sospensione una maestra che fa recitare un’Ave Maria a scuola?

Contro la legge niente vale, certo. Ma quando la legge è applicata male diventa un fardello, un cappio al collo, una maledizione. Un’insegnante elementare, Marisa Francescangeli, docente nella primaria di San Vero Millis (Oristano), durante una supplenza di religione fa costruire a suoi ragazzi un braccialetto-rosario e poi, come è facile immaginare, su richiesta dei bambini stessi, spiega loro come funziona il rosario facendo dire un Padre nostro sul grano isolato e un’Ave Maria sulla decina. Un modo per impararne l’uso.

Un bel gesto. Tutto ciò avviene a Natale. Apriti cielo, dopo due mesi l’insegnante viene sospesa. La reazione – fuori tempo massimo – delle autorità competenti è di un anticlericalismo vecchio e stantio che sa di Ottocento. La maestra ha chiesto scusa, quindi ha riconosciuto di non aver rispettato la normativa scolastica che vieta si faccia pregare i bambini in classe, ma è stata punita con 20 giorni di sospensione e la riduzione dello stipendio.

Tutto ciò avviene in Sardegna, terra di millenarie tradizioni. Tutto ciò avviene in una classe dove nessun bambino è esonerato dalla religione. Del resto, a pensarci bene, quale grande scandalo un’Ave Maria: per chi non ci crede acqua fresca, nessuno di quei bambini crescerà storto o sarà segnato a dito per questo. Forse, questo sì, qualcuno di quei bambini, più sensibile, sarà rimasto confuso dal comportamento degli adulti, anche perché fuori vedrà, certamente, qualcuno pregare, magari con il rosario, e si chiederà, al di là delle leggi: perché fuori sì e a scuola no? Certo, tutto questo confligge con l’idea di scuola laica, statale, contro cui si è scontrata accidentalmente la maestra Marisa. Ma possiamo continuare a fare finta di non essere cristiani?

Deus ti salvet Maria, cantava il laicissimo Fabrizio De André. La sua bellissima versione dell’Ave sarda dalla raccolta Creuza de ma (“schiuma di mare” in genovese) fa venire i brividi. Ad ascoltarla, senti le onde del mare e vedi le donne sarde, vestite di nero, e gli uomini in costume suonare i loro strumenti. Vedi i Tazenda e al microfono il volto di Maria Charta. Questa canzone è incastonata come una perla nella carne del popolo sardo. Deus ti salvet Maria. Maria liberaci dalla stupidità. Prima di ogni legge c’è la legge del buon senso. Liberaci da chi applica male la legge, prima o poi cadrà nella rete che lui stesso ha teso. La tolleranza è una caratteristica dal nostro popolo italiano e si applica anche a programmi televisivi osceni, dove nessuno è sospeso o perde lo stipendio, anzi.

La fede, invece, è un valore civile che ha tenuto in piedi per secoli il nostro popolo come un’ancora di salvezza dai soprusi degli altri popoli. Lo sanno bene i sardi, deportati dai saraceni e poi ritornati – per esempio a Carloforte – grazie a una statua della Madonna degli Schiavi miracolosamente ritrovata in mare in Tunisia, e che ha dato ai carlofortini (di origine ligure) la forza di ritornare in patria.

Di fronte a secoli di storia e tradizioni, a San Vero Millis è scappata un’Ave Maria e la modernità ha tremato, è corsa ai ripari, si è difesa contro una povera maestra. Ma, nonostante le difese, Dio o il nulla incombono su tutti noi. Negli anni 60, a Milano, nelle scuole elementari statali, tutte le mattine si ascoltava in silenzio per decreto ministeriale l’Ave Maria di Gounod. Oggi i tempi sono cambiati. Deus ti salvet Maria.

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