Paesaggio al tempo nostro (con virus)

Il paesaggio al tempo nostro è fatto di oche bigie
Di tortore solatìe che volano a vuoto
E poi si fermano sui fili della corrente

Il paesaggio nostro è fatto di niente – di reste di granturco
Abbandonate – che dall’altra estate aspettano
Di essere tolte per fare posto a nuove semine

Il paesaggio nostro è fatto di cime innevate
Accovacciate sotto alberi spogli
Il paesaggio nostro è fatto di un pick up lanciato

Nella polvere di una vecchia cascina
Affacciata sui campi in collina
Dove corrono bianche staccionate

Il nostro paesaggio (ma sarà proprio il nostro?)
È fatto di terra e di luna – ed è fortuna essere
Seduti sopra questo prato di erbe e gramigne
– di gemme improvvise

Trovare riposo in un mondo provato da un virus
Che corre nel cielo e neppure conosciamo
(sarà forse un virus anche questa primavera?)

Un morbo nelle scuole e negli asili
Negli ospedali civili dove proviamo a difenderci
Con tutta la scienza e l’intelligenza

Ma queste cose non bastano
Occorre tenere bene aperte le chiese
Unici laboratori dove si coltivi una scienza sicura

E i nostri paesaggi? – bisogna innalzare
I nostri sguardi verso i monti
Come ci invitano a fare i salmi (il centoventi)

Alzare gli occhi e compiere la conquista
Delle nostre menti e dei cuori
Sul cammino che ancora ci resta

Verso questi paesaggi di granturchi dorati
Verso questi prati che ancora rinverdiscono
(nonostante i rifiuti)
Di letame e strame di cascina

Possibili paesaggi a fare da quinta
Alle montagne aperte
Su altre quinte su paesaggi più umani

E i nidi? – i nidi che non sappiamo dove
Si preparano al risveglio
Un risveglio a cui non siamo preparati

Non ci accorgiamo più di niente
Non festeggiamo più non crediamo più
Non teniamo più aperte le chiese – i prati del cuore

Fuori il paesaggio biancheggia nuovi umori
Ma la finestra del cuore è buia
E una falce di luna non basta a schiarirla.